In commissione affari costituzionali. Presentato il testo unificato. Ma la Lega già attacca: «È uno ius soli mascherato»
di Carlo Lania *Il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe
Brescia (M5S) mette subito le mani avanti nella speranza di evitare
strumentalizzazioni: «Lo dico con chiarezza: nel testo proposto non c’è lo ius
soli. La presente proposta punta a introdurre una nuova fattispecie orientata al
principio dello ius scholae, con una scelta di fiducia non solo negli stranieri
che vogliono integrare i loro figli, ma nel lavoro della comunità didattica,
nella dedizione dei dirigenti scolastici e degli insegnanti». Trent’anni dopo
la prima legge del 1992 e dopo due anni di stop in Commissione, la discussione
sulla riforma della cittadinanza è ripartita ufficialmente ieri con la
presentazione da parte di Brescia di un testo unico che farà da base ai lavori
parlamentari. Due soli articoli di legge che sintetizzano tre ddl in materia
presentati in passato da LeU, Pd e Forza Italia e che, se approvati,
riconoscerebbero a più di un milione di ragazzi nati in Italia da genitori
immigrati un diritto che reclamano inutilmente da tempo, quello di essere finalmente
considerati a tutti gli effetti cittadini italiani.
Il principio della legge, che potrebbe essere approvata in commissione già
la prossima settimana per poi passare all’esame degli emendamenti, si basa sul
compimento di un percorso culturale che non potrebbe non avere la scuola al
centro. Il testo prevede infatti che possa diventare cittadino italiano «il
minore straniero nato in Italia o che vi abbai fatto ingresso entro il
compimento del dodicesimo anno di età», che vi abbia risieduto legalmente e che
abbia frequentato «senza interruzione per almeno cinque anni uno o più cicli
scolastici presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione». La
cittadinanza si acquisisce a seguito di una dichiarazione di volontà espressa
da entrambi i genitori legalmente residenti in Italia o da chi esercita la
responsabilità genitoriale nel comune di residenza del minore. Se questo non
avviene, l’interessato potrà fare richiesta di cittadinanza entro due anni dal
compimento della maggiore età.
La speranza è che adesso la discussione sulla riforma non si trasformi
ancora una volta in uno scontro identitario tra schieramenti contrapposti, come
avvenuto in passato: «Ogni tentativo di riforma – ha ricordato non a caso
Brescia – è stato fin qui fortemente influenzato da strumentalizzazioni
politiche e distorsioni mediatiche che hanno solo alzato il volume della
propaganda senza portare alcun cambiamento. Per raggiungere l’obiettivo bisogna
dunque rovesciare il paradigma, evitando inganni ideologici e puntando su un
testo semplice, capace di non prestare il fianco a manipolazioni».
Rispetto a quanto avvenuto fino a oggi, qualche passo in avanti che fa ben
sperare oggi è stato fatto. Dal M5S, che in passato non ha nascosto dubbi a
proposito della riforma, ieri è arrivato un via libera alla legge che fa ben
sperare: «Lo ius scholae è fondamentale per le politiche di integrazione del
nostro paese e coinvolge circa un milione di giovani», ha detto la capogruppo
in Commissione Affari costituzionali Vittoria Baldino. Sì convinto anche dal
Pd, con l’ex viceministro dell’Interno Mauro Mauri che apprezza il lavoro
svolto da Brescia: «Questa è l’ultima occasione – ha detto Mauri – per
approvare la legge entro questa legislatura». Contraria la Lega, che parla del
nuovo testo in discussione come di «uno ius soli mascherato».
* da il manifesto
– 4 marzo 2022
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