3 agosto 2020

Contro l’automobile, il libro di Andrea Coccia sul culto tossico delle quattro ruote

di Davide Mazzocco *

 Nel pamphlet pubblicato da Eris Edizioni una prospettiva critica sul mezzo di trasporto che da oltre un secolo condiziona economia e società

Esce in libreria il 28 febbraio, per i tipi di Eris Edizioni, Contro l’automobile, il saggio di Andrea Coccia che racconta come, nell’ultimo secolo, questo mezzo di trasporto sia potuto diventare la spina dorsale dell’economia mondiale, plasmando le infrastrutture e, con esse, l’intera società. Un libro breve, denso e illuminante, di critica radicale a un’industria automobilistica che ha orientato (e forzato) le scelte politiche ed economiche della maggior parte del Pianeta.

Il tema dell’impatto ambientale viene lasciato in controluce da Coccia che preferisce concentrarsi sugli aspetti economici e sociali della questione. La critica all’automobile diventa così una critica alla struttura socio-economica che l’industria dell’automotive ha creato agendo innanzitutto sull’immaginario collettivo: “Difficile avere ancora il timore di dirlo: l’automobile è il cuore pulsante del capitalismo. È il punto di appoggio e insieme il propulsore del sistema economico che ci sta mandando ai pazzi spazzando via il tessuto sociale e politico delle nostre comunità, in città e in provincia. Ognuna delle anime del tardo capitalismo è perfettamente incarnata dall’auto, simbolo vivente dei bisogni dell’individuo su quelli della collettività, ma anche della legge del profitto su quella della sostenibilità. Della crescita all’infinito sulla ricerca dell’equilibrio”.

Per riuscire a conquistare i mercati e mantenere le quote di mercato, l’industria automobilistica ha lavorato sull’immaginario collettivo ed è proprio da qui che Coccia parte, parlando del bombardamento mediatico al quale veniamo sottoposti e che ci propone le quattro ruote come sinonimo di “velocità, avventura, privilegio, libertà”. Ma si tratta davvero di libertà se trascorriamo dentro un abitacolo 24 ore al mese e se un quinto di quello che guadagniamo è necessario a pagare l’assicurazione, il bollo, la manutenzione e il carburante della nostra auto?

Fatta questa premessa, l’autore torna alle origini, racconta l’epoca pionieristica di Karl Benz e Louis Renault ma soprattutto di Henry Ford, l’uomo che rivoluziona la fabbrica e intuisce che l’automobile potrà diventare un prodotto di massa. Perché il piano dell’industria automobilistica diventi il “delitto perfetto” occorre battere la concorrenza delle ferrovie e, contestualmente, creare delle strade precluse a cavalli, ciclisti e pedoni da percorrere ad alta velocità.

Se negli Stati Uniti la “cospirazione della General Motors” lavora per indebolire le ferrovie, negli anni Venti, in Italia, l’ingegnere Piero Puricelli progetta quella che sarà la Milano Laghi ovverosia la prima autostrada d’Europa. Fra i finanziatori vi è Gianni Agnelli, fondatore della Fiat. Il boom economico del Secondo Dopoguerra porta con sé un incremento delle vendite di automobili che va oltre ogni più rosea aspettativa: negli Stati Uniti i veicoli circolanti triplicano in un quarto di secolo, passando dai 30 milioni del 1947 ai 96 milioni del 1972.

In Italia la progressione è ancora più esplosiva di quella statunitense: in soli diciannove anni si passa dalle 342mila autovetture del 1950 ai 9 milioni del 1969. Il mezzo diventa il fine: le città e le infrastrutture dell’intero Paese vengono costruite per assecondare lo sviluppo dell’industria automobilistica.

Le conseguenze sulla coesione sociale sono molteplici: le classi meno abbienti popolano le zone suburbane e colmano con il proprio tempo e con la guida il gap economico che le separa dalla possibilità di risiedere nelle zone centrali, i negozi di prossimità chiudono strozzati dalla Grande Distribuzione che riempie i bagagliai una volta alla settimana e lo spostamento della logistica dalle ferrovie al trasporto su gomma rende più difficoltoso organizzare proteste in grado di bloccare un intero Paese.

Nella pars construens conclusiva Coccia spiega come smettere di guidare, laddove le condizioni lo rendano possibile, significhi riconquistare il proprio tempo e “sovvertire il mondo del lavoro che plasma le nostre vite in modo altamente tossico”.

Foto: Andrea Coccia, autore di Contro l’automobile

da www.ehabitat.it - 11 febbraio 2020 - Foto Pixabay


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