25 gennaio 2021

Come potenziare il mercato fotovoltaico italiano nel breve periodo

 di Francesco Luise *

Quali sviluppi a breve del solare fotovoltaico in Italia? Ne parliamo con il Vicepresidente di Italia Solare, Attilio Piattelli.

Il fotovoltaico italiano ha reagito alla crisi causata dalla pandemia e, nonostante i risultati non eccezionali delle ultime aste, ha proseguito la sua lenta crescita. I dati finali dovrebbero dirci che le installazioni 2020 si chiuderanno con poco più di 800 MW di nuova potenza, con un incremento di non oltre il 10% sul 2019. Del mercato nazionale fotovoltaico nel 2020 e degli scenari per il 2021 parliamo con il vicepresidente di Italia Solare, Attilio Piattelli.

Ingegner Piattelli, si tratta di una crescita che interessa tutti i segmenti del mercato in maniera omogenea?

Non si può parlare in realtà di una vera e propria crescita. In ogni caso possiamo certamente dire che il settore ha almeno tenuto in quest’anno di grandi difficoltà legate alla diffusione del Covid. Si è avuto un crollo delle installazioni solo nel mese di aprile 2020 a causa del lockdown totale. Se però pensiamo agli obiettivi al 2030 previsti dal PNIEC, cioè circa 30 GW di potenza aggiuntiva, che dovranno anche essere rivisti al rialzo, la potenza annuale installata dovrebbe viaggiare al ritmo di almeno 2 GW annui per i prossimi 1-2 anni, per poi crescere fino ad arrivare ad attestarsi su valori superiori a 5 GW annui. Sulle potenze installate per i vari segmenti di mercato non si notano apprezzabili cambiamenti tra il 2019 e il 2020 con una ripartizione abbastanza bilanciata tra le tre categorie di potenze 0-20 kW, 20-1.000 kW e sopra il megawatt.

Le ultime aste raccontano di un rallentamento del comparto utility scale. In quello che IEA definisce “scenario accelerato”, la capacità aggiuntiva annuale media potrebbe raggiungere i 4,6 GW durante il periodo 2023-25. È plausibile che la potenza cresca a questi livelli?

Lo scenario di 4,6 GW durante il periodo 2023-25 non può essere considerato uno scenario accelerato, poiché la revisione del PNIEC dovrà prevedere necessariamente questi numeri o anche superiori se vorremo avere una minima possibilità di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 rispetto al 1990.

A che cosa è dovuta l’inefficienza delle aste?

Le aste stanno mettendo in luce alcuni problemi strutturali presenti nel DM FER1, che gli esperti di settore avevano previsto sin dall’inizio. L’impossibilità per gli impianti FV realizzati su terreni agricoli di avere accesso agli incentivi riduce la partecipazione solo a eolico e impianti FV realizzati su terreni industriali, cave e discariche ripristinate e siti bonificati. Ma cave, discariche e siti bonificati hanno spesso notevoli problematiche tecniche che limitano il numero delle opportunità, mentre i terreni industriali hanno in genere prezzi troppo elevati per poter rendere gli impianti FV competitivi in asta. E allora le aste sono prevalentemente appannaggio di impianti eolici.

Quali aspettative ha per i nuovi bandi FER1 e cosa si dovrebbe fare per renderli più efficienti?

La previsione per le prossime aste è che ci sarà tanta potenza non assegnata visto che gli impianti FV hanno poca possibilità di partecipazione e scarseggiano anche le nuove autorizzazioni per impianti eolici: gli iter autorizzativi richiedono tempi lunghissimi e non compatibili con la frequenza delle aste. Per quel che riguarda invece i registri sarebbe necessario apportare correttivi al Registro A2 dedicato alla sostituzione di coperture in amianto poiché l’attuale incentivo di 12 €/MWh è troppo basso e non rende interessanti le iniziative tanto che dei primi 300 MW messi a disposizione nei primi tre bandi sono stati assegnati meno di 50 MW. Italia Solare ha già inoltrato comunicazione formale al MiSE per richiedere un incremento dell’incentivo da 12 a 50 €/MWh, valore che si ritiene ragionevole per poter rendere interessanti i progetti anche al nord Italia.

Per il comparto residenziale, invece, come vede il mercato nel 2021?

Ci sono attese di forte crescita. Non è ancora possibile fare previsioni attendibili, ma il contributo del Superbonus e della cessione del credito introdotta per le detrazioni fiscali del 50% di cui godono anche gli impianti fotovoltaici domestici darà una forte spinta. La cessione del credito se resa strutturale, a differenza del Superbonus che, al momento, dovrebbe terminare a giugno del 2022, permetterebbe un notevole numero di nuove installazioni di impianti domestici per i prossimi anni.

Per i condomini quale impatto avranno le nuove regole per l’autoconsumo collettivo?

Finora c’è stato scarso interesse alla realizzazione di impianti fotovoltaici sui condomini poiché la possibilità di connessione al contatore dei soli servizi generali di condominio limitava sia la potenza installabile che l’autoconsumo. Basti pensare che su circa 900mila impianti già realizzati in Italia solo poche migliaia sono collocati su condomini. Ora, invece, con le nuove norme sull’autoconsumo collettivo sono stati introdotti una serie di benefici molto interessanti che certamente daranno un forte stimolo alla realizzazione di impianti FV a servizio dei condomini. In particolare, mi riferisco alla non necessità di una forma giuridica aggiuntiva, alla possibilità di realizzare impianti fino a 200 kW di potenza senza dover aprire una partita IVA, mentre prima il limite era di 20 kW e, soprattutto, al maggior beneficio che si può avere dall’aver introdotto l’autoconsumo condiviso tra tutti i condomini.

E per le comunità energetiche?

Qui il discorso è diverso perché, pur essendoci un grande interesse, soprattutto di piccoli borghi e aree rurali, l’attuale assetto sembra essere troppo limitante per poter immaginare a breve una notevole diffusione delle Comunità. In particolare, la limitazione alla bassa tensione per gli impianti di produzione e l’estensione della comunità all’area sottesa alla stessa cabina rappresentano dei fattori che rallentano un loro rapido sviluppo. Per vedere un’ampia diffusione di queste configurazioni sarà forse necessario attendere il pieno recepimento di quanto previsto dalla RED II con l’auspicata estensione delle comunità energetiche anche alla media tensione.

Quali sono le aspettative della sua associazione sul mercato degli impianti FV in market parity?

Oggi si è arrivati ad un punto in cui la riduzione dei costi di realizzazione degli impianti di grandi dimensioni, o “utility scale”, fa sì che ci sia convenienza a realizzarli anche in totale assenza di incentivi, facendo affidamento solo sulle remunerazioni derivanti dalla vendita di energia. Siamo però in una situazione paradossale: il solare è una fonte a cui il PNIEC affida il maggior contributo al 2030, ma il cui sviluppo è limitato da un contesto nazionale non favorevole alla realizzazione dei grandi impianti, soprattutto se sono su terreno agricolo. Una situazione illogica. Qualora per assurdo il 100% degli attuali obiettivi al 2030 per il fotovoltaico fosse ottenuto con la sola realizzazione di impianti a terra l’area occupata sarebbe inferiore a 60.000 ettari, pari allo 0,36% della superficie agricola italiana, comunque inferiore all’area agricola che ogni anno viene dismessa e persa per l’agricoltura.

La soluzione?

Basterebbe individuare le caratteristiche che devono avere le aree agricole marginali oggi non utilizzate a fini agricoli e permetterne l’utilizzo a fini energetici. Purtroppo, c’è ancora una contrapposizione tra mondo delle rinnovabili e quello agricolo. Bisognerebbe invece comprendere che esiste una interessante sinergia tra i due settori. La transizione verso aziende agro-energetiche potrebbe rappresentare anche un concreto elemento di rilancio del settore agricolo.

Parliamo di storage. Qual è la situazione di mercato?

Me la vorrei cavare con una battuta: “fino a quando ci sarà in Italia un capacity market non aperto alle rinnovabili lo sviluppo degli stoccaggi sarà sempre ostacolato”. Se poi vogliamo parlare in concreto, fino ad oggi non si è fatto assolutamente nulla per agevolare la diffusione degli accumuli né a livello domestico, né a livello commerciale o industriale e neppure su scala utility. La presenza dello scambio sul posto fino a 500 kW ha poi di fatto ostacolato l’ottimizzazione dell’autoconsumo e quindi anche il ricorso agli accumuli.

Cosa lo favorirebbe invece?

Almeno a livello domestico, le cose stanno cambiando poiché sia il Superbonus che le Comunità di energia rinnovabile permetteranno una buona diffusione degli accumuli domestici. Per il segmento industriale e commerciale, a parità di costo per lo Stato, basterebbe permettere di poter optare per un premio sull’autoconsumo anziché sull’immissione in rete. A livello utility scale sarebbe necessario introdurre veri criteri di remunerazione dei servizi di rete: riserva di capacità, regolazione di frequenza e tensione, specifici per gli accumuli, al momento assenti. Diciamo che la loro introduzione darebbe fastidio ai produttori di energia da fossili; fa comodo a molti poter continuare a sostenere che eolico e fotovoltaico non sono fonti programmabili.

Possiamo fare una stima su giro d’affari e occupazione nel breve periodo?

Se consideriamo i nuovi obiettivi al 2030 si possono fare delle rapide stime che prevedono almeno nuova potenza di 20-25 GW entro il 2025 e non meno di 60 GW al 2030, numeri in linea anche con le previsioni a breve della IEA. Possiamo dire che 5 GW annui rappresentano a grandi linee 4-5 miliardi di euro di giro d’affari ogni anno e un’occupazione di circa 35.000 unità a cui si vanno ad aggiungere gli occupati permanenti impiegati per le attività O&M che, al 2025, potrebbero essere 50-55mila. I dati sono quelli di uno studio del GSE sulle stime di occupazione per MW installato.

Come potrà beneficiare il fotovoltaico delle risorse del Recovery Fund?

Il Recovery Fund dovrebbe supportare questa consistente crescita promuovendo un maggior sviluppo del fotovoltaico domestico, dove serve ancora un supporto alla realizzazione degli impianti, con misure come superbonus e cessione del credito. Ma poi servirà il sostegno all’agro-fotovoltaico e allo sviluppo dei sistemi di accumulo. Purtroppo, ad oggi, sulla base dei documenti che sono circolati, sembrerebbe ancora mancare di quella visione organica necessaria al settore per poter ottenere i numeri attesi.

* da www.qualenergia.it – 19 gennaio 2021

 

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