14 ottobre 2020

Gas serra, l’Italia taglia meno del resto d’Europa. Una road map verde per il Recovery Fund

Dalla conferenza nazionale sul clima le richieste al governo. Dal 2014 al 2018 le rinnovabili in Italia sono cresciute meno del 7%, contro il 14% della media europea e il 16-18% di Francia, Germania e Spagna.

 di Daniela Passeri *

Se fosse una corsa, dovremmo correre dieci volte più velocemente. Negli ultimi 5 anni l’Italia ha tagliato le sue emissioni di gas serra di soli 1,4 MtCO2-eq all’anno, mentre per allinearci agli obiettivi dell’Ue sul clima, dovremo cambiare passo e tagliare 17MtC02-eq all’anno da qui al 2030. Il trend degli ultimi anni, del resto, è allarmante: dal 2014 al 2018 le rinnovabili in Italia sono cresciute meno del 7%, contro il 14% della media europea e il 16-18% di Francia, Germania e Spagna. Sono i numeri presentati ieri alla Conferenza nazionale sul clima organizzata da Italy for Climate (IfC) l’iniziativa promossa da Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e un gruppo di imprese (Chiesi, Conou, Davines, e2i, Illy, ING) in preparazione della COP26, con il patrocinio di Ministero dell’Ambiente, Enea e Ispra. Oltre agli obiettivi, IfC indica come raggiungerli nei vari settori economici, con una road map climatica che vuole essere soprattutto un’indicazione su come spendere i finanziamenti del Recovery Fund, visto che dovranno essere dedicati per il 37% al clima.

Industria. Da sola genera un terzo delle emissioni di CO2 dell’Italia, ma è anche il settore che le ha ridotte di più dal 1990, migliorando i processi produttivi ma anche a causa della crisi del 2008. La strada è ancora in salita: la Strategia climatica prevede per l’industria un taglio del 46% delle emissioni, che dovranno essere svincolate dai trend crescita della produzione industriale, facendo piuttosto ricorso al riciclo dei materiali, a un mix energetico più pulito, più elettrificato e più innovativo (es, idrogeno verde).

Trasporti. In 30 anni il settore non ha ridotto le sue emissioni, pari a un quarto del totale. Il 90% sono riconducibili al trasporto stradale, il 69% delle quali imputabili alle automobili, ancora troppo diffuse, troppo vecchie e inquinanti. Secondo IfC, i trasporti dovranno tagliare le emissioni del 30%. Come? Riducendo il numero di auto in circolazione tramite i sistemi di mobilità condivisa (car sharing) e lo smart working, spingendo sulla mobilità elettrica (con l’obiettivo di 5 milioni di auto elettriche immatricolate nel 2030) e sul ricorso al biometano per il trasporto pesante.

Residenziale. Malgrado il contenuto aumento della popolazione italiana negli ultimi 30 anni, i consumi di energia delle abitazioni sono aumentati del 23%, mentre le emissioni hanno subito una pari riduzione grazie ad un uso energetico più pulito per il riscaldamento (da gasolio a gas) e al miglioramento del mix elettrico nazionale. Per invertire la rotta, la Strategia climatica del residenziale dovrà avere come perno la riqualificazione energetica degli edifici arrivando al 2030 al 2% di edifici riqualificati ogni anno. La metà degli interventi dovranno essere radicali, anche con demolizione e ricostruzione, estendendo e rafforzando il superbonus al 110%. Inoltre, serviranno nuovi incentivi e semplificazione burocratica per aumentare le coperture dei pannelli solari, anche in vista della costituzione delle comunità energetiche.

Terziario. Uffici, servizi, esercizi commerciali hanno aumentato le loro emissioni del 58% dal 1990, ma dovranno tagliarle altrettanto entro il 2030 puntando sull’integrazione delle fonti rinnovabili elettriche negli edifici e sulla riqualificazione energetica, con un tasso di ristrutturazione degli edifici pubblici del 3% l’anno, e la riqualificazione dell’1% annuo del patrimonio edilizio commerciale esistente, a zero consumo di suolo.

Agricoltura. La produzione agricola genera il 10% dei gas serra ed è il primo settore per emissioni di metano che derivano per la maggior parte dagli allevamenti (deiezioni e digestione enterica degli animali). Per allinearsi agli obiettivi climatici (taglio del 30%) sarà necessario sia diminuire il consumo di carne da allevamenti intensivi, sia introdurre pratiche agricole a minore impatto ambientale (filiera corta, biologica, etc.) che vadano ad incidere anche sulle emissioni di protossido di azoto (un quarto delle emissioni in agricoltura) derivanti dall’utilizzo dei fertilizzanti di sintesi.

Gestione dei rifiuti. Contribuiscono per il 4% alle emissioni nazionali, tre quarti delle quali si originano nelle discariche. Oltre a ridurre la quantità di rifiuti smaltiti in discarica al di sotto del 10% entro il 2035, sarà necessario intervenire per migliorare la gestione delle discariche e captare quel 60% di emissioni di metano che ancora si diffondono in atmosfera.

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* da il manifesto – 14 ottobre 2020

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