9 luglio 2016

Diritti umani e democrazia, l’Italia cambi ruolo in Egitto




La drammatica vicenda di Giulio Regeni ha aperto una finestra sulla grave situazione dei diritti umani in Egitto, molto peggiorata dal 2013 ad oggi, in particolare per quanto riguarda i diritti civili e politici.
Le forze dell’ordine e i servizi di sicurezza hanno sempre goduto di molto margine di manovra e durante la rivoluzione del 2011 si sono resi colpevoli dell’eccidio di quasi mille persone, ma in particolare il Paese ha vissuto dall’estate del 2013 un processo di normalizzazione e repressione che ha avuto il suo momento più tragico nello sgombero delle piazze Rābi‘a al-‘Adawiya e an-Nahdha, occupate dai sostenitori di Morsi, il 14 agosto 2013: lo sgombero causò in un solo giorno la morte di un numero di persone equivalente alle perdite sofferte durante i giorni della rivoluzione. È un imperativo etico e morale il sostegno a tutta la società civile egiziana, che rischia in questo contesto di veder cancellati di fatto i propri diritti, a tutti gli attivisti per i diritti umani, a partire dalle stesse organizzazioni di donne che promuovono i diritti, l’empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni e alla violenza come punto focale di trasformazione e avanzamento della società intera.

La politica della presidenza di al-Sisi, che ha governato senza parlamento nazionale fino all’inizio di quest’anno, è stata quella di rimuovere il dissenso e liquidare l’opposizione politica, sia islamica che laica. I mezzi utilizzati sono i più diversi: dalla persecuzione amministrativa per presunta ricezione di fondi esteri, al sequestro di materiale e documenti, dalla messa al bando di organizzazioni civili con l’accusa di legami con il terrorismo, all’interdizione di viaggiare all’estero imposta a riconosciuti difensori dei diritti umani, dall’arresto arbitrario all’aggressione fisica degli attivisti. Le elezioni parlamentari di fine 2015, che hanno portato all’affermazione di formazioni pro-al-Sisi, hanno riscontrato un tasso di partecipazione attorno al 20-25%, rivelando la disaffezione della maggioranza degli egiziani verso il nuovo corso. È vero che l’Egitto si è dotato di una nuova carta costituzionale nel gennaio 2014, che ha emendato quella approvata sotto la presidenza di Morsi, ma la prassi del potere purtroppo si impone sui principi generali relativi a libertà e diritti adottati nella nuova carta.
Si parla di più di 40.000 prigionieri politici attualmente rinchiusi nelle carceri egiziane. Questa vera e propria ondata controrivoluzionaria è stata possibile anche grazie alla tutela internazionale di cui ha goduto la nuova presidenza, considerata strategica nell’arrestare il terrorismo islamico. Questa valutazione di carattere politico militare è stata accompagnata da un’intensa attività della diplomazia commerciale per avere un ruolo di controllo delle risorse energetiche del Paese. Anche il nostro Governo ha contribuito a queste scelte, di fatto legittimando complessivamente le politiche di al-Sisi. Sul terrorismo, a causa delle restrizioni alla mobilità e all’informazione imposte dalle autorità locali, non è possibile sapere con esattezza cosa succeda in alcune regioni egiziane e chi veramente controlli o indirizzi le bande armate che vi si nascondono, al punto che quando alcuni ricercatori e attivisti hanno cercato di fare luce sull’attività terroristica in Sinai, sono stati arrestati.

Sugli interessi commerciali, va reso noto che la compagnia ENI ha stipulato lo scorso mese di marzo un contratto del valore di 4,5 miliardi di euro con l’Egitto per l’esplorazione di gas e petrolio: a quale prezzo?
Di diverso indirizzo l’AITR, Associazione Italiana Turismo Responsabile, che ha deciso la sospensione di ogni relazione commerciale e istituzionale con l’Egitto da parte dei suoi soci operatori, fino al ripristino delle libertà civili e dei diritti nel Paese contestualmente anche al raggiungimento della verità sulla vicenda drammatica dell’uccisione di Giulio Regeni. Queste le parole del Presidente, Maurizio Davolio: «l’Egitto è un Paese meraviglioso, che offre grandi attrattive culturali e grandi emozioni a chi vi compie un viaggio o vi trascorre una vacanza, ma un viaggio e una vacanza non sono possibili in un contesto di dolore e di indignazione».

Con questa iniziativa:
  • vogliamo dare sostegno alle campagne già in corso in favore delle libertà civili in Egitto quali “Human Rights Behind the Bars”, lanciata dalla rete Euro-Mediterranea per i Diritti Umani, e “Verità per Giulio Regeni”, promossa da Amnesty International Italia.
  • ci impegniamo a contribuire al dibattito politico in Italia sul ruolo che il nostro Paese sta giocando rispetto alla legittimazione del regime egiziano attuale, mobilitandoci sui seguenti obiettivi:
CON URGENZA

(a) – Liberazione dei prigionieri politici attuali, garanzia di condizioni umane e dignitose di detenzione, cessazione del ricorso alla tortura, e riforma delle forze di polizia e di sicurezza egiziane, facendo leva sull’esperienza degli Interni italiani nella formazione e adeguamento delle forze di polizia e sicurezza al rispetto dei principi e delle libertà riconosciute dal Governo italiano
(b) – Attivazione da parte del Governo italiano di un meccanismo di protezione dei difensori dei diritti umani e degli attivisti egiziani presenti in Italia e di quelli che nel loro Paese lavorano con la società civile italiana ed europea. La centralità è la tutela giuridica e pressione politica da assicurare a tutto campo, proponendo l’attivazione di un fondo europeo (ed in caso di difficoltà, ad iniziativa italiana) di sostegno alle loro organizzazioni e attività in Egitto, le cui modalità di gestione siano concordate con le reti della società civile europea
(c) – Sospensione delle misure delle autorità egiziane contro le associazioni non governative indipendenti, a partire dalla fine dell’argomento dei «fondi stranieri alle ONG», che ha già costretto alla chiusura molte organizzazioni straniere operanti in Egitto ed è una permanente spada di Damocle sull’operato delle organizzazioni indipendenti egiziane
(d)– Incoraggiamento di un processo per la «giustizia di transizione» in Egitto, come è avvenuto in Tunisia con la creazione della Instance Vérité et Dignité, che faccia luce sulla repressione perpetrata nei confronti dei civili dal 2011 ad oggi, sulle più gravi violazioni della dignità umana quali sparizioni e morti in carcere, e sul furto sistematico della ricchezza dello Stato da parte dei corrotti, per poter riconciliare l’Egitto con il proprio recente passato
(e) – Continuità del programma Debt Swap tra Italia ed Egitto, se il debito non è ancora stato estinto, e coordinamento con programmi simili di altri Paesi europei, non solo in favore di progetti tesi al recupero della frattura economica e sociale tra ricchi e poveri che sta disintegrando la coesione interna dell’Egitto, ma anche con azioni nell’ambito della transizione democratica e del rafforzamento della società civile egiziana,  avvalendosi dell’esperienza italiana in materia di processi partecipativi tra società civile e istituzioni (solamente nell’estate del 2015, il debito estero egiziano ha superato i 40 miliardi di euro)
(f) – Revisione delle clausole della cooperazione economica e commerciale, recente accordo ENI-Governo egiziano incluso, che si basi su parametri minimi di tutela dei diritti umani, rispetto della libertà di espressione e promozione della giustizia sociale7; elaborazione di precise linee guida per le attività commerciali e d’investimento estero, che assicurino coerenza con gli impegni e le convenzioni internazionali sui diritti umani  sottoscritte dall’Italia, e identifichino le modalità opportune per il sostegno ai difensori dei diritti umani, attraverso il contributo della cooperazione allo sviluppo, delle ONG e della società civile in senso lato
(g) – Rafforzamento della società civile democratica e indipendente egiziana quale una delle scelte strategiche della politica estera e di cooperazione italiana, con la dotazione di vere e proprie infrastrutture e spazi di  scambio, promozione, formazione e valorizzazione delle pratiche più innovative e coraggiose quali: un forum di incontro e scambio dei movimenti democratici del Mediterraneo, un istituto di formazione e formulazione di strategie per l’attivismo e la cittadinanza attiva nel Mediterraneo, un servizio di assistenza giuridica e istituzionale; attività di promozione di media indipendenti di giornalismo di cittadinanza
(h) – Sospensione della cooperazione militare e della fornitura d’armi all’Egitto, fino a quando non siano ripristinate condizioni di sicurezza per tutti i cittadini presenti nel territorio egiziano e di rispetto dei diritti umani, a partire dalla realizzazione di processi giusti ed imparziali per chi ancora oggi si trovi in stato di detenzione per motivazioni politiche e che sia fatta chiarezza e giustizia per i casi di tortura e di sparizione
(i) – Verifica internazionale sull’applicazione delle convenzioni fondamentali del lavoro, ratificate dall’Egitto, in particolare C/87, C/98, C/182, consentendo così l’esercizio delle libertà sindacali senza più discriminazioni e minacce agli attivisti ed ai dirigenti sindacali, oggi tra le principali vittime della repressione e delle violazioni dei diritti umani.

Per questo:
  1. Ci rivolgeremo al Parlamento per chiedere di esporre queste proposte, ed al Governo affinché apra un tavolo di azione concertata con i rappresentanti della società civile italiana
  2. Metteremo a punto iniziative di raccolta fondi valorizzando ruolo e relazioni della società civile italiana ed europea, con una mobilitazione che attivi competenze e capacità necessarie alla tutela di attiviste e attivisti minacciati in Egitto
  3. Ci rivolgeremo alla stampa, con la proposta di collaborazione per informare l’opinione pubblica italiana ed europea sulla drammatica situazione e sulle violazioni dei diritti umani in Egitto, diffondendo in particolare dossier, articoli e contributi dei media egiziani indipendenti, associazioni e sindacati democratici.
Egitto e diritti umani violati nel 2015 – Alcuni dati
  • 434 organismi della società civile dichiarati illegali alla data di luglio 2015 (fonte: The Guardian, 2015)
  • 464 attivisti scomparsi nel 2015 (fonte: Al-Nadeem Center for the Rehabilitation of Victims of Violence)
  • 1676 casi di tortura registrati nel 2015 (fonte:Al-Nadeem Center for the Rehabilitation of Victims of
    Violence)
  • 267 persone giustiziate dalle forze dell’ordine senza sentenza della magistratura nel 2015 (fonte: Arab
    Organization for Human Rights in the UK)
  • 17840 persone arrestate per ragioni politiche nel 2015 (fonte: Arab Organization for Human Rights in the
    UK).
  • 1978 sentenze di ergastolo nei confronti di oppositori politici nel 2015 (fonte: Arab Organization for Human
    Rights in the UK)
  • circa 700 sentenze di pena capitale, anche se la sentenza non è stata ancora eseguita, emesse nel 2014 e 2015
  • 3091 persone uccise durante le operazioni anti-terrorismo delle forze militari egiziane in Sinai nel 2015 (fonte: Governo egiziano)
  • Avvio o completamento di modifiche in forma repressiva di diverse leggi sulle libertà civili, tra cui: legge anti-terrorismo, riconoscimento e registrazione delle associazioni, regolamentazione delle manifestazioni, regolamentazione delle pubblicazioni su tutti i canali, collaborazione e ricezione di fondi da organizzazioni straniere (varie fonti).

* da il manifesto 21 giugno 2016

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