Guerra in Israele. In centomila per chiedere la fine del massacro. Dopo aver detto che Israele ha il diritto di tagliare i viveri a Gaza, Starmer tace. E crolla nei sondaggi
di Leonardo Clausi *
Per il terzo sabato consecutivo, decine di migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade della capitale per fermare il massacro di civili a Gaza.
Organizzato dalla Palestine Solidarity Campaign, il corteo si è snodato a partire da Embankment fino a Trafalgar Square in contemporanea con altri a Manchester, Glasgow e Belfast.
Il sabato prima erano in centomila, ieri ne sono stati stimati altrettanti. Vietato inneggiare ad Hamas e gridare «Jihad» (che significa «sforzo», «lotta»), pena l’intervento del migliaio di poliziotti schierati, fortemente voluti dalla ministra dell’interno Braverman.
SI SENTE «DAL FIUME AL MARE/la Palestina sarà libera», l’altro controverso slogan proscritto in quanto, sempre secondo Braverman e l’autorità israeliana, esprime un «desiderio violento di cancellazione di Israele», mentre per molti altri non è che un grido di libertà.
Al corteo erano presenti anche gruppi ebraici tutti a sinistra del Labour, come Jewish Solidarity Action, Jewdas, Black Jewish Alliance, Na’amod (ebraico per «staremo in piedi»), il Jewish Socialists’ Group, Jews for Justice for Palestinians e il più influente Jewish Voice for Labour, noto per aver ripetutamente espresso la propria solidarietà a Jeremy Corbyn e che tanto si è prodigato per sfatare la bufala del suo presunto antisemitismo.
Jeremy Corbyn: Quello di Hamas un attacco odioso. Va condannata la violenza contro tutti i civili, indipendentemente dagli schieramenti di cui facciano parte
Nel frattempo, Keir Starmer tace. Il leader laburista non vuole cedere alla pressione montante nel partito, che lo vorrebbe schierarsi per il cessate il fuoco. Resta debitamente incollato a Rishi Sunak e alla sua striminzita richiesta di «pause umanitarie» ai bombardamenti israeliani (all’assemblea generale dell’Onu, la mozione sulla tregua ha visto la Gran Bretagna astenersi). La posizione di Sunak è in ovvia osmosi con quella di Joe Biden: Israele ha il diritto di difendersi, anche quando questa difesa comporti una ferale vendetta sugli oltre ottomila civili inermi finora massacrati.
E IL PARTITO PERDE PEZZI, anche grossi. Lo schieramento è costato finora le dimissioni di 25 consiglieri comunali, soprattutto nel nord, mentre due figure di rilievo come Andy Burnham e Sadiq Khan – sindaci rispettivamente di Manchester e di Londra – e il leader del Labour scozzese Anas Sarwar, si sono espressi sia per il cessate il fuoco che per il rilascio immediato degli ostaggi israeliani assieme ad altri 39 deputati. 250 councillors musulmani hanno scritto al leader perché chieda la fine delle ostilità, mentre sarebbero una dozzina i ministri-ombra pronti a dimissionarsi. Secondo un sondaggio sulle intenzioni di voto, alle prossime politiche la percentuale di elettori disposti a votare Labour è scesa dal 71% al 5%.
I guai sono iniziati giorni addietro quando, ai microfoni della destrorsa emittente radiofonica Lbc, l’avvocato dei diritti umani Starmer afferma che Israele ha il diritto di tagliare i rifornimenti idrici e elettrici a Gaza, provocando dilagante sdegno in migliaia di ascoltatori.
Da allora, il leader è intento in una meticolosa quanto goffa operazione di ricucitura. La tensione nel paese è alta, tanto che ad alcuni parlamentari di primo piano è stata offerta una scorta nel timore che possano subire aggressioni o attentati.
DA SETTIMANE LA MACELLERIA di Hamas e l’oltretomba a cielo aperto che ormai è Gaza squassano le coscienze, politiche e non. Ira, lutti e strazio attraversano impetuosi le comunità ebraica e musulmana britanniche nelle crescenti accuse incrociate, e negli episodi, di islamofobia e antisemitismo.
Un incubo per Starmer, considerato ormai da molti premier in pectore e reduce dal successo della capillare decontaminazione del partito dal corbynismo, filopalestinese e dunque oltraggiosamente eterodosso rispetto all’atlantismo costituzionale del Labour. Ma che ha di nuovo pericolosamente divaricato la base del partito dalla componente parlamentare, che l’era Corbyn aveva riunite come forse mai prima. In un recente articolo nella storica rivista Tribune, lo stesso Corbyn – accusato più volte di essere «l’amico di Hamas» e oggi deputato indipendente – ha condannato «la violenza contro tutti i civili, indipendentemente dagli schieramenti di cui facciano parte», definendo quello di Hamas un attacco «odioso e deplorevole».
CON LO SCORRERE DEL TEMPO e del sangue, per i laburisti la solidarietà univoca a Israele diventerà sempre meno sostenibile, soprattutto in vista della sproporzione fra il proprio, maggioritario elettorato musulmano e quello di fede ebraica. Ma Starmer terrà duro. Gli Stati (e il Regno) Uniti non sono i due principali pilastri di Israele in Medio Oriente per caso. E la special relationship è la stessa che indusse Tony Blair a scodinzolare dietro a George W. Bush nella banditesca invasione irachena.
* da il manifesto - 28 ottobre 2023
nella foto: la manifestazione che si è snodata nelle strade di Londra - leggi anche:
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