di Guido Ortona *
Guardando ai 5S dall’esterno, e saltando tutte le sciocchezze che vengono fatte da loro e vengono dette su di loro, la prima caratteristica del movimento che balza agli occhi è che esso è l’unico partito che non ha padroni o padroncini (se si esclude qualcuno - non tutti - dei partitini di sinistra, che però oggi contano talmente poco che non mette conto considerarli in quanto segue). Le grandi lobbies, cioè i potenziali padroni, non li amano, e a riprova di ciò fanno di tutto per impedire che possano avere voce in capitolo sulla spartizione della torta europea. E a livello locale non vedo casi significativi in cui i potenziali padroncini puntino su di loro (anche se forse a qualcuno di loro non dispiacerebbe). Ci saranno eccezioni, casi singoli, eccetera. Ma è certamente indicativo che nonostante gli sforzi e i milioni profusi dai professionisti del settore per individuarli, i casi trovati siano stati molto pochi e molto poco significativi. La recentissima (e molto mite) condanna per falso ideologico di Appendino, sindaca di Torino, lungi dallo smentire conferma quanto sopra: il reato da lei commesso (sempre che venga confermato in secondo grado) non ha comportato alcun guadagno a nessuno.
Si può discutere fin che si vuole di ciò che i 5S hanno fatto, per esempio il reddito di cittadinanza (che a me pare un’ottima cosa) o la riduzione del numero di parlamentari (che a me pare sbagliata), ma è certo che entrambi i provvedimenti (e altri) sono stati importanti, e soprattutto sono stati forse gli unici provvedimenti importanti degli ultimi anni non condizionati da interessi lobbistici. L’unica eccezione è il settore dei diritti civili, in cui però provvedimenti progressisti sono tradizionalmente bene accetti dalle lobbies economiche perché ciò dà un po’ di consenso a partiti che sono loro utili senza intaccare i loro interessi.
Quanto sopra, però, comporta due pericoli molto seri.
Il primo è che non appena (e se) i 5S riprenderanno sufficientemente quota, inizieranno le manovre per asservirli agli interessi dei potenti. Fino ad ora questi hanno preferito puntare su altri, cercando di distruggere il movimento anziché comprarlo, ma la storia ci insegna che la tendenza all’acquisto è frequente e frequentemente inarrestabile. È ciò che è successo al PSDI, poi al PSI, poi ai vari eredi del PCI. Non c’è motivo che non succeda anche coi 5S, dandosi le circostanze opportune; che però per adesso non ci sono ancora.
In questo articolo vorrei però attirare l’attenzione sul secondo pericolo, che oggi è più grave, perché sta già producendo i suoi effetti malefici. La mancanza di un padronato di riferimento si associa alla mancanza di uno strato sociale di riferimento; e la combinazione delle due carenze (la prima molto apprezzabile, la seconda meno) fa sì che sia molto difficile trovare degli obbiettivi di politica economica su cui le varie anime del movimento possano concordare.
Parlo di “politica economica” perché è evidente (o dovrebbe esserlo) che oggi il destino di tutti noi dipende come non mai dopo il 1945 dalle scelte che verranno fatte nel campo della politica economica. L’Italia, unico paese dell’Unione Europea, era ancora nel 2019 ben lontana dal recuperare i livelli di PIL e ore lavorate del 2008: e questa catastrofe economica non era inevitabile, è stata dovuta a scelte di politica economica irresponsabili e sbagliate (ma utili a qualcuno), che avrebbero potuto essere evitate. Adesso siamo in una situazione ancora più drammatica e più gravida di rischi della crisi precedente, e per i 5S è molto difficile trovare la strada giusta.
Ne spiego il motivo con due esempi, lascio al lettore la generalizzazione. I disoccupati e i poveri in generale che si rivolgono ai 5S chiedono che vengano aumentati gli stanziamenti di emergenza a sostegno dei redditi. Giusto. Ma i piccoli imprenditori che si rivolgono ai 5S chiedono che vengano ridotte le tasse. Giusto anche questo, forse un po’ meno. Le due esigenze sono conciliabili? A prima vista, no. Oppure: l’Italia dovrà rimborsare i debiti con l’Europa (e pagare i relativi interessi). Ma non è in grado di sopportare ulteriori politiche di austerità, e quindi non avrà le risorse necessarie. È possibile mantenere buoni rapporti con l’Europa senza attuare politiche recessive? Di, nuovo, a prima vista - forse un po’ oscurata dall’euroidiozia che pervade i nostri media - no.
Sono problematiche enormemente importanti ma anche altamente divisive; e come per molti altri partiti, e non solo in Italia, anche fra i 5S mi pare ci sia una tendenza a escluderle dal dibattito, proprio per evitare divisioni. È evidente però che ben difficilmente si possono fare gli interessi del paese se si escludono dall’elaborazione programmatica proprio i temi più rilevanti.
Ora, in entrambi i casi (e in altri) la risposta giusta non è “no”, ma “sì, il modo di conciliare le esigenze apparentemente opposte esiste; però non è banale, e quindi bisogna studiare bene cosa fare”. Paradossalmente, i 5S, il più antipartito dei partiti, è il miglior candidato a diventare ciò che dovrebbe essere un partito per bene: un ente che analizza la situazione, che elabora proposte di compromesso valide e praticabili, e le sottopone agli elettori. Per gli altri partiti la cosa è molto più difficile. Per alcuni la politica giusta è semplicemente quella che fa gli interessi dei loro padroni. Altri sono puramente demagogici. Altri ancora sono bloccati da interessi (non “opinioni”) contrapposti che operano già al loro interno e li obbligano a rifugiarsi nell’empireo di proposte troppo generiche per significare qualcosa. Ma per i 5S questi interessi sono ancora deboli, la contrapposizione è ancora una contrapposizione essenzialmente di opinioni, e quindi – forse - questa scelta di ignoranza programmatica può ancora essere superata.
Vengo allora alla proposta. Gli economisti (e altri scienziati sociali) non neo-liberisti sono più numerosi di quanto risulti dai media padronali, e sono generalmente meglio preparati dei neo-liberisti, come ampiamente dimostrato dal fallimento delle proposte di questi ultimi (fallimento dal punto di vista del popolo; assai meno da quello di alcuni potentati). Fra di loro circolano e vengono studiate in modo piuttosto approfondito delle proposte di politica economica praticabili che consentono di affrontare i dilemmi del tipo di quelli indicati più sopra. Qui non ne citerò nessuna, perché –ripeto- vanno discusse ed elaborate in modo approfondito, non si può e quindi non si deve ridurle a slogan. Però ci sono; suggerisco quindi che i 5S si rivolgano a coloro che le stanno studiando per avere delle indicazioni. Non è difficile trovarli, basta volerlo. Quello che forse è più difficile è appunto volerlo. Ho insegnato economia per molti anni: so che studiare è faticoso, ma so anche che se non si studia non si va da nessuna parte.
* Guido Ortona ( 1947), economista, è stato professore di Politica economica presso l’Università del Piemonte orientale. L’ultimo libro scritto: I buoni del tesoro contro i cattivi del tesoro (Robin, 2016)
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