22 marzo 2010

OGM: è passato il NO al Mais MON810

La firma del decreto da parte del ministro Zaia, ha seguito il voto unanime della “Commissione sementi geneticamente modificate” istituita presso il ministero delle Politiche agricole. In tale Commissione sono rappresentati:Il Ministro delle Politiche agricole, Il Ministro dell’Ambiente, Il Ministro della Salute, Le regioni Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana e Veneto.

Il voto unanime ha negato il 18 marzo l’autorizzazione all’iscrizione del mais gm MON810 nel registro delle sementi. Come ha dichiarato il Ministro Zaia, è un momento storico per l’agricoltura italiana, che mette fine al lungo dibattito iniziato con l’annuncio della presentazione delle linee guida per la coesistenza a fine gennaio scorso. L’Italia potrà, anche in futuro, vietando con la stessa procedura la coltivazione di altri Ogm:

- salvare il suo patrimonio agricolo basato su colture tipiche e prodotti di qualità ed evitare in tal modo un grave danno all’economia nazionale.

- tutelare i suoi cittadini consentendo la scelta del biologico ed impedendo che un uso 4 volte maggiore di sostanze chimiche – tale è infatti il loro uso con gli Ogm – rechi danno alla salute di tutti, in particolare dei più deboli come i bambini, sempre più colpiti dai tumori e dalle malattie neurodegenerative.

- tutelare la nostra sovranità (autonomia) alimentare impedendo che la produzione e commercializzazione del cibo passino nelle mani di tre o quattro multinazionali insieme al controllo del mercato alimentare non solo nostro, ma del mondo intero. “Gli Ogm - dichiara Fabrizia Pratesi, coordinatrice del Comitato Scientifico EQUIVITA - si sono fatti strada con promesse sulla produttività e sulla sostenibilità mai realizzate (al contrario ribaltate) e con mezzi spesso illegali. Il loro declino, cui stiamo assistendo (ad esempio, la riduzione delle superfici coltivate in UE), è dovuto all’assenza di loro caratteristiche migliorative e ancor più alla presa di coscienza di cittadini ed agricoltori, fino a poco fa inconsapevoli della strategia economica che si celava dietro ad essi.

Una strategia oggi a tutti chiara: quella della privatizzazione del “bene comune” più importante, la materia vivente del pianeta. Tale privatizzazione, ottenuta per mezzo dei brevetti usando il pretesto della modifica genetica, consente di riscuotere diritti ad ogni ciclo riproduttivo. Oggi le multinazionali pretendono di ottenere i brevetti su piante e animali anche senza introdurre una modifica genetica”. (vedi http://www.keinpatent.de/?id=138&L=5) ...

( dal comunicato del Comitato Scientifico EQUIVITA )

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