di Massimo Marino
A quasi sei mesi dalle
elezioni politiche del 25 settembre scorso è utile provare a farsi con serietà una domanda del tutto banale: Dove stiamo
andando? C’è in vista un nuovo fascismo
aggiornato al 21esimo secolo? C’è una sinistra o qualcun‘altro in marcia verso
un cambiamento, bello o brutto che sia? Non credete che ci voglia qualcuno e qualcosa
d’altro che non c’è ?
Nelle ore precedenti
l’annuncio dei resultati del 25 settembre ho pubblicato il mio ultimo
intervento (Elezioni,
programmi, progetti. Ma una vera alternativa non c’è.) al solito non
brevissimo perché’ non amo semplificare troppo a costo di perdere qualche
lettore. Vi dico come la vedo adesso
dopo una pausa di sei mesi:
1) Non c’è stato
nessun trionfo del centro-destra né di altri. O meglio il centro-destra è
diventato destra-centro praticamente con un risultato immutato rispetto a 5 anni fa:
circa 12,9 mil di voti rispetto ai 12,5 del 2018 ma il corpo
elettorale complessivo - interno + estero - è aumentato da 50,1 a quasi 50,9
milioni.
Dal 2018 al 2023 la
somma di tutti gli altri votanti attivi ( quelli che hanno votato qualcuno
fuori dal CDX ) è scesa da circa 22 a 17 milioni di voti (circa 5 milioni in
meno) perché gli astenuti, comprese bianche e nulle, ovviamente sono saliti: da
16,1 a 21,6 milioni di elettori ( circa 5,5 mil in più). I voti effettivamente
dati ai partiti sono passati da 34 a 29,2 mil. Di questi ultimi i
voti dati a partiti che, come prevedibile, non hanno eletto nessuno, sono stati
rispettivamente 2 e 3,2 mil.
all’incirca.
Quindi gli eletti del
nuovo Parlamento sono stati votati esattamente da 31 mil. di elettori su 50,1 (62%) nel 2018
e da 26,2 mil. su 50.9 (52%) nel 2023. Il totale degli
eletti di settembre quindi non rappresenta la scelta di circa 48
elettori su 100 ( astensioni, bianche, nulle, persi).
Se non c’è stato
nessun trionfo del CDX c’è stato il previsto tonfo del M5S da 10,7 a 4,3 milioni
di voti. Il CSX ( senza Calenda e Renzi) ha avuto una lieve flessione ottenendo, comprese le liste che non hanno
ottenuto seggi, circa 7,7 mil di voti (circa il 15% del corpo elettorale.) La
vera novità quindi sono i 5,5 milioni in più di astenuti rispetto al
2018, tendenza peraltro accentuatasi con il voto in Lombardia e Lazio di
febbraio.
Questi sono i numeri
che ridimensionano sei mesi di balle, cioè buona parte delle “analisi”
sull’Italia che va a destra, sul PD che ha tenuto, sui 5stelle che hanno
perduto ma meno del previsto. Prima di ascoltare in tv commentatori di destra e
di sinistra è utile usare una calcolatrice e ragionare sui numeri reali.
Il rosatellum, deformando
e condizionando il voto vero specie con i collegi uninominali, ha fatto il suo
mestiere: ha favorito l’astensionismo, ha premiato alla grande il primo polo
regalandogli decine di eletti ai quali
nessuno ha dato il voto, ha moderatamente salvato il secondo polo, ha
penalizzato duramente il terzo polo di
Conte. D’altronde è stato inventato dall’allora piddino Rosato e compagni per colpire
i 5stelle e imporre forzatamente una logica bipolare in un paese che non lo è
affatto. Se i partiti, a partire dal PD, non avessero boicottato la riforma
elettorale proporzionale con quorum dei 5stelle, rispettosa della volontà
espressa da chi vota, lo scenario sarebbe stato del tutto diverso. Non
saremmo qui a strapparci i capelli perché ha vinto la Meloni (ha vinto la
Meloni o il Rosatellum?). Resto convinto che la riforma elettorale sia la madre
di tutte le battaglie per difendere davvero la democrazia. Abbiamo un modello
da copiare, quello della Germania e di pochi altri, il migliore in un mondo di
regole elettorali truffaldine. Le nostre regole elettorali per i Comuni eleggono
dei potestà spesso squattrinati e senza idee e hanno enormi limiti con il
proliferare di liste di sostegno inesistenti e inventate che spariscono dopo il
voto. Quelle per le Regioni producono “governatori” eletti da minoranze e di
mediocre capacità ma ottime capacità clientelari. L’ultima novità, che sembra
una barzelletta, quella della Regione Sicilia che per decreto sta’ rimettendo
per conto suo le vecchie Provincie. E’ una delle conseguenze di una distorta
autonomia dove ogni vincente sgoverna come gli pare, fa e disfa leggi
elettorali, stipendi, vitalizi e non rende conto a nessuno. E sono impegnati ad aggravare la
situazione con l’autonomia differenziata. Le regole per il Parlamento, nelle
diverse versioni susseguitesi dalla metà degli anni ’90 deformano già in
partenza la rappresentanza in senso maggioritario e bipolare. Neppure la Corte
Costituzionale, che pure è intervenuta più volte, riesce a correggere la
degenerazione della rappresentanza.
Guarda caso si salvano
solo le Elezioni Europee, che di fatto hanno regole nate in ambito comunitario.
Basterebbe mantenerne la proporzionalità, aumentare il quorum dal 4 al 5%,
portare le circoscrizioni da 5 a 10 e avremmo il miglior sistema elettorale del
mondo per eleggere i nostri rappresentanti. Si formerebbero 6-7 partiti veri e
stabili, leader responsabili meno
egocentrati di quelli che specie a sinistra e nel mondo ambientalista riproducono
partitini falliti in continuo da due decenni almeno. Sparirebbero in 1-2 anni decine
di sigle perlopiù insignificanti o inventate. Serve il contrario esatto
dell’attuale bipolarismo tendenziale da cui istintivamente tanti si allontanano
abbandonando il voto. Sono convinto che gli italiani capirebbero la novità
e tornerebbero in buona parte a votare. Nel
voto europeo ci sono le preferenze, di
cui non sento la mancanza perché possono
favorire mafie e clientele. Lascerei ai partiti la scelta dei primi due della
lista e le preferenze per gli altri della lista per soddisfare chi è ansioso di
poter scegliere.
In sintesi: gli
italiani ( finora) non vanno a destra per niente. Però tendono ad andare al
mare. L’esperienza decennale dei 5Stelle, affondati come in una battaglia
navale dai molti nemici uniti, dalla
propria ingenuità e dal prevalere alla fine del trasformismo, ha lasciato il segno in tantissimi che l’avevano sostenuta. Ci sono almeno 7-8
milioni di elettori amareggiati e delusi
dalla politica che per il momento sono usciti dal campo di gioco.
Almeno per metà di loro si tratta semplicemente di sopravvivenza ( voto
per chi sembra darmi ossigeno per
sopravvivere, se non lo trovo non voto ). Per quelli più giovani si tratta di
capire chi gli indica come sopravvivere nei prossimi decenni alla precarietà sociale ed alla crisi
ambientale. La marea di dibattiti, presunti scontri, promesse irrealizzabili,
furbetti e contaballe di destra e di sinistra che mi sembrano inadeguati, quasi
mai partoriscono idee socialmente condivisibili per risolvere problemi ed emergenze sociali
e ambientali.
2) In quasi sei mesi il governo meloniano ha
prima di tutto garantito una perfetta continuità con Draghi almeno in tre
campi: a) non turbare nulla e nessuno nei rapporti europei e atlantici b)
rallentare, svuotare, boicottare tutte le azioni che fossero timidamente
rivolte ad avviare la necessaria transizione ecologica che presuppone una
rivoluzione nelle scelte energetiche, in campo produttivo, nei trasporti, nelle
abitazioni c) mantenere nella società italiana i tradizionali rapporti
di forza e di potere fra la parte dominante e benestante e le aree precarie e
gregarie del paese. Rapporti gravemente
turbati dall’avvento e dal successo negli ultimi dieci anni del singolare fenomeno
del M5Stelle. Rapporti sociali che devono al più presto essere riequilibrati
cancellando gli aspetti o le proposte di innovazione ( su giustizia, reddito,
salario, corruzione, clientelismo, privatizzazioni ..).
3) Quello che resta dopo
la disgregazione del M5Stelle originario, oggi aggregato attorno a Conte è stato spinto a forza nell’angolo della sinistra,
fra quella moderata e quella estrema, entrambe boccheggianti. Questo limbo
evanescente che chiamano sinistra ha già perso i contatti con parti rilevanti e disagiate della società che, alle varie sinistre e a un ambientalismo
mediocre, ha già dato fiducia in più occasioni e al momento non ne vuole più
sapere.
L’intuizione dei grillini
della prima ora li collocava giustamente né a destra né a sinistra senza però
mai arrivare a definirsi con coraggio al centro della società e
del sistema politico con un programma riformatore radicale, unico presupposto
dell’alternativa, che potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente
desiderabile dalla maggioranza del paese. Cosa diversa dal
pendolare di qua e di là a seconda dei temi e dei momenti, rendendo così confuso
il proprio ruolo. Dopo il successo grillino nelle elezioni politiche del 2013,
più significativo di quello del 2018, quando la crisi interna era ormai avviata
con le difficoltà evidenti a Roma e Torino e l’inefficienza di Rousseau, la
mancanza di una esplicita collocazione ha aiutato l’azione di disgregazione.
Forse tanti elettori avevano pensato che stavano solo scegliendo una sinistra o
una destra un po’ più virtuosa di quelle esistenti magari gettonate fino al
giorno prima. Non mi sembra che la attuale definizione di “ progressisti” (
suggerita non so da chi a Conte) sia un grande passo avanti nello sciogliere le
ambiguità. Peraltro una definizione vecchia, consunta dal 1994 quando l’Alleanza Progressista aprì la
via a Berlusconi. La domanda non è retorica: Il M5Stelle 2.0 vuole essere un
terzo polo autonomo ed elaborare un suo
progetto di riformismo radicale e di alternativa o essere una variante
della sinistra di contorno al PD o di quello che arriverà dopo ? Io non lo so e
forse neppure loro. Se non si fa chiarezza la necessità delle alleanze, che
pure sono assolutamente necessarie ma non sono un olio di ricino che si deve
prendere a forza, diventa un rebus micidiale.
Le deformazioni portate
dalla storia del novecento ai nostri lobi di occidentali (qualcuno dice nell’emisfero sinistro ) impongono che
fra la destra e la sinistra ci può solo stare un centro moderato e tendenzialmente
trasformista ( rivolto a destra o a sinistra a seconda della convenienza del
momento). In altre aree del pianeta ritengono che si possa solo essere o
sunniti o sciiti. Oppure devoti
all’islam o infedeli. Io ad esempio fra la destra che governa ormai stabilmente
Israele e i gruppi di Hamas in Palestina, entrambi ostili a qualunque ipotesi
di convivenza, non sceglierei nessuno.
A parte Alex Langer 30
anni fa e i verdi nei primi anni della loro comparsa, l’ipotesi che una
alternativa sociale possa anche emergere al di là delle vecchie aggregazioni
della destra e della sinistra nelle loro varie sfumature è del tutto incompresa,
duramente osteggiata e credo faccia molta paura. Quando i verdi abbandonarono
di fatto questa collocazione rientrando in posizione subalterna nella consueta
nomenclatura e nelle logiche dei partiti tradizionali diventarono presto
irrilevanti. Anche altri come La Rete di Orlando e il partito di Di Pietro in
qualche modo seguirono un percorso simile di autoannientamento. Siamo
tragicamente immersi nella crisi sociale e ambientale del nuovo secolo che
avanza e la affrontiamo con i teoremi ideologici del secolo passato diluiti
spesso da un interessato consociativismo.
Greta Thunberg, che ha
appena compiuto 20 anni, ha fatto uscire The Climate Book, un volume
eccezionale di 700 pagine con la collaborazione di cento esperti e scienziati
di tutto il pianeta (nessuno italiano), che spiega in modo convincente, come
mai è stato fatto fino ad oggi, la vera condizione del pianeta e quello che ci
aspetta in tempi brevi. In Italia è stato praticamente ignorato dai media che
hanno altro di più importante di cui riempirci la testa e le serate. E’ un
libro davvero stupendo che andrebbe letto e discusso capitolo per capitolo,
tema per tema. Non possiamo chiedere nulla di più a Greta e ai giovanissimi che
in qualche modo ha risvegliato. Ma qualcuno deve scrivere il libro successivo
dove si indichi esattamente quali sono le proposte concrete per oggi e per i prossimi
decenni e su queste porre le basi dell’alternativa. Che oggi stentano ad
emergere con chiarezza e diventare credibili.
Almeno in Italia non è
vero che affrontiamo le crisi con due assetti ideologici contrapposti che danno
soluzioni opposte ai problemi. Qui in particolare, ma forse nell’intero Occidente, destre e
sinistre con variegate sfumature, che forse sopravviveranno per anni, di fronte
a temi strategici hanno in comune una preoccupante assenza di idee, di concreti
progetti riformatori ( e una comune subalternità ai poteri forti che esistono
eccome) che permettano una più
equilibrata convivenza sociale e il superamento delle crisi. Queste esplodono e si aggravano
mentre lo scontro avviene sulla scena mediatica su questioni di scarso peso e appunto
nella totale subalternità agli interessi di pochi.
Qualche volta,
travolti dai movimenti della società ci si adegua solo per non perire. Ricordo
il caso del PD nel 1987 ( allora PCI ), che quando si arrivò al referendum sul
nucleare, solo qualche settimana prima del
voto capovolse la propria posizione.
4) Fra i tanti esempi che si possono fare dove
una posizione di alternativa non emerge ne dalle intenzioni della destra né della
sinistra, per necessità di sintesi ne accenno quattro: la legge elettorale, le migrazioni,
la crisi climatica e la mobilità, il reddito di sopravvivenza e il salario
minimo.
a) E’ evidente che la
necessaria riforma elettorale in senso proporzionale con quorum, la
migliore soluzione rispettosa del voto e del nostro spirito costituzionale, è osteggiata
da anni da destre e sinistre, tant’e che la troppo timida proposta grillina che
ha ormai 6-7 anni ha trovato un muro di ostilità di entrambe. La conseguenza è
la scarsa rappresentanza degli eletti sempre più espressione di sparute
minoranze degli elettori e il forte astensionismo. Il caso ultimo di Lazio e
Lombardia è impressionante: cito solo la rielezione di Fontana in Lombardia
trionfatore apparente con un milione in meno di voti fra il 2018 e il 2023 ( da
2,7 a 1,7 mil.) Del recente astensionismo si è parlato per qualche giorno ma
nessuno a destra e a sinistra mi risulta abbia fatto passi per intervenire sulla
legge elettorale proposta né per facilitare il voto fuori sede, tranne qualche
sparuta proposta atta a peggiora la situazione.
Anche la necessità di
una forma ragionevole di Election Day, ad esempio concentrare solo in una
volta all’anno e sempre nella stessa
data ( ad esempio nella prima settimana di novembre) qualunque tipo
di votazione o referendum, non viene seriamente presa in considerazione né a
destra né a sinistra. Così ad inizio aprile
si voterà in Friuli VG, a metà maggio
in centinaia di Comuni con i possibili ballottaggi, due settimane dopo
in Sicilia, a fine giugno in Molise, in
autunno nella Provincia di Trento. Una vergogna: sembra quasi che si voglia
apertamente invitare al voto solo i propri tifosi.
b) Di fronte all’ondata
di migranti irregolari
(almeno 800mila in Italia dal 2015 ad
oggi) ne destra né sinistra hanno la minima
idea di che fare tranne utilizzare a vicenda il tema per ragioni di
bottega. Tant’è che nei sette governi
degli ultimi nove anni (Letta, Renzi,
Gentiloni, Conte1, Conte2, Draghi, Meloni) se si guardano anche solo i
numeri ( degli ingressi, dei morti, dei rimpatri, delle forme di accoglienza,
dei costi), non è cambiato praticamente
nulla tranne il volume raggiunto dalle chiacchiere. Dovremmo scegliere fra
una destra cattiva e antimigranti ( ma per fortuna è solo una piccola minoranza
che mostra davvero una irriducibile matrice xenofoba ) e una sinistra buona e
umanitaria ma senza proposte di cui le
ONG, per il fatto che raccolgono alcune migliaia di naviganti, forse il 10% del
totale, chissà perché sarebbero i migliori rappresentanti di riferimento.
Proposte efficaci: zero.
Quasi tre anni fa
segnalavo (Serve
una terza via. Ne porti chiusi ne porte aperte ) che l’unico tentativo per
affrontare un fenomeno epocale sarebbe quello di sostituire lo Stato a
trafficanti e scafisti nella gestione dei viaggi aprendo corridoi umanitari,
selezionando le aree più colpite da guerre, dittature e crisi ambientali. Costruendo
un percorso di integrazione si potrebbe accogliere almeno 100mila persone
all’anno utilizzando Ambasciate e Consolati insieme agli Enti e ONG che operano
in particolare nelle aree più critiche di Africa e Medio Oriente. I decreti
flussi che ci dicono utili per il nostro
apparato produttivo e le nostre strutture pubbliche, sono un'altra cosa e mi
sembrano del tutto inadeguati. Una coraggiosa scelta italiana per i corridoi
umanitari, con i quali andiamo noi a prendere i migranti dalle zone più
critiche, costringerebbe alla fine l’intera Europa a percorrere la stessa
strada. L’obiettivo non può che essere quello di eliminare con decisone
le entrate irregolari, e garantire invece dignità e un sostegno minimo iniziale
di sopravvivenza a tutti e solo ai migranti regolari. Indispensabile l’istruzione scolastica, l’assistenza
sanitaria e le condizioni di partenza per costruirsi una nuova vita o il
ritorno volontario in patria, aprendo la possibilità di un lavoro per tutti.
Cancellare trafficanti di uomini e scafisti e chi li organizza renderebbe tutti
più liberi da ricatti e violenze. I corridoi umanitari sono peraltro organizzati
già da alcuni anni su iniziativa di varie associazioni (Caritas, Sant’Egidio,
Chiese Evangeliche e Valdesi con l’aggiunta di ARCI e altri più di recente) che
hanno già accolto alcune migliaia di migranti. Per quanto ai margini di un
dibattitto urlato quanto insignificante, l’idea dei corridoi comincia a farsi
strada in piccole minoranze che restano però
al momento inascoltate.
c) Sembra incredibile ma
a fronte di una crisi climatica che procede con evidenza e con una intensità
e velocità diversa da quella aspettata, di fronte a 30 anni di appuntamenti
nazionali e internazionali, di programmi e progetti tanto generici quanto
costosi, si deve costatare che siamo quasi al nulla di fatto. Dobbiamo dichiarare il fallimento
delle COP (“ Conference of the parties”
dell’ONU) arrivate nel 2022 a Sharm el-Sheikh in Egitto al
27esimo appuntamento. A Sharm la delegazione più numerosa è stata quella delle
lobby dei petrolieri e dell’ automotive con più di 500 membri. Sono loro che
impediscono da anni qualunque decisione di rilievo nella sostituzione dei
fossili e nella decarbonizzazione. A fine 2023 la COP28 si svolgerà a Dubai e
la presidierà Sultan Al Jaber, ministro dell’Industria degli Emirati Arabi
Uniti e amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Abu Dhabi
National Oil Company (Adnoc). Praticamente hanno occupato e affondato le COP.
L’ultimo rapporto di
Legambiente sulla mobilità in Italia ( Pendolaria 2023) rileva che dal 2018 al
2022 le aperture di nuovi binari di linee metropolitane ( il più
efficace e meno costoso modo di ridurre auto circolanti, consumi, inquinamento,
emissioni, costi degli utenti) sono state 0,6 km nel 2018, zero nel 2019 e 2020,
1,7 km nel 2021, 5,3 km nel 2022 con la prima tratta della M4 da Milano verso
Linate. Nel mentre dilagava un finto dibattito per la transizione ecologica con
al centro lo scontro su chi si prenderà i miliardi che bene o male verranno
resi disponibili. Dal 2010 al 2020 sono stati realizzati 310 km di autostrade, alcune
migliaia di chilometri di nuove strade
nazionali, ma solo 91 chilometri di metropolitane e 63 km di tranvie. Si
calcola che mediamente trascorriamo 70-80 ore all’anno stando pressoché fermi
in coda su un auto con il motore acceso
( circa 3 giorni su 365). Non conosco nessun partito né a destra né a
sinistra ( e neppure nessun gruppo ambientalista purtroppo) che metta esplicitamente la costruzione di metropolitane in rete e la
riduzione delle auto circolanti come
obiettivo prioritario urgente per la transizione ecologica nel settore
determinante della mobilità. Appena il Parlamento europeo si è accinto a
confermare il modesto impegno allo stop
della vendita di auto a motore endotermico nel 2035 ( che vuol dire che
circoleranno in Europa molte decine di milioni di vecchie auto tradizionali
almeno fino al 2050 ) è scattata la rivolta delle multinazionali (Shell in
testa) per impedirlo o chiedere deroghe e spostamenti nel tempo delle scelte,
sostenute anche da Italia e Germania. Per il momento la decisione è stata così sospesa. Lo
stesso sta avvenendo in ambito UE per la conversione energetica delle
abitazioni, che però richiederebbe alcuni decenni e darebbe un enorme risparmio
di energia, aumenterebbe il valore degli immobili e darebbe nel tempo un forte
risparmio economico e un netto miglioramento dell’inquinamento.
Il nuovo sindaco di
Torino, una sciagura di sinistra che i torinesi proprio non meritavano dopo la deludente
gestione della Appendino, sostiene che la Metro 2 non potrà avere l’atteso percorso esteso fino ai due confini estremi
della conurbazione urbana, ( dove entrano ed escono più di 400mila auto nelle 24 ore) perché
mancherebbero alcuni milioni di euro. Torino è stata in più occasioni indicata
come la città più inquinata d’Europa ed è la città italiana con il più alto
rapporto auto/abitanti. Un disastro che si aggrava con gli anni. La inutile linea
ridotta che forse si farà magari pure diradando le fermate, aumenterà di certo solo il valore
di qualche edificio toccato nelle aree semi centrali del capoluogo. Sembra
essere l’unica ragione rimasta che giustifichi un progetto così assurdo.
d) nel paese che sta al fondo della graduatoria europea sui livelli
salariali negli ultimi 30 anni il tema della sopravvivenza degli ultimi
ha ripreso uno spazio da quando nel
2015 il M5S presentò la prima proposta
per un reddito di cittadinanza e
correttamente nella parte finale aggiunse la proposta di un salario minimo
orario per contrastare il lavoro nero e permettere un minimo riequilibrio
sociale. Niente di rivoluzionario considerato che quasi in tutta Europa
esistono già provvedimenti simili a questi anche da parecchi anni e comunque i salari reali, diversamente da noi, seppure
lentamente sono aumentati senza interruzioni. In questi giorni emergono dati e pochi
commenti che ci dicono che dopo gli anni
del Covid e poi della crisi del gas e della guerra in Ucraina i sovraprofitti di numerose grandi aziende sono esplosi. Mentre scrivo questo intervento leggo
che a fine anno i manager di numerose aziende, specie energetiche, hanno avuto
i loro stipendi aumentati anche più del 100%. Praticamente in coincidenza con
lo smantellamento del Reddito di
cittadinanza. Ne dalla destra “sociale” né dalla sinistra “proletaria” mi
risultano grandi dichiarazioni di guerra contro i Robin Hood al contrario. Neppure
conosco contestazioni articolate alla
falsa narrazione che attribuisce i costi del gas alla guerra. Invece che spiegare
che sei mesi prima della guerra veniva promosso un evidente accordo fra le
multinazionali, seguito poi a cascata da altri, per recuperare i dividendi
mancati per i due anni di minori consumi a causa del Covid e dei lockdown. Una
speculazione che in Europa ha fruttato molte
decine di miliardi in un anno a un manipolo di aziende, e che poi si è prolungata prendendo al volo le
conseguenze della guerra in Ucraina. Oggi di gas in giro e in vendita ce n’è in
abbondanza, tant’è che per fare dividendi l’ ENI ne ha pure rivenduto una parte
in Europa, e non c’è alcuna motivazione se non la rapina che giustifichi gli
aumenti. Aspettiamo ancora azioni serie atte a recuperare i recenti extraprofitti
dell’ultimo anno, fra gli altri di ENI, che in Italia sarebbero almeno 10-15
mld. Invece si è sostenuta la scemenza del tetto massimo del gas ( a 185
euro a megawattora, mentre oggi è già sceso a 40-50 ! ) o l’altra dei 18
centesimi per mantenere o togliere le accise sulla benzina che in
entrambi i casi tanto paghiamo noi per strade diverse. Sul salario minimo oggi
in molti si dichiarano a favore nei talkshow e nelle interviste ma non in
Parlamento, dove il testo 5stelle continua a restare nei cassetti delle Commissioni.
5) La tentazione della
spallata finale per impedire qualunque possibilità di alternativa riformatrice
e di riequilibrio delle profonde disuguaglianze sociali e della necessità di
una conversione ecologica e solidale della società, prende forma attraverso il progetto
del Presidenzialismo, di fatto lo svuotamento dell’assetto democratico
basato sulla nostra Costituzione. Come è noto la repubblica presidenziale,
con diverse possibili varianti, è una
forma di governo in cui il potere esecutivo si concentra nella figura del
Presidente che è sia il capo dello Stato sia il capo del Governo. La nostra repubblica
parlamentare stabilisce invece una separazione di poteri dove il Governo
detiene, tranne eccezioni specifiche e provvisorie, il potere esecutivo mentre
il Parlamento, eletto dai cittadini, esercita il potere legislativo e insieme
ad altri, rappresentanti delle Regioni, sceglie ogni sette anni il Presidente
della Repubblica garante del rispetto delle norme Costituzionali.
I paesi che hanno una
Repubblica presidenziale, in alcuni casi
con l’elezione diretta del Presidente e senza un Primo Ministro come capo del Governo sono una
quarantina. Fra questi ci sono gli Stati Uniti, molti paesi sudamericani ( come
Argentina, Cile, Brasile, Messico, Venezuela, Uruguay ) altri in Asia
(come Indonesia e Filippine ), vari
paesi africani ( come Sud Africa, Kenya, Nigeria), la Turchia. Altri, una
ventina, hanno anche un Primo Ministro (
che però non è capo del Governo) come Russia, Bielorussia, Corea del Sud,
Repubblica del Congo, Sudan. La Francia è formalmente una Repubblica
semipresidenziale dove di fatto Macron esercita un ruolo egemone pur essendo
stato votato da una significativa minoranza.
*
Presidenzialismo, bipolarismo,
astensionismo e sistemi elettorali maggioritari di tipo diverso, sono l’insidiosa
filiera che può presentarsi per la prima
volta in questo secolo anche nel nostro paese. Al momento il testo
presentato da Fratelli d’Italia in Commissione si è arenato per l’assenza di
alcuni esponenti di Lega e Forza Italia, malgrado ipotesi di sostegno da Renzi,
senza il quale non ci sono i numeri sufficienti per procedere su un percorso
che si presenta comunque lungo e complesso. Si dovrebbero modificare una decina
di articoli importanti della Costituzione. Il rischio è, come insegnano i tanti casi
sotto i nostri occhi anche in Occidente,
di avviarsi su una strada che dalla democrazia porta all’autoritarismo e
dalla quale diventa molto difficile tornare indietro. Tutte le emergenze da
affrontare attraverso la costruzione di una alternativa radicalmente
riformatrice verrebbero congelate piombando per anni nel più totale immobilismo.
La scena, come il campo in una partita di calcio, verrebbe occupato da
minoranze di tifosi della curva nord e della curva sud rendendo la convivenza
sociale impossibile, sepolta dai blablablà e dalle urla dei tifosi di questo o
di quell’altro leader assoluto del momento. I movimenti esistenti o quelli possibili
che vogliono e devono coalizzarsi ponendosi ben al centro dei problemi
irrisolti della società reale dovrebbero uscire da questo tipo di campo di
gioco e proporre in modo puntuale il
progetto, gli obiettivi ed il percorso necessari per il cambiamento.
10 marzo 2023