di Andrea
Ranieri *
Vedo in giro a sinistra un po’ di gioia eccessiva nel
registrare la crisi dei 5Stelle e le disavventure di Di Maio. Tanto più quando
non è alle viste nessuna alternativa credibile in grado di raccogliere lo
scontento e l’indignazione che fu alla base del successo dei 5Stelle.
La crisi è gravissima non solo per l’inadeguatezza dei
ministri e la timidezza verso i diktat di Salvini, ma perché la logica del
patto di governo e le modalità in cui si attua stanno mettendo in discussione
le ragioni di fondo per cui migliaia di donne e di uomini decisero di
impegnarsi coi 5Stelle e di dar loro fiducia. Essi, infatti, vedono ora messi
in discussione, in attesa del reddito di cittadinanza che verrà quando verrà,
tre presupposti fondamentali della loro identità: la democrazia partecipata, la
lotta senza quartiere alla casta, l’ambientalismo. Di quest’ultimo mi interessa
parlare qui.
L’ambiente è stato la più fulgida delle stelle del
Movimento di Grillo.
Molti degli attuali parlamentari sono arrivati lì dopo
esperienze di difesa e di tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico del
Paese. Contro le grandi opere e la cementificazione del territorio. La maggior
parte dei militanti continua ad avere nell’impegno ambientale la propria
ragione fondamentale a fare politica. E ora che il riscaldamento climatico
comincia a far sentire i suoi effetti devastanti, acuiti dall’incuria decennale
della manutenzione del territorio, si sentono più che mai confermati in questa
missione politica.
Ebbene, Salvini e la Lega sono una componente
importante del partito dei cementificatori. Quelli che di fronte ai disastri
del Veneto accusano “gli ambientalisti da salotto” per non fare i conti con chi
nel Nord Est ha fatto politica e ha fatto i soldi sulla base di un modello di
sviluppo che ha ricoperto di fabbriche, di case, di strade il territorio in
maniera superiore a qualsiasi altra regione d’Europa. Quel modello di sviluppo
che mangiava la terra lo hanno denunciato già decenni fa grandi scrittori come
Rigoni Stern e Zanzotto, le coscienze critiche più alte di quelle terre. Ma
quei distruttori di terra e di paesaggio sono oggi la base elettorale della
Lega. Il sovranismo feroce, la ricerca del consenso immediato al primo posto
tengono insieme il disprezzo dei diritti dei diversi con il sacrificio del
futuro. Trump insegna. La logica che porta a chiudere le porte ai migranti è la
stessa che toglie ogni limite all’uso delle energie fossili per accelerare la
crescita.
Nel contratto di governo c’è una parte importante
dedicata all’economia circolare per ridurre al minimo l’impatto dell’attività
umana sugli equilibri naturali. Che richiede un nuovo modo di fare i prodotti,
privilegiando la lunga durata al rapido cambiare dei modelli, progettandoli a
partire dal possibile riuso delle loro componenti, riducendo il percorso delle
merci per tendere sempre di più verso un modello di produzione e di scambio a
chilometro zero, per produrre energia sempre più a scala del territorio.
Questa logica e questa visione del futuro – più ancora
che il rapporto fra costi e benefici – dovrebbero orientare le scelte sul TAP,
sul TAV e sulle ennesime pedemontane venete. Siamo a due passi dall’abisso, e
TAP e TAV ci fanno fare due passi avanti rispetto al precipizio, confermando la
logica che ci ha portati a questa situazione insostenibile. Purtroppo questa
proiezione verso il futuro, che (insieme al reddito di cittadinanza) è la parte
più 5Stelle del contratto di governo, è a oggi marginale nel dibattito politico
e nell’azione del governo. È questa la contraddizione fondamentale del Governo
gialloverde.
Parallelamente su queste questioni il PD sembra più
vicino alla Lega che ai 5Stelle, la sinistra “alternativa” è divisa e
marginale, i Verdi italiani stentano e dare segni di vita. Rischia, dunque, di
non trovare una sponda politica quello che il successo dei Verdi nelle recenti
elezioni in Baviera e Assia ha rivelato: il fatto che una parte consistente del
popolo “indignato” contro la politica dei grandi partiti storici comincia a
declinare la richiesta di sicurezza in termini ambientali invece che
polizieschi. Il riscaldamento climatico comincia finalmente a far paura più
delle migrazioni.
Ci stanno provando i movimenti che attraversano il
Paese a tenere insieme democrazia partecipata, ambiente, lotta contro le
logiche securitarie e il familismo patriarcale ritornante. Le donne in prima
fila. E gli studenti. La manifestazione No TAV dell’8 dicembre a Torino può
essere un momento decisivo per sciogliere tra il popolo e con il popolo le
contraddizioni in cui si stanno logorando i 5Stelle.
Il PD ha manifestato a Torino per il sì al TAV con la
Lega, Forza Italia e Confindustria e, in nome dell’occupazione, ha trovato al
suo fianco anche una parte consistente del sindacato.
Eppure il sindacato, soprattutto la CGIL, ha fatto in
questi anni grandi passi in avanti per tenere insieme la battaglia per
l’occupazione e il piano di risanamento ambientale del Paese. Nel piano del
lavoro della CGIL la priorità sono le opere per la riconversione ecologica
dell’economia e interventi puntuali per risanare e mettere in sicurezza il
territorio. Nella convinzione che lì può essere la buona occupazione del
futuro, quella che dura anche perché è ambientalmente sostenibile. Non certo le
grandi opere che distruggono territorio sulla base di un’idea di crescita che
rischia di rendere irreversibile il disastro ambientale.
La cosa per me più inquietante del recente passato è
la foto in cui Trump firma l’atto di riapertura delle miniere di carbone e la
soppressione di limiti stabiliti da Obama alla produzione di energia da
carbone, in mezzo a un gruppo soddisfatto di lavoratori col casco da minatori.
Da quel giorno ho un incubo ricorrente: vedere Salvini, libero da quei rompi
palle dilettanti dei 5Stelle, a capo di un governo di destra senza se e senza
ma, dare il via definitivo al TAV fra lavoratori plaudenti.
Spero che l’8 dicembre una imponente manifestazione No
TAV mi liberi dall’incubo.
* da www.volerelaluna.it - 6 dicembre 2018
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