26 marzo 2014

Passaparola - La transizione verso le economie locali



di  Rob Hopkins *


 “Se la crescita globale e globalizzata andava bene per il ventesimo secolo, quando c’erano combustibili fossili a basso prezzo, ora non è più fattibile, bisogna utilizzare la resilienza e far sì che siano le persone normali a fare accadere il cambiamento.
Io viaggio per tutto il mondo e vedo che queste cose stanno accadendo.
I governi possono fare delle cose, le aziende e le imprese possono farne altre, ma per superare la crisi ci vuole la gente normale, che rappresenta la grande riserva di risorse, di energia, non sfruttata”. Rob Hopkins


Ciao, sono Rob Hopkins, uno dei fondatori del movimento “Transition Town Transition Network”. Uno dei progetti che abbiamo in atto è proprio la Transition Town, la Totnes. Sono a Milano per un paio di eventi che hanno a che fare con Transition.
Transition è un processo bottom up, parte dal basso verso l’alto per rendere la comunità locale resiliente. Non è un movimento politico, non è una cosa di destra o di sinistra, non è verde, non è contro la crescita né a favore della crescita, ma mira semplicemente a coinvolgere tutte le persone, la popolazione locale, nel creare questa forma di resilienza come forma di sviluppo economico.
Come forma di sviluppo abbiamo la creazione di società energetiche, di piccole società agricole, l'agricoltura urbana, il tentativo di rivitalizzare a livello locale le comunità, dare supporto a agli imprenditori locali. Nella città di Bristol, una delle Transition Town, c’è la valuta locale, hanno fatto la Sterlina di Bristol con il supporto dell'amministrazione comunale.
Se la crescita globale e globalizzata andava bene per il ventesimo secolo, quando c’erano combustibili fossili a basso prezzo, ora non è più fattibile, bisogna utilizzare la resilienza e far sì che siano le persone normali a fare accadere il cambiamento.
Io viaggio per tutto il mondo e vedo che queste cose stanno accadendo. 

I governi possono fare delle cose, le aziende e le imprese possono farne altre, ma per superare la crisi ci vuole la gente normale, che rappresenta la grande riserva di risorse, di energia, non sfruttata.
Uno dei progetti realizzato recentemente da Transition Network è “The New Economy in Twenty Enterprises”, la nuova economia in venti imprese. Abbiamo mappato tutto il territorio del Regno Unito e scelto venti imprese rappresentative dell’economia di transizione, che potevano essere replicate ovunque, non dipendenti perciò da una particolare situazione geografica o altro. Abbiamo scelto una banca della comunità, la comunità che aveva la propria valuta, piuttosto che il proprio sistema di trasporti, gestito dalla comunità, l’agricoltura, le aziende agricole della comunità, fonti energetiche, etc.. Alcune di queste iniziative nascono e si sviluppano in modo del tutto spontaneo, la differenza che fa Transition è creare un collegamento tra tutte queste cose.
Infatti dalla natura, dall’ecologia, abbiamo imparato che la cosa potente è il collegamento tra i vari elementi che vanno così a formare un sistema. Transition fa questo: tesse il tessuto che collega l’economia locale consentendo a queste iniziative di parlare le une con le altre facendo sì che la resilienza della comunità diventi una forma di sviluppo economico. 


Transition è nata nel Regno Unito nel 2005, e da allora si è diffusa in tutto il mondo, siamo presenti in 44 paesi e ci sono migliaia di iniziative Transition in tutto il mondo, che è un movimento che si auto-organizza, nel senso che noi non siamo come un franchising della Coca Cola, che è sempre uguale ovunque esso si trovi, il nostro modello è diverso a seconda di dove nasce. C’è un movimento Transition, un’organizzazione, un Network Transition anche in Italia, che è stato uno dei primi posti a replicarlo, con grande successo, nel paese di Monte Veglio, in provincia di Bologna.C’è questa storia molto positiva, dove l’amministrazione locale ha promulgato una risoluzione per rendere il paese più resiliente, quindi esiste Transition Italy, se c’è qualcuno che sta ascoltando ed è interessato sappiate che ci sono a disposizione possibilità di training, di collaborare a dei progetti, c’è una rete molto attiva, molto vitale, in Italia, cui ci si può collegare se si è interessati a Transition.
Spesso pensiamo che il cambiamento possa accadere soltanto attraverso le proteste, i picchetti con i cartelli, le dimostrazioni, etc., e sottovalutiamo quello che è il potere di ritirare il nostro supporto a ciò che non ci piace.
C’è un movimento negli Stati Uniti che si chiama Divest, cioè disinvestite, che invita e incoraggia a disinvestire dal combustibile fossile per investire invece nelle rinnovabili.
Si può disinvestire in un modo molto semplice, cioè con la spesa che facciamo ogni giorno, invece di fare delle scelte di acquisto che vanno a privilegiare l’economia corporate, quella delle grandi aziende, si scelgono prodotti che stimolano la resilienza locale, una economia locale, più inclusiva. Ogni giorno possiamo scegliere dove depositare i nostri risparmi, se dare supporto alle aziende locali o meno. 

Ho letto, per esempio, che negli Stati Uniti, prima che scoppiasse la guerra con l’Iraq,l’amministrazione Bush aveva previsto, le dimostrazioni, ma era anche altrettanto sicuro che questa protesta non si sarebbe tradotta in cambiamento di modello del consumo, infatti non le persone non hanno smesso di comprare benzina.
Quindi il sistema è concepito proprio per lasciare sfogo a questo rumore, a queste dimostrazioni, perché tanto questo non corrisponde a un cambiamento delle azioni delle persone.
Oggi dare supporto all’economia locale rappresenta una delle scelte più radicali che si possano fare.


     * dal blog di Beppe Grillo

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