Chi è Annalena Baerbock, candidata dei Verdi per la Cancelleria alle elezioni politiche tedesche. Apprezzamenti e critiche al programma economico del partito ambientalista in ascesa in Germania
Poggia sulle spalle della 41enne Annalena Baerbock la speranza dei Verdi di ottenere la prima cancelleria della storia politica della Bundesrepublik. È la prima volta che i verdi nominano un candidato per la cancelleria alle elezioni politiche, il che la dice lunga sul percorso compiuto dal partito dai tempi della fondazione nel 1980 ma anche sulle nuove ambizioni, cementate dall’ascesa di una leadership che si propone come pragmatica e meno ideologica e rafforzate dai sondaggi che danno gli ecologisti in ascesa. Con percentuali che oscillano tra il 20 e il 22%, il balzo in avanti rispetto a soli quattro anni fa è impressionante: nel 2017 i Grünen ottennero ancora solo l’8,9%.
Il partito ha da tempo scavalcato i socialdemocratici nel gradimento degli elettori e ora incalza l’Unione di Cdu-Csu, che questa volta si presenterà orfana della cancelliera che per 16 anni ha guidato il paese, Angela Merkel. La distanza fra i due partiti è ancora ampia, 8-10 punti a seconda degli istituti, ma i Verdi ci credono.
Il modo in cui hanno presentato la propria candidatura è considerato dai commentatori politici un segno di maturità del partito, in passato mostratosi frantumato tra le varie caotiche anime del movimento. Soprattutto in raffronto con la guerra aperta che ancora lacera l’Unione, divisa fra Armin Laschet e Markus Söder, sebbene la lotta per la successione in un partito bloccato da oltre 20 anni nella sua leadership possa impressionare solo gli ingenui.
“L’inaugurazione di un nuovo stile politico”, ha detto Robert Habeck, l’altro co-presidente uscito sconfitto ma sorridente dalla competizione interna, proprio a sottolineare la differenza con quel partito che oggi è diventato il vero competitore. I Verdi hanno al contrario esibito serietà e compattezza, il confronto interno si è svolto senza clamori, la decisione era già stata presa da qualche giorno, ma nulla è trapelato all’esterno, neppure dalle più turbolente federazioni regionali. Tutto in silenzio fino alle 11, in una rappresentazione teatrale che legittima le nuove ambizioni degli ecologisti.
A rovinare la luna di miele dei Verdi con gli elettori e soprattutto l’immagine di un partito in grado di colloquiare con il mondo economico, sono tuttavia le critiche e i sospetti un po’ inattesi arrivati nei giorni scorsi dagli imprenditori, dopo la presentazione del progetto del programma economico per le elezioni (e quindi per le trattative di un eventuale governo), che dovrà poi essere vidimato dal congresso a giugno. Inattesi perché sino a quel momento gli imprenditori avevano mostrato grande apertura e voglia di collaborazione, individuando in un partito ecologista moderno e meno ideologico il compagno di viaggio ideale per la transizione verso un’industria digitalizzata e sostenibile.
E invece soprattutto le proposte legate ai temi centrali della campagna elettorale verde – clima e politiche energetiche – suscitano timori. Ad esempio, l’obbligo per la Germania di alzare l’asticella della riduzione di emissioni di gas serra rispetto al 1990 dal 55 al 70% entro il 2030, oppure l’aumento del prezzo del CO2 dagli attuali 25 euro per tonnellata a 60 euro dal 2023. Il prezzo del CO2 è regolato dalla legge sullo scambio di emissioni di carburante (BEHG) che prevede per il 2023 un costo di 35 euro per tonnellata di emissioni.
“La richiesta di prezzi di CO2 più elevati senza alternative adeguate indebolisce la competitività della Germania”, ha detto Joachim Lang, segretario del Bundesverbandes der Deutschen Industrie (BDI), il potente equivalente tedesco della Confindustria, che ha definito “una farsa che crea nuova burocrazia” questa proposta e il programma economico dei verdi in generale “con poche luci e molte ombre”. Gli industriali temono di perdere competitività.
Anche l’accelerazione auspicata dagli ecologisti per la fuoriuscita dal carbone, con l’anticipo dal 2038 al 2030 della fine della produzione di energia a carbone, è stata criticata da Kerstin Andreae, dirigente della BDEW, l’organizzazione imprenditoriale tedesca per l’industria dell’energia e dell’acqua. Andreae, che pure spende giudizi più positivi sul programma economico dei verdi, specie per quel che riguarda l’impulso verso le fonti energetiche pulite, ritiene tuttavia che sul versante del carbone sia necessario “tenere d’occhio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico” e non compiere passi affrettati prima che siano “costruite centrali elettriche a gas” e che sia stato “realizzato con successo l’ingresso in un’economia dell’idrogeno”.
Se tra gli imprenditori prevale adesso delusione per le proposte economiche, non tutti gli economisti sono però pessimisti. Hubertus Bardt, direttore dell’istituto economico IW di Colonia, lo ritiene “essenzialmente un programma molto costruttivo”. Tuttavia, anche per Bardt non mancano i dubbi: “Non è chiaro esattamente per cosa dovrebbe essere utilizzato l’investimento pubblico aggiuntivo proposto di 50 miliardi di euro”, ha detto all’Handelsblatt. In vari punti, gli “approcci interventisti” devono essere discussi in modo critico, come il divieto dei motori a combustione interna dal 2030 o le quote per le donne nei consigli di amministrazione. L’accordo commerciale tra l’Ue e il Canada, Ceta, continua ad essere respinto. Per la politica commerciale, tuttavia, sarebbe un danno immenso, ha concluso l’economista di Colonia.
Annalena Baerbock sarà l’unica donna a concorrere per la cancelleria, si confronterà con il socialdemocratico Olaf Scholz e il candidato che verrà fuori dal braccio di ferro nell’Unione. Sarà anche per questo che nel suo discorso di investitura è sembrata ricalcare un canovaccio merkeliano, se non nei contenuti almeno nello stile: parole semplici, forse anche troppo, temi popolari come scuola e tutela del clima, accenni familiari (alla figlia). La sua carriera politica tradisce la sua giovane età e la scarsa competenza governativa. Classe 1980, nata ad Hannover in Bassa Sassonia, si è laureata in Scienze politiche ad Amburgo, senza poi completare il dottorato, abbandonato per la politica. È entrata nel Bundestag solo 8 anni fa, nel 2013, dove è stata rieletta come capolista nel Brandeburgo nel 2017 (vive a Potsdam). Ha partecipato al gruppo che lavorò alle fallite trattative per la nascita di un governo Unione-Fdp-verdi e dal 2018 è co-presidente del partito assiema a Robert Habeck.
Baerbock ha già fatto capire che rivolterà l’accusa di scarsa esperienza amministrativa in positivo: se volete esperienza e continuità, affidatevi di nuovo alla Grosse Koalition, ha detto polemicamente nella conferenza stampa seguita all’annuncio. C’è bisogno di novità e di guardare al futuro, ha insistito. La scalata alla cancelleria si prospetta comunque difficile. La crescita del partito è già stata consistente rispetto a quattro anni fa (oltre 10 punti), il limite di crescita potrebbe già essere stato raggiunto e questo non basterebbe a scavalcare una pur calante Unione. Ma dietro la sfida più grande, quella della cancelleria, c’è da consolidare un partito che potrebbe comunque essere decisivo e centrale per qualsiasi equilibrio politico del dopo Merkel.
da www.startmag.it - aprile 2021
Pierluigi Mennitti è direttore responsabile della rivista quadrimestrale "Start Magazine". Brindisino, classe 1966, dopo gli studi in Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma è diventato giornalista professionista nel 1992 (quotidiano "Roma" di Napoli, dal 1994 al 2008 gruppo editoriale “Ideazione”, dirigendone dal 2001 al 2007 l'omonima rivista bimestrale di cultura politica. Dal 2001 al 2006, ha diretto la rivista online di geoeconomia “Emporion”. Dal 2007 vive a Berlino da dove ha collaborato con varie testate italiane. Dal 2015 al 2017 è stato collaboratore fisso dell'agenzia Ansa da Berlino. Dal 2017 scrive regolarmente per il quotidiano online "Start Magazine". ( Vedi tutti gli articoli di Pierluigi Mennitti )
Nessun commento:
Posta un commento