Colombia.
Alle legislative Bogotà va sempre più a destra: con 860mila preferenze l'ex
presidente, contrari agli accordi con la guerriglia, è il senatore più votato
della storia del Paese
di Claudia Fanti *
Alla «festa
della democrazia», come le autorità amano definire i processi elettorali anche
quando di democratico hanno ben poco, è stata soprattutto l’estrema destra
colombiana a rallegrarsi.
È l’ex presidente Álvaro Uribe, acerrimo nemico degli accordi di pace con le Farc, il vero vincitore delle elezioni legislative di domenica, risultando – con oltre 860.000 preferenze – il senatore più votato della storia del Paese. E se il suo partito, il Centro democrático, si è affermato come la principale forza politica della Colombia, il candidato alla presidenza da lui sostenuto, Ivan Duque, ha stravinto le primarie della coalizione di estrema destra, incassando più di quattro milioni di voti. E vincendo così il duello a distanza con uno degli avversari più accreditati alle presidenziali del 27 maggio, l’ex sindaco di Bogotà Gustavo Petro, a sua volta trionfatore delle primarie della coalizione di sinistra, ma con meno di tre milioni di voti.
Triste,
invece, l’esordio sulla scena politica dell’ex guerriglia, oggi trasformata
nella Fuerza Alternativa Revolucionaria del Común, la quale – al di là dei suoi
10 seggi (5 al Senato e 5 alla Camera) garantiti dagli accordi di pace – ha
ottenuto appena lo 0,34% al Senato e lo 0,22% alla Camera, risultando così
rispettivamente il 14° e il 20° partito per numero di preferenze nel Paese. Non
c’era del resto da aspettarsi molto di più, considerando la tradizionale
ostilità della popolazione colombiana nei confronti del movimento guerrigliero.
Ma se si presenta tutta in salita l’impresa di convincere una società
profondamente diffidente rispetto al nuovo partito, la presenza degli ex
combattenti in Parlamento rappresenta indubbiamente un passo avanti per la
democrazia a bassa intensità che caratterizza il quadro politico colombiano. «È
la prima volta in vita mia che voto e lo faccio per la pace», ha dichiarato non
a caso l’ex capo guerrigliero Pablo Catatumbo.
Non può
sicuramente festeggiare lo screditato presidente Santos, la cui forza politica,
il Partido de la U, ha ottenuto 14 seggi al Senato, sette in meno che nel 2014,
e 25 alla Camera, contro i 32 su cui poteva contare oggi. Benché la coalizione
che lo sostiene, di cui fanno parte anche il Partido Liberal e il partito di
destra Cambio Radical, dovrebbe mantenere la maggioranza al Congresso.
Tutt’altro
che facile, infine, il percorso del centro-sinistra, preso nella morsa
dell’estrema destra di Uribe e della destra neoliberista al governo e
schiacciato da un dibattito elettorale teso a ricondurre al «castrochavismo»
qualunque aspirazione al cambiamento.
Ma c’è da
segnalare l’ottimo risultato dell’Alianza Verde, che ha conquistato 10 seggi al
Senato, il doppio di quelli ottenuti nel 2014, e il successo personale del suo
leader Antana Mockus, risultato il secondo senatore più votato dopo Uribe, con
oltre 540mila voti. Resta poi aperta la corsa alla presidenza di Petro, il
candidato anti-establishment che ha già dovuto far fronte ad attacchi di ogni
tipo, compresi quelli diretti ad associarlo all’odiato presidente Maduro.
* da il manifesto 13 marzo 2018
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