Verso le elezioni e oltre. Dalle forze che hanno
governato con Prodi non è mai potuto nascere un nuovo progetto politico.
Diversamente è andata a France Insoumise, Podemos, Jeremy Corbyn e Bernie Sanders
che hanno in comune il fatto di non avere mai governato.
di Loris Caruso *
Com’è
possibile che la sinistra italiana, un tempo la più grande e ispiratrice
sinistra d’Europa, sia diventata la più ininfluente del continente? Come mai è
proprio l’Italia il paese europeo in cui progetti nuovi e coinvolgenti non
riescono a nascere?
Lo
spettacolo di sé che la sinistra italiana sta dando in questi mesi, ma più in
generale negli ultimi dieci anni, impone una riflessione, comunque si sia
schierati in vista delle prossime elezioni politiche. Gramsci era convinto che
la riduzione della politica al terreno elettorale fosse la prima spia di una
sua crisi organica. Da dieci anni la sinistra italiana non fa altro che provare
a ricostruirsi sul terreno elettorale. Senza riuscirci. Anzi, andando incontro
ad avvitamenti sempre più paradossali.
Perché? Si
possono fare delle ipotesi, che andranno però approfondite.
La prima è
che ad essere determinante sia il fatto che la sinistra italiana, tra le
sinistre ‘radicali’ europee, è l’unica che ha governato. Quando ha vinto le
elezioni Tsipras non aveva mai governato, così come Podemos e Corbyn nel
momento in cui si sono affermati. Anche la destra, quando governa, delude i
suoi elettori. Ma solleva molte meno aspettative. Il voto alla destra è quasi
sempre un voto di conferma dell’ordine sociale e dell’egemonia esistenti (che
sono cose diverse e più vaste dalle politiche vigenti in una certa fase storica).
La sinistra si afferma attraverso la contro-egemonia e il conflitto promettendo
cambiamenti profondi e visibili. Deve fare sempre un lavoro più difficile, e
non può deludere le aspettative. Quando le delude, la disillusione dei suoi
elettori è quasi definitiva.
È per questa
ragione che dalle forze che hanno governato con Prodi non è mai potuto nascere
un nuovo progetto politico. La crisi non superata della sinistra italiana
comincia lì. A ciò va aggiunto che quando la sinistra radicale ha contato, ha
fatto troppo poco per non essere percepita come una “casta di sinistra”. Non si
è smarcata abbastanza dall’immagine del ceto politico privilegiato e
supponentemente sconnesso dalla realtà.
Il secondo
problema può riguardare un ciclo più lungo. Tutte le forze attualmente
collocate alla sinistra del Pd sono figlie della storia del Pci: sono scissioni
dal partito erede del Pci e scissioni di queste scissioni. Può essere che quel
ciclo politico sia semplicemente finito? Che sia troppo lontano nel tempo per
comunicare agli elettori qualcosa che riguarda il presente?
Quella
storia è finita ma è ancora viva e pesa, questo è il paradosso: quella eredità
ha lasciato alla sinistra italiana l’istinto di doversi continuamente
accreditare come forza affidabile, iper-istituzionale, non pericolosa per le
élite. Per questo è stata completamente impossibilitata a interpretare le
fratture centrali della politica contemporanea, quelle tra basso e alto,
esclusi e inclusi, insider e outsider del sistema politico.
Quali sono,
invece, le condizioni che in altri contesti europei ed extra-europei hanno
favorito l’emergere di nuovi progetti e nuovi leader come France Insoumise,
Podemos, Corbyn, Sanders? Prima di tutto, come detto, il fatto di non aver
governato. Secondo, il fatto di aver avviato qualcosa di nuovo e di non aver
‘remixato’ i partiti esistenti.
Ci sono poi
fondamentali condizioni di contesto che favoriscono l’emergere di nuove forze:
il fatto che un paese sia colpito contemporaneamente da un crisi politica e una
crisi economico-sociale, che delegittimano le élite esistenti; la
consequenziale presenza di una forte mobilitazione collettiva che costruisca
nuove identità collettive; la forte presenza mediatica di un leader o di un
gruppo; l’essere outsider del sistema politico esistente, o il fatto di poter
giocare da dentro il ruolo dell’outsider (Sanders, Corbyn); la possibilità di
attingere a una rete estesa di attivismo e militanza, soprattutto giovanile,
portatrice di nuove pratiche e identità.
In tutti i
contesti in cui si sono sviluppati nuovi progetti politici erano presenti
almeno tre di queste condizioni. In Italia è per ora presente solo un’estesa
rete di militanza. Il problema è quindi soprattutto quello di costruire alcune
delle condizioni mancanti, quelle su cui si può agire (la mobilitazione
collettiva e la visibilità mediatica di nuove figure), in direzione di quello
che sarà il momento decisivo della politica italiana. Questo momento non
saranno le elezioni, ma il dopo-elezioni.
Dalle elezioni
politiche emergerà con ogni probabilità una situazione di caos, di crisi
strutturale del sistema politico e di molti dei suoi attori. Ciò che si fa ora
deve essere funzionale a poter agire in quel contesto, lavorando sulle
condizioni per ora mancanti all’invenzione di un nuovo progetto: quindi
guardando per una volta avanti, strategicamente, con la mente rivolta alla
futura probabile crisi, alle europee del 2019 e a possibili nuove elezioni
politiche.
*
da il manifesto 2 dicembre 2017
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