5 maggio 2011

Referendum in RAI: votato un pessimo Regolamento


di Massimo Marino

In Commissione di Vigilanza RAI è stato votato ieri pomeriggio il Regolamento sulla cosiddetta par condicio per i referendum, dopo che tutti i consiglieri di viale Mazzini hanno ratificato la nomina di Lorenza Lei Direttore generale al posto di Masi. La quale dovrà gestire la spinosa questione dei quattro referendum del 12 e 13 giugno sull'energia nucleare, l'acqua privata e il legittimo impedimento.

Dopo settimane di rinvii per l'ostruzionismo ( per sette volte, a partire dal 4 aprile ) di Pdl e Lega Nord, esattamente con un mese di ritardo, dopo l'intervento del presidente Zavoli e dei presidenti di Camera e Senato, ieri la Vigilanza ha votato il testo che dovrebbe garantire, a chi ancora segue la Rai, l'informazione sui referendum. Un pessimo regolamento di undici articoli, che obbliga il servizio pubblico a indire tribune referendarie, “con il dovere di prevederle anche nelle fasce orarie di massimo ascolto (18-22 e 30)”, trasmettere i messaggi autogestiti, trasmissioni di approfondimento dedicate al tema dei referendum e l’informazione nei telegiornali. Il Regolamento prevede, una volta approvato, che l’informazione sui referendum resti nei confini previsti e nella parte in cui decide gli aventi diritto alla tribune referendarie, mette l’obbligo di due parlamentari quando ne è sempre bastato uno. Un modo per riinfilare i partiti e delimitare la presenza dei movimenti promotori.

I membri della maggioranza avevano fatto sapere da tempo, ( ormai non c’è più niente di cui stupirsi in questo incredibile paese ), che avrebbero posto fine all'ostruzionismo sul regolamento per i referendum ( che è un atto dovuto) se fosse stato messo nel calendario dei lavori della commissione il “documento Butti”. Infatti in realtà più che le pressioni di Zavoli i partiti al governo hanno incassato la messa in calendario dell’ atto di indirizzo sul pluralismo, la famosa bozza di Alessio Butti (Pdl ) che tra l'altro prevede, per le giornate di martedì e giovedì, di alternare i conduttori con un orientamento di centrodestra a conduttori con orientamento di centrosinistra: martedì e giovedì, cioè, senza fare nomi, Santoro, Floris e Dandini. Insomma un altro tentativo di sanzionare un bipolarismo televisivo sempre meno presente nel paese; impostazione che, seppure in modo inconfessabile, ha diversi estimatori non dichiarati. Per giunta la proposta Butti impone che «nei talk show i partiti parlino in proporzione alla percentuale di voti ottenuta: è la cristallizzazione del consenso elettorale. Come che sia “ la Commissione di Vigilanza è convocata il 17 maggio per approvare l'atto d'indirizzo sul pluralismo entro il 19 “ ed il Regolamento è stato votato da tutti, tranne il radicale Beltrandi.

Ieri si è conclusa anche la stagione di Mauro Masi in Rai. Il quale, come ultimo atto da Direttore generale, ha firmato il trasferimento di una redattrice esterna di Porta a Porta al Tg1 di Minzolini. Quasi un atto per ribadire che comunque la RAI è “cosa nostra”. La sua assunzione al telegiornale di Rai1 può causare - secondo i sindacati - centinaia di ricorsi di tutti i giornalisti precari che lavorano negli altri programmi del servizio pubblico.

Ovviamente positivo, forse con qualche elemento di superficialità, il commento dei Comitati, in particolare quelli per l’Acqua Pubblica, che da una settimana e ieri in particolare, davanti a Palazzo Maputo hanno manifestato sottolineando che di fatto metà della campagna referendaria almeno alla RAI è sfumata. In realtà aprire il varco alla logica del bipolarismo imposto del documento Butti è un precedente gravissimo con i quale i partiti principali “occuperebbero” definitivamente la RAI mentre dovrebbero invece esserne allontanati; problematica sulla quale la discussione nei movimenti che operano nel paese è decisamente carente e superficiale.

Inoltre, come ha sottolineato Di Pietro, forse "è già troppo tardi" per informare i cittadini e soprattutto per portarli al voto. Ricordando che le schede sul nucleare non potranno essere stampate prima della sentenza della Corte il che significa che il quorum non sarebbe più del 50% ma del 60% perché i quattro milioni di italiani che vivono all`estero saranno probabilmente tagliati fuori visto che non riceveranno in tempo le schede.

A meno che il Capo dello Stato ( se no chi altri?) prenda una iniziativa per garantire che tutti gli italiani che ne hanno diritto e volontà possano esprimere il proprio voto.

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