11 giugno 2024

53 elettori su 100 non hanno votato alle elezioni europee in Italia.

di Massimo Marino

Cominciamo a fare luce sui risultati veri invece di inventare un voto che non c’è.

I votanti, senza contare l'estero con pochissimi partecipanti, sono stati 23.274.504 su un totale di 49.552.399 aventi diritto. Per la prima volta dal dopoguerra ben 26,3 milioni di elettori su 50 non hanno votato nessuna delle 15 liste presentate delle quali 6 hanno ottenuto dei seggi. Alle politiche del 2022 le liste erano 23 e 7 hanno ottenuto degli eletti. Con un quorum al 5% invece del 4% è probabile che 7 liste invece di 6 avrebbero ottenuto seggi ( come nel 2022 con Azione e Italia Viva uniti ). Che mi conferma che un quorum più alto non diminuisce la rappresentanza rafforzando invece la stabilità e la maturità del sistema politico. Preciso che  la notizia che Renzi, Calenda e Bonino, le cui giravolte ormai mi fanno venire il mal di testa, non abbiano mandato nessuno a Bruxelles, non mi provoca alcuna tristezza.

I tre partiti di centro-destra che governano l’Italia  hanno ottenuto poco più di 11 milioni di voti su 50, almeno 1 milione di voti in meno delle elezioni politiche del settembre 2022 ( erano circa 12,6 mil. compreso l’Estero ). Nel 2008 il CDX arrivava a 17 milioni di voti. Possono solo esultare della mediocrità dei loro oppositori e della subalternità dei media, non certo del voto degli elettori. Più di 75 su 100 non li votano.

La somma di PD, AVS, M5S non ha superato i 9,5 milioni di voti, 1,2 mil. in meno delle politiche del settembre 2022.

Gli astenuti sono aumentati di 4,7 milioni rispetto al settembre 2022 ( da 21,6 a 26,3 milioni ).

Poiché le elezioni europee sono le uniche dove non ci sono trucchi, finte liste, voti utili e premi di maggioranza, al contrario di politiche regionali e comunali, ma una fotografica rappresentanza del paese, le loro semplici regole dovrebbero essere accolte in una nuova legge elettorale e quindi essere la base di una battaglia primaria per la democrazia e la rappresentanza per riprenderci il diritto di tutti di contare davvero qualcosa.

La maggiore partecipazione al voto nelle aree dove si votava anche per regionali ( Piemonte nel Nord Ovest ) o grandi Comuni conferma che l’istituzione del vero Election Day ( si vota solo ogni due anni raggruppando insieme qualunque livello di voto e nello stesso giorno dell’anno ) è una battaglia di rilievo primario per la democrazia e la rappresentanza che cambierebbe totalmente l’Italia.    

10 giugno 2024

Elettori: l’insostenibile leggerezza dell’astensionismo

 di Massimo Marino

Nelle prossime ore potrebbe avvenire il fattaccio proprio nelle uniche elezioni dove tutto sommato la volontà degli elettori potrebbe manifestarsi con maggiore chiarezza. Le elezioni europee con il voto proporzionale ed una saggia limitazione del quorum al 4% non contengono brogli, trucchetti, ricatti, premi vari che imbrattano le altre scadenze elettorali ( politiche, regionali, comunali). 

Il fattaccio è che malgrado tutto più del 50% degli aventi diritto al voto potrebbero illudersi di mollare all’intera classe politica un sonoro ceffone non recandosi ai seggi o votando bianca o nulla. E’ già successo più volte negli ultimi anni in alcuni Comuni e Regioni ma mai in elezioni politiche o europee. Confesso che da settimane, vedendo il carattere penoso della campagna elettorale e la mediocrità degli oppositori al governo di CDX, l’ipotesi di un’ ulteriore aumento degli astenuti, che trovo desolante, è diventata possibile. Poiché l’unica cosa chiara è che a destra gli astensionisti sono davvero esigui, sarebbe un pessimo segnale della possibilità di tenerci Meloni e soci per i prossimi 15 anni.

Ho più volte segnalato che le tre forze che dal settembre 2022 governano l’Italia hanno ad oggi il voto di  una piccola minoranza degli elettori. Si tratta di 12,60 milioni di elettori su 50,84 cioè il 24,78 %. Più di 75 elettori su 100 non li hanno votati.  Dei vincitori grazie solo al Rosatellum, circa 7,60 mil  sono di Fratelli d’Italia ( circa 15 su 100 elettori ) e circa 5,00 mil  sono ripartiti in parti uguali fra Lega e Forza Italia/Noi Moderati.

Il CSX ( Centro e Sinistra ) nel 2022 ha avuto 9,82 mil di voti di cui 5,67 al PD, 1,07 ad AVS e 3,07  alle liste Azione/ IdV e +Europa.

Il M5Stelle ha avuto 4,43 mil .di voti. ( Nel 2018 ne aveva avuti più di 11 milioni )

I voti a perdere che non hanno eletto nessuno ( AVS, +Europa ed altri minori di CSX ) sono stati circa 2 milioni. In queste elezioni europee rischiano di arrivare a 3 milioni e comunque non ci sarà neanche un voto perso dal CDX.

Complessivamente i voti dati nel 2022 a 23 partiti ( di cui solo 13 hanno superato l’1% e solo 7 hanno ottenuto seggi )  sono stati 29,24 mil. cioè il 57,48% dei votanti.  L’astensionismo reale ( comprese ovviamente bianche e nulle che nei dati ufficiali sono considerate votanti ) è stato quindi di 21,63 milioni di voti  cioè il 42,52% del totale degli elettori ( con riferimento ai dati definitivi alla Camera: interno, esteri e val d’aosta ).

Alcuni mesi fa la signora Gruber, il generale che conduce sui media la battaglia in rappresentanza del partito della ZTL, che a seconda dei casi e del momento storico  rappresenta l’area che va da Renzi e Calenda fino a Letta, Gentiloni, Zingaretti e Schlein ma non tollera ne Conte ne altri postgrillini,  ha annunciato che le elezioni europee avrebbero deciso il vincitore fra Meloni e Schlein, inventando o sognando un bipolarismo che in Italia non esiste malgrado i tentativi di imporlo. I due partiti infatti sommati rappresentano in verità meno di 13 milioni di elettori cioè il 25,5% degli elettori italiani.

La signora Meloni e in misura un po' diversa Salvini  hanno  invece annunciato che l’obiettivo del voto europeo è quello di cambiare l’Europa con una maggioranza di destra-centro, in pratica attraverso la convergenza dei Conservatori dell’ECR ( il  gruppo intereuropeo della Meloni e altri come Vox ) i democristiani del PPE ( Von der Leyen )  ed un terzo gruppo, quello di Identità e Democrazia ( quello di Le Pen, Salvini ed altri) da alcuni considerato interscambiabile con quello dei liberaldemocratici di Renew Europe ( Macron, +Europa ed altri ).  I due gruppi di destra al PE nel probabile tentativo di unirsi per contare rischiano di diventare in realtà tre.  

I sogni di Gruber e di Meloni, in verità incubi di cui farei volentieri a meno, non esistono nella realtà ma rappresentano le cosiddette armi di distrazione di massa, non so quanto efficaci, che però evitano di spiegare agli italiani che proposte si hanno ( che dobbiamo riconoscere non son affatto facili)  per uscire dall’incubo della guerra, che strada percorrere per arrestare l’avanzare della crisi climatica globale, come ridimensionare in Italia  la precarietà del lavoro che assilla la metà degli italiani ( nero, malpagato e mortale) , come salvare la sanità pubblica, come affrontare l’immigrazione irregolare sulla quale destra e sinistra non hanno la minima proposta e combinano solo disastri.

Il vero problema, che blocca qualunque possibilità di alternativa e comunque apre la strada alla conquista del paese da parte di una minoranza di destra centro, è ovviamente quello dei 22 milioni ( che possono diventare 25)  di astensionisti.

In privato i principali partiti sono sciaguratamente entusiasti della vocazione astensionista degli italiani. Tranne ovviamente il M5Stelle che di fatto è diviso in due: metà fa parte del partito di Conte che chiamerei 2050 e l’altra metà si è rinchiuso nel non voto con una insostenibile leggerezza immaginando di superare così la (reale) delusione sul Movimento. Il problema dell’astensione forse esploderà nelle prossime ore. Come si potrà sostenere vittorie o indicare sconfitte, senza precipitare nel ridicolo,  con un astensionismo che cresce superando la metà del corpo elettorale ?

E’ saltata la possibilità di un vero Election Day ( votare non più di una volta nel corso del biennio) votando già più volte nell’anno in corso con Sardegna, Abruzzo, Basilicata e guarda caso il Nord Ovest (con il voto oggi  delle regionali in Piemonte)  in queste ore  sembra essere più avanti nella partecipazione.

Il voto agli studenti fuori sede sembra avere qualche successo ma è ancora complessa la procedura per votare. Ma per almeno un terzo dell’astensione ( almeno 5-6 milioni di elettori) siamo di fronte ad un astensionismo militante, che per  molti dovrebbe essere la risposta alle delusioni specie provenienti da 5stelle, ma anche ecologisti e sinistra radicale.

L’incapacità e  il suicidio di movimenti per l’alternativa, che ho più volte indicata, non è solo questione italiana ma riguarda almeno l’intera Europa. Si veda la prevista  sconfitta dei Verdi a partire dalla Germania e Francia , la dissoluzione di Podemos in Spagna e il ridimensionamento  della Linke. Mi domando da tempo perché mai i movimenti politici più radicali quando si affiancano ai tradizionali partiti dell’area socialdemocratica per governare debbano per forza pagare loro il pegno  trascinati dalla evidente crisi di quell’area in varie parti dell’Occidente.

Per concludere queste note suggerisco a chi volesse interpretare e comprendere dal voto i sommovimenti della società occidentali di liberarsi delle scemenze propinate dai media. Lasciate perdere le percentuali che non hanno senso e fate i conti, con una modestissima calcolatrice, dei voti (quelli veri) ottenuti dai partiti. Nel caso delle elezioni europee azzardo qualche stima:

1) Il CDX ha 12,5 mil di voti. Sopra i 13 vince, cioè aggrega nuovi pezzetti della disgregata società italiana ad oggi non schierati. A mio parere sotto i 7 milioni ( oggi 7,6)  per Fratelli d’Italia la Meloni rinuncerà ad arrivare al referendum sul premierato e accentuerà il tentativo di accordo, già in atto di fatto,  con parti significative del PD. Sopra gli  8 mil. la sua egemonia sul CDX diventerà irreversibile per parecchi anni.

 2) Il PD ha come obiettivo irrinunciabile quello di non rischiare di diventare il terzo partito italiano. E’ su questo che si basa  il mandato dato alla Schlein che deve arrivare a staccare di almeno 2 milioni di voti il Movimento di Conte ( oggi sono 5,7 a 4,5 ). Senza questo doppio  risultato, che mi sembra probabile, difficilmente manterrà il  suo ruolo.

3) Il M5Stelle, sul quale i sondaggi da tempo mi sembrano del tutto sovrastimati rispetto a quanto intravedo nella realtà sociale e indirettamente sul mondo distorto dei social, è al rischio di sopravvivenza se scende al di sotto dei 4 milioni di voti ( oggi è a 4,4 ) . O per lo meno sarebbe chiusa l’esperienza di Giuseppe Conte come unico leader alla quale non ho mai creduto. Oggi un movimento di alternativa ha bisogno di qualcosa di ben diverso di un indiscusso segretario-immagine.

4) La supposta gara fra Lega e Forza Italia su chi prevarrà è irrilevante. Sono voti e personaggi che si muovono ma restano in famiglia.   

5) Tutte le  5 liste a rischio quorum 4% sono in effetti a rischio. Azione ( Calenda ) / SUdE (Renzi /Bonino) / AVS (Fratoianni/Bonelli) / Libertà (De Luca/Laura Castelli) / Pace Terra ( Santoro).

Ilaria Alpi dovrebbe portare ad AVS qualche voto in più da fuori area. Vedo gli altri ad alto rischio. Una persona di senno normale direbbe che queste 5 liste sono congegnate apposta per elidersi l’una con l’altra con un potenziale di voto a perdere di 3-4 milioni di voti. In ogni caso mi sembra che tranne per i loro leader e candidati l’influenza sulla società italiana del loro eventuale risultato è oggi di scarso rilievo.  

5) L’elemento più grave dell’intero appuntamento europeo a me sembra il probabile ridimensionamento dei movimenti politici di alternativa dell’occidente europeo nelle loro diverse connotazioni  e quindi dei loro temi: della transizione ecologica, delle disuguaglianze, della convivenza e della pace. Oggi enunciati da tanti ma del tutto vuoti di una qualunque accettabile strategia, di progetti, di leader, di forme aggregate di azione. Le grandi manifestazioni sulla crisi climatica e la giustizia sociale di 5- 6 anni fa  sono oggi sostituite dalle azioni di piccoli gruppi privi di qualunque strategia e capacità di aggregazione sociale che sulla transizione, sulla soluzione dei conflitti militari, sulla convivenza,  mi sembra abbiano  il risultato di restringere (e tanto)  invece di allargare, il consenso nella società.   

9 giugno 2024

1 giugno 2024

Islanda: La vulcanica sfida per le presidenziali islandesi

Al voto: Le elezioni di oggi sono probabilmente le più incerte e le più dibattute della storia della repubblica, se si escludono quelle che elessero, nel 1980, Vigdís Finnbogadóttir. Nella sfida a tre, tutte donne, Katrín Jakobsdóttir (sinistra verde) è in testa

di Roberto Pietrobon *

Mentre continuano le eruzioni vulcaniche nella penisola del Reykjanes, dove si trova la capitale e il principale aeroporto dell’isola, 268 mila cittadine e cittadini oggi in Islanda sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo o la nuova presidente della Repubblica.

L’Islanda è, insieme alla Finlandia, l’unico paese nordico e scandinavo a non avere un monarca come capo dello stato dopo aver ottenuto l’indipendenza dalla corona danese nel 1944 quando la Danimarca era ancora sotto la dominazione nazista.

Le elezioni di oggi sono probabilmente le più incerte e le più dibattute della storia della repubblica se si escludono quelle che elessero, nel 1980, Vigdís Finnbogadóttir, prima donna al mondo a capo di stato a seguito di elezioni libere. Quella elezione seguì le forti mobilitazioni delle donne islandesi che, nel 1975, organizzarono il primo sciopero generale femminile per la parità salariale e, su quella spinta, convinsero Finnbogadóttir a candidarsi rimanendo presidente della Repubblica per tre volte consecutivamente.

Anche oggi, secondo tutti i sondaggi, ad essere eletta sarà una donna. Nonostante la decina di candidati alla carica presidenziale le favorite sono 3 e sono tutte donne: Katrín Jakobsdóttir, Halla Tómasdóttir, Halla Hrund Logadóttir. Tra le tre candidate solo Jakobsdóttir è una politica a tutto tondo essendo stata, per 7 anni, la Presidente del consiglio della Repubblica, dimessasi ad aprile proprio per concorrere alle elezioni di oggi.

La figura del presidente della Repubblica in Islanda è simile a quella di altre democrazie costituzionali: oltre a conferire l’incarico al presidente del consiglio ha il potere di respingere proposte di legge del Parlamento e a sottoporle a referendum popolare. Può anche proporre leggi e risoluzioni all’Alþingi (la camera unica) anche se è una prerogativa che non è stata mai utilizzata.

La scelta di Katrín Jakobsdóttir di lasciare la guida del governo dopo 7 anni è figlia sia del consenso che riscuote la giovane politica eco progressista nel paese ma, anche, della crisi del suo partito, Vinstri græn (sinistra verde), in calo vertiginoso nei consensi dopo gli ultimi 3 anni di governo con centristi e conservatori.

Le sue dimissioni hanno portato proprio i conservatori del Partito dell’indipendenza a riprendere la guida del paese e i rosso verdi a doversi accontentare di tre ministeri (uno in più di prima) nel nuovo esecutivo. Se, da un lato, la sinistra verde ha ceduto il passo all’opposizione socialdemocratica che vola nei sondaggi, il consenso della loro ex leader potrebbe portare una loro esponente alla guida della Repubblica.

Gli ultimi sondaggi pubblicati ieri attribuiscono il 27% alla ex premier, tallonata da Halla Tómasdóttir con il 18,5% e da Halla Hrund Logadóttir con il 18,4%. Mentre Tómasdóttir è una business woman e nota oratrice, già candidata alle presidenziali del 2016, Hrund Logadóttir è più giovane di Jakobsdóttir ed è l’attuale direttrice dell’agenzia energetica statale. Fino a qualche giorno fa alcuni sondaggi prefiguravano un testa a testa proprio da Halla Hrund Logadóttir e l’ex prima ministra rosso verde.

Secondo il professore di politica Eiríkur Bergmann la sfida presidenziale è «entusiasmante». «Queste elezioni sono paragonabili a quando Vigdís Finnbogadóttir fu eletta nel 1980» ha continuato il docente universitario «ma si può anche dire che ora la tensione è ancora maggiore». «Non ricordo niente del genere» ha concluso Bergmann «anche se si guarda ben oltre l’ambito delle elezioni presidenziali la sfida tutta al femminile è incredibile e racconta una grande storia di sviluppo sociale del nostro paese».

nella foto: Katrín Jakobsdóttir - Ap

* da il manifesto - 1 giugno 2024

Raid Usa-Gran Bretagna sullo Yemen, 58 vittime

 Mar Rosso:Il bombardamento tocca Sana’a, civili tra i morti, gli Houti: «Colpiremo gli Usa e la loro portaerei»

di Francesca Luci *

Il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom) ha confermato il successo degli attacchi contro 13 obiettivi Houthi nello Yemen in risposta al lancio di 8 droni Houthi nel Mar Rosso, distrutti a loro volta dalle forze americane. Il giorno precedente, le forze Houthi avevano abbattuto un altro drone statunitense MQ-9 Reaper con un missile antiaereo, segnando il sesto abbattimento di aeromobili americani rivendicato dal gruppo.

La televisione yemenita in streaming Al-Masirah ha mostrato civili feriti e insanguinati all’interno dell’edificio di una stazione radio a Hodeida, e le vittime dei raid anglo-americani che ricevevano cure in un ospedale . Venerdì mattina, un’enorme folla si è radunata in piazza Al-Sabeen nella capitale per partecipare alla marcia con lo slogan: «Con Gaza… avanti, nonostante le sfide». «L’aggressione anglo-americana non ci impedirà di continuare le nostre operazioni militari a sostegno della Palestina, risponderemo colpo su colpo» ha detto il funzionario Houthi Mohammed al-Bukhaiti. E le forze armate dello Yemen, in una dichiarazione all’agenzia Saba, hanno dichiarato: «In risposta agli attacchi criminali delle forze d’aggressione anglo-americane sulla capitale Sana’a e sui governatorati di Hodeidah, che hanno causato 58 morti e feriti, la forza missilistica e la forza navale yemenite hanno effettuato un’operazione militare congiunta contro la portaerei americana USS Eisenhower nel Mar Rosso» (gli Usa invece smentiscono). Il comunicato sottolinea che l’attacco anglo-americano ha preso di mira siti civili come l’edificio della radio di Hodeidah vicino all’ospedale Al-Thawra.

Mentre il primo ministro britannico Rishi Sunak afferma che «gli attacchi sono stati effettuati per legittima difesa contro una minaccia in corso», Teheran – principale alleato degli Houthi – ha condannato il bombardamento. Il portavoce del ministero degli esteri Nasser Kanaani ha scritto in una nota: «I governi degli Stati Uniti e del Regno Unito sono responsabili delle conseguenze di questi crimini contro il popolo yemenita».

Il movimento Houthi, a partire dalla metà di novembre 2023, ha cominciato una serie di attacchi contro le navi commerciali israeliane o dirette verso Israele, come ritorsione per il genocidio israeliano in corso a Gaza, mettendo sotto scacco una delle arterie marittime più importanti del mondo. Gli Houthi sono spesso associati all’Iran per il sostegno politico e militare che ricevono, sostegno che è un fenomeno relativamente recente. Gli yemeniti nutrono una sincera solidarietà nei confronti dei palestinesi, pur perseguendo anche i propri interessi.

nella foto: venerdì scorso la folla si è radunata in piazza Al-Sabeen nella capitale per partecipare alla marcia per la Palestina - Ap

* da il manifesto - 1 giugno 2024

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