Gennaio in
Italia è mese di “ondate di freddo siberiano”, saldi e
aumenti tariffari. Tra i rincari scattati i 1° gennaio, oltre a quelli di autostrade (+5%) e gas (+4,9%), c’è anche
quello dell’energia elettrica. Il
ritocco all’insù è stato dello 0,9%, per una spesa elettrica annuale (al lordo
delle tasse) per la famiglia-tipo nel periodo 1 aprile 2016-31 marzo 2017 pari
a 498 euro. L’incremento, ha spiegato l’Autorità per l’energia
elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi), nel primo trimestre 2017, è
determinato dall’atteso aumento dei costi di acquisto sul mercato italiano
all’ingrosso, sempre più collegato con i mercati elettrici continentali sui
quali si sono verificati forti rialzi; una crescita, aggiunge il Regolatore,
compensata dal calo dei costi di “dispacciamento”, cioè da quei costi
sostenuti dal Gestore della rete, Terna, per il mantenimento in equilibrio
del sistema elettrico.
Dispacciamento
A dirla
così, il normale essere umano capisce che spendiamo di più per colpa degli
“stranieri”, ma che per fortuna risparmiamo grazie al mercato italiano. Ma
sarebbe una lettura errata, visto che il mercato energetico del nostro Paese
nel 2016 è stato oggetto di una delle più grandi speculazioni finanziarie mai
registrate dai tempi della liberalizzazione ne del 1999. E proprio il
Mercato del dispacciamento è stato il terreno di battaglia, dove tra aprile e
giugno scorso oltre un centinaio tra produttori e trader di energia hanno
realizzato guadagni tra gli 850 milioni e il miliardo di euro (la
cifra esatta ancora oggi nessuno è in grado di quantificarla), vale a dire una
cifra nettamente superiore rispetto ai mesi precedenti.
Un banchetto
noto soprattutto ai tecnici, ma che ha influito direttamente sulle bollette
degli italiani.
Il mercato del giorno prima…
Semplificando
molto, il mercato dell’energia funziona così: dato che l’energia elettrica non
è immagazzinabile, il gestore di rete Terna deve essere sicura che alla
domanda di energia del Paese, corrisponda in tempo reale l’approvvigionamento
necessario, per evitare blackout.
L’energia
viene comprata e venduta nella borsa energetica nel cosiddetto “Mercato del
giorno prima”, dove si tenta di prevenire il fabbisogno
dell’indomani, gli operatori fanno le loro offerte e il prezzo finale si crea
dall’incontro di domanda e offerta.
Stabilito il
quanto costerà quel Kilowattora in quella determinata ora, tutti i pacchetti
energetici vengono venduti e acquistati al prezzo di equilibrio. Su questo
mercato – particolare importante – per legge si devono accettare prima le
offerte economiche più basse provenienti dai produttori di energia rinnovabile,
che godono di una corsia preferenziale, come in molti altri paesi europei.
… e quello di riparazione
Ma, la
domanda/offerta prevista il giorno prima non può essere mai precisa al
kilowattora richiesto o offerto effettivamente in tempo reale (anche perché le
rinnovabili sono soggette alle bizze del tempo) e poiché si possono
verificare inconvenienti o intasamenti di linea, esiste un secondo mercato,
quello dei Servizi di Dispacciamento, che funziona come una sorta di mercato di
“riparazione”, al quale Terna, unico acquirente, ricorre per aggiustare
le proprie necessità immediate.
Compra dai
produttori e trader se ha bisogno di immettere energia, o li paga per non
produrre, quando ne ha troppa.
E qui, a
differenza del Mercato del giorno prima, produttori e trader possono fissare
il prezzo liberamente per tutta una serie di servizi necessari a Terna,
forti del fatto che questi ultimi sono necessari per poter mantenere il sistema
elettrico in equilibrio e garantire una qualità adeguata della fornitura (es.
voltaggio).
Il venditore la fa da padrone
«Il mercato
del dispacciamento è diventato sempre più importante. Infatti da un lato quello
del Giorno prima è spesso dominato dalle rinnovabili che hanno costi variabili
pari a zero e che sono intermittenti e incostanti e quindi hanno spesso bisogno
di aggiustamenti successivi. Dall’altro le società che producono energia,
non riuscendo a rimanere profittevoli nel mercato del giorno prima, cercano
nuove fonti di guadagno nel mercato di dispacciamento, visto che lì con
Terna, in alcuni periodi, hanno il coltello dalla parte del manico», spiega
Matteo Di Castelnuovo, Direttore del Master in Green Management, Energy and
Corporate Social Responsibility (MaGER) all’UniversitàBocconi. Insomma, sul
mercato di “riparazione” il venditore la fa da padrone.
Da 40 a 600 euro al Megawattora
E proprio
sul mercato del dispacciamento, tra aprile e giugno del 2016 si sono
registrati picchi anomali di costi, con prezzi medi di 70 euro/MWh, contro
i 40 euro/MWh del Mercato del giorno prima. Ma le punte massime di speculazione
hanno toccato anche i 600 Euro/MWh! Solo ad aprile, per capirci, i maggiori
costi del dispacciamento hanno superato i 300 milioni.
Come ciò sia
stato possibile è facilmente spiegabile: la gran parte dei produttori e dei
trader hanno modificato le loro strategie nel Mercato del giorno prima, in
modo da potenziare il loro potere di mercato (e la loro redditività) su quello
secondario. Inoltre, hanno individuato, i momenti nei quali,
statisticamente, il Mercato di “riserva” registrava i suoi picchi. E ne hanno
approfittato. Parliamo di decine di operatori, grandi e piccoli, che si sono
seduti a un banchetto durato almeno tre mesi e hanno mangiato per oltre un
miliardo!
Tutti costi
scaricati sulle bollette degli utenti finali. Cioè, noi consumatori. Non solo: se l’energia costa
di più, anche le aziende subiscono un danno e quindi, a loro volta, scaricano i
costi sui prezzi dei prodotti, con il risultato che il consumatore ci ha
rimesso due volte. Capito il giro?
Diligenza? Verso gli azionisti non verso i consumatori
Il conto
salatissimo del banchetto non è sfuggito all’Aeegsi, la quale a giugno scorso
è intervenuta imponendo agli operatori di interrompere ogni pratica
“riconducibile a strategie anomale di programmazione e di offerta ”; ha avviato
“procedimenti per l’adozione di provvedimenti prescrittivi e/o di regolazione
asimmetrica” a tappeto per tutti i player accusati di non essersi attenuti
ai “principi di diligenza, prudenza, perizia e previdenza”, previsti dalla
propria normativa; ha minacciato di richiedere indietro i guadagni
ottenuti. Infine, ha anche promesso che “sarà garantito in modo automatico
il rimborso in bolletta degli importi che verranno recuperati con
l’attività di indagine”. Una fortissima presa di posizione che ha
immediatamente portato tutti gli attori a interrompere le pratiche speculative,
determinando così quel calo dei costi di “dispacciamento” cui ha fatto cenno il
Garante annunciando l’aumento delle tariffe.
Ma gli
utenti farebbero bene ad aspettare a stappare lo champagne, perché quei
soldi difficilmente torneranno nelle loro tasche. Come spiega un trader,
infatti, gli operatori non ritengono di aver fatto nulla di illegale:
“Io, come moltissimi miei concorrenti, ho solo approfittato di un buco nel
sistema normativo elaborato dalla stessa Authority. La “diligenza”
auspicata, nel mio caso, va verso i miei azionisti, non verso il pubblico.
E ora, il Garante vuole chiedermi indietro i soldi e per di più in modo
retroattivo? Ma siamo pazzi?”.
Un discorso
difficilmente attaccabile, tanto che a fine dicembre sono già arrivate le prime
archiviazioni da parte del Garante. Inoltre è sicuro che tutti gli operatori
ancora sotto indagine – i cui nomi il Garante non ha reso noti –, se
verranno condannati, faranno ricorso al Tar e, eventualmente, al Consiglio di
Stato. Quindi, ben che vada, potremo rivedere quei soldi nelle nostre bollette
tra 10 anni!
In realtà,
due dei “commensali”, sono noti, Enel e Sorgenia, ma solo perché i due
big sono finiti sotto indagine anche dell’Autorità per la Concorrenza che a
ottobre scorso ha aperto nei loro confronti un procedimento per abuso di
posizione dominante. Per questi, il termine del procedimento è fissato al 30
maggio 2017.
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