6 gennaio 2023

Turchia: Congelati i conti all’Hdp. Messa al bando più vicina

Turchia: Congelati i conti all’Hdp. Messa al bando più vicina

Turchia. Mentre Erdogan gioca al mediatore per l'Ucraina, in casa la Corte costituzionale toglie i fondi al partito della sinistra, impedendogli di fatto la campagna elettorale. E martedì la stessa corte potrebbe decidere di chiuderlo

di  Chiara Cruciati *

Ieri, mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan telefonava a mezza Europa dell’est, a Mus il suo esercito sequestrava la bara di Mîr Perwer, il musicista curdo ucciso il 23 dicembre a Parigi, insieme a Evîn Goyî e Abdurrahman Kızıl.

L’ha poi sepolto, impedendo a migliaia di persone di piangerlo: ci hanno provato, ma di fronte c’erano gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Tra i fermati, anche deputati dell’Hdp.

QUEL PARTITO democratico dei Popoli, formazione multiforme della sinistra turca filo-curda, che poche ore prima si era visto congelare i conti bancari dalla Corte costituzionale, secondo cui parte dei fondi finanzierebbe attività terroristiche. Accusa vecchia: dal 2015 l’Hdp viene costantemente decapitato dei vertici e sfoltito della base per presunto terrorismo (sostegno al Partito dei Lavoratori del Kurdistan, Pkk).

Se nel sud-est ha significato il commissariamento di decine di municipalità e nella detenzione di oltre 7mila sostenitori, in parlamento si è tradotto nella cancellazione dell’immunità e l’arresto di decine di deputati.

Ora conti bloccati dalla magistratura, che dal tentato golpe del 2016 è stata talmente tanto rimaneggiata da essersi di fatto tramutata nell’ennesimo braccio operativo del governo a guida Akp, il partito di Erdogan. Guardate alla sentenza di tre giorni fa del Consiglio di Stato: l’uscita dalla Convenzione internazionale di Istanbul per la lotta alle violenze sulle donne è «legittima», hanno stabilito i giudici rigettando i ricorsi di movimenti femministi e ong secondo cui quel potere non spetta al presidente visto che ad approvare la Convenzione è stato il parlamento.

«LA CORTE HA PRESO una decisione sotto pressione politica», ha commentato la deputata e portavoce dell’Hdp, Ebru Gunay a proposito del blocco dei conti, che fa ora temere l’identico destino dei suoi predecessori: la messa al bando del partito. Il processo in merito, pendente, proseguirà il prossimo martedì con una nuova udienza – ancora di fronte alla Corte costituzionale – e potenzialmente la sentenza definitiva.

La mossa è efficace non solo dal punto di vista mediatico: nei primi 10 giorni di gennaio nei conti bancari dei vari partiti confluiscono i finanziamenti statali, che per l’Hdp nel 2023 ammontano a 539,5 milioni di lire (poco più di 27 milioni di euro), utili all’organizzazione delle attività politiche. Che, in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del 2023, sono fondamentali alla campagna elettorale.

QUELLA DELL’AKP procede invece spedita. Da una parte a suon di regali di facciata (aumento del salario minimo, cancellazione dell’età pensionabile) con un’inflazione che a dicembre ha toccato quota 64% secondo il governo e 137% secondo l’istituto indipendente Enag Inflation Research Group.

Dall’altra tentando di far evaporare l’avanzata delle opposizioni: dell’Hdp, terza forza parlamentare la cui eventuale crescita allontanerebbe l’Akp da una maggioranza stabile, ma anche dei repubblicani del Chp, seconda forza, colpita un mese fa dalla condanna a due anni e mezzo di prigione per insulti alla magistratura del temuto sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, l’unico finora ad aver sconfitto Erdogan due volte (l’Akp aveva costretto la città a ri-votare, ha perso lo stesso).

Il tempo stringe. Erdogan ha fretta. Lo si capisce dall’annuncio fatto ieri alla sezione dell’Akp di Ankara: il voto – previsto per il 18 giugno – potrebbe essere anticipato al 30 aprile o al 14 maggio. Per permettere agli studenti di affrontare sereni la maturità, avrebbe detto. O per non crollare troppo nei consensi.

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«L’Hdp ha superato tanti stress test, non ci cancelleranno» ( 20 marzo 2021)

Turchia. Intervista a Ertuğrul Kürkçü, presidente onorario del partito di sinistra pro-curdo dopo la richiesta di messa al bando mossa dal procuratore capo della Corte d'appello della Cassazione: «Per il governo le prossime elezioni sono un bivio: la vita o la morte. Per questo il processo contro di noi è una mossa politica. Ma Erdogan non otterrà i voti dei nostri elettori: sono stanchi dell’uomo solo al comando»

 di Chiara Cruciati

Pochi giorni fa il procuratore capo della Corte d’Appello della Cassazione turca, chiudendo un’indagine sul Partito democratico dei popoli (Hdp), ha presentato richiesta per la messa al bando del partito di sinistra pro-curdo, accusandolo di «distruggere l’integrità dello Stato turco» insieme al Pkk.

Un’accusa che segue a mesi di pressioni palesi da parte degli ultranazionalisti del Mhp, alleati di governo dell’Akp di Erdogan, per giungere a una chiusura della terza forza politica del parlamento. Ne abbiamo parlato con Ertuğrul Kürkçü, presidente onorario dell’Hdp.

C’è una mossa politica dietro la causa per la chiusura dell’Hdp?

La richiesta del capo procuratore riflette direttamente l’appello politico della coalizione di governo, in particolare degli ultranazionalisti dell’Mhp, le forze più reazionarie di Turchia. La coalizione va verso una politica sempre più reazionaria che minaccia concretamente l’Hdp. Il tentativo di liberarsi dell’Hdp intende produrre due risultati: da una parte eliminare un’opposizione democratica per, fatti i conti matematici, permettere alle forze dell’attuale coalizione di raggiungere il 50% alle prossime elezioni, impresa altrimenti impossibile; dall’altra, l’Akp spera di far transitare verso di sé i voti dell’Hdp, che domina nell’elettorato curdo. Niente a che vedere dunque con la minaccia terroristica: questa mossa è dovuta al disperato bisogno di Erdogan di garantirsi un altro mandato presidenziale. Dai banchi dell’opposizione, l’attuale presidente rischia di essere trascinato in tribunale per i gravi crimini commessi in questi anni. Le prossime elezioni, per la coalizione di governo, sono un bivio: la vita o la morte.

Cosa vi aspettate da questo procedimento legale?

L’accusa di per sé non porta necessariamente alla messa al bando. Questo processo è una questione di lotta politica, sia internamente che a livello internazionale. Tutto dipende dall’equilibrio di forze, non è una questione meramente legale, ma politica. Ogni risultato è possibile. L’accusa è fondata su una base legale debole, casi già persi di fronte alla Corte europea per i diritti umani che ha rifiutato una simile linea di difesa da parte dello Stato turco nel caso di un precedente partito chiuso, il Democratic Society Party. A decidere è la Corte costituzionale: almeno 10 su 15 giudici devono votare a favore della messa al bando. Dipenderà dunque da quanto il governo e il presidente faranno pressioni. Per questo sarà importante il ruolo internazionale: gli Stati uniti hanno già espresso preoccupazioni per il processo e sono certo che anche l’Europarlamento e il Consiglio europeo faranno lo stesso. L’Akp sarà isolato a livello internazionale se sradicherà l’Hdp dall’orizzonte politico turco perché in questi anni il nostro partito è diventato il punto di riferimento democratico di molte realtà all’esterno. Sarà un processo seguito in tutto il mondo e dalle istituzioni internazionali di cui la Turchia è parte. In ogni caso chiudere l’Hdp non avrà gli effetti sperati: i suoi elettori non voterebbero mai e poi mai per l’Akp, attendono solo di liberarsi di questo sistema di un uomo solo, voterebbero per altre forze di opposizione. Sarebbe solo una vendetta delle forze reazionarie, nazionaliste e fasciste del paese.

Intendete reagire politicamente?

Reagiremo come non si aspettano. Si aspettano che l’Hdp adotti una posizione massimalista: boicottare le elezioni, boicottare il parlamento. Non lo faremo, non c’è una spinta popolare verso questo tipo di reazione. Non ci demoralizzeremo né ci disintegreremo sotto le loro pressioni, abbiamo già passato tanti stress test. Inizieremo la nostra battaglia politica con nuove energie. Ascolteremo quanto ha da dire la nostra base e poi prenderemo la decisione.

Da anni l’Hdp è nel mirino di una feroce campagna politica, fatta di migliaia di arresti di leader, sindaci, sostenitori, di processi per terrorismo e commissariamento di centinaia di comuni. Che effetti ha avuto sul partito?

L’Hdp non è semplicemente un partito curdo, non è la continuazione dei partiti del passato che erano partiti curdi sostenuti da forze democratiche turche. L’Hdp è un partito comune di opposizione curdo e turco, ne fanno parte decine di partiti turchi, curdi, con diversi background. Inoltre nei casi precedenti, i partiti curdi erano soli; stavolta il Chp, i repubblicani, si sono apertamente dichiarati al fianco dell’Hdp. Non è un semplice partito ma è il volto di una realtà radicata, di gente che vuole farsi sentire dentro le istituzioni. È unito e questo è un tesoro prezioso. Non ci sono segni di debolezza e di frammentazione e sono certo che troveremo il modo di usare queste risorse umane per difenderci.

Quale oggi la situazione interna nel paese in termini di polarizzazione politica e crisi socio-economica?

La Turchia sta attraversando la peggiore polarizzazione da quando è una repubblica. Ho assistito a molte di queste fasi, dagli anni ‘60, e questa è la situazione più divisiva: in passato erano le forze armate a interrompere i processi politici, stavolta le misure dittatoriali sono prese direttamente da un governo civile, Erdogan e i suoi alleati che ci stanno conducendo verso una dittatura islamico-fascista. Sono loro a definire la realtà, a negare la crisi economica e quella sanitaria. Ma dopo tanti anni la gente non crede più alla carta delle minacce straniere o degli attacchi terroristici giocata da Erdogan. Le recenti operazioni in Iraq contro le forze curde hanno condotto a un risultato inatteso dal governo: tutte le opposizioni, comprese quelle nazionaliste, hanno reagito criticando il governo e chiedendo a Erdogan di assumersi le proprie responsabilità di fronte al parlamento. Lo strumento del nazionalismo non funziona più come prima di fronte alla crisi economica e a quella pandemica. Anche gli elettori dell’Akp stanno calando: secondo i sondaggi, ogni mese la coalizione di governo vede diminuire il proprio consenso, mentre aumentano sia gli indecisi che i voti a favore delle opposizioni. Questa polarizzazione adesso gioca contro Erdogan: il paese non è più spaccato esattamente a metà, l’Akp sta arretrando. Mi aspetto quindi che le forze democratiche internazionali continuino a seguire la situazione in Turchia, altrimenti subiremo un arretramento irreversibile nel paese, nel Mediterraneo, nella regione.

* da il manifesto - 6 gennaio 2023


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