La Libia resta un paese senza legge, con milizie
rivali che combattono battaglie per le strade di Tripoli e oltre 1 milione di
persone che necessitano di aiuto. Ma gli ‘interventisti liberali’ dell’Occidente
non s’interessano alla catastrofe da loro creata.
di
Neil Clark *
“A
centinaia evadono di prigione fra scontri mortali a Tripoli” recitava un
titolo sul sito web BBC News la prima settimana di settembre. Oltre 60 persone
sono morte nei combattimenti in corso, con molti altri feriti e centinaia di
comuni cittadini sfollati. I disturbi più recenti sono iniziati dopo che la 7a
Brigata di Fanteria ” Kaniat " di Tarhuna è avanzata da sud nella capitale
scontrandosi con una coalizione di milizie tripolitane. E’ davvero difficile
mantenersi aggiornati su chi combatta chi. Se si pensa che la situazione in
Siria sia complicata, non s’è prestata grande attenzione alla Libia. Come
riconosceva l’articolo BBC: “La Libia fronteggia un caos continuo da
quando milizie sostenute dalla NATO, alcune di esse rivali, rovesciarono il
colonnello Gheddafi, sovrano da lungo tempo, nell’ottobre 2011”.
La Libia ha
governi rivali, che però non controllano la maggioranza del paese. Non c’è
alcun ‘dominio della legge’, solo quello del fucile. La regressione della Libia
da pese col più alto indice di Sviluppo Umano in tutta l’Africa ancor solo 10
anni fa a un pericolosissimo frammentato stato fallito è dura da recepire.
L’anno scorso, l’agenzia ONU OIM (Organizzazione Internazionale per i Migranti)
riferiva che nel paese erano tornati i mercati di schiavi.
Il crollo
economico e societario ha avuto un impatto devastante sulla vita dei libici
comuni.
Si prenda la
sanità. Uno studio di Valutazione su Disponibilità e Prontezza di Servizio del
2017, condotto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal ministero
della Sanità rilevò che 17 dei 97 ospedali sono chiusi e solo quattro ospedali
erano funzionanti al 75-80% della propria capacità. Oltre 20% delle strutture
sanitarie primarie sono chiuse, mentre il resto non sono “ben pronti alla
erogazione di servizi “. Nel maggio 2016, anche la OMS espresse ‘gran
preoccupazione’ per la morte di 12 neonati nell’unità di cura intensiva del
Sabah Medical Centre a Sabha, in Libia del sud; registrando: “Le morti sono
avvenute per concorso di un’infezione batterica e mancanza di personale
sanitario specializzato per provvedere assistenza medica.”
Anche il
sistema educativo è in stato di collasso o quasi. Nel 2016 fu riportato che
l’inizio dell’anno scolastico veniva posticipato a causa di “mancanza di libri,
mancanza di sicurezza e molti altri fattori.” Si è notato che l’anno
scolastico libico non è stato regolare dalla caduta di Gheddafi. Quest’anno,
l’UNICEF ha detto che 489 scuole hanno avuto effetti dal conflitto e che circa
26.000 studenti sono stati costretti a cambiare scuola causa le chiusure. L’UNICEF
dice anche che 378.000 bambini in Libia hanno bisogno di assistenza umanitaria,
268.000 hanno bisogno di acqua sicura, trattamento adeguato delle acque reflue
e igiene, e che 300.000 hanno bisogno di istruzione nel sostegno alla gestione
emergenze. Complessivamente 1.100.000 persone in Libia hanno bisogno di
assistenza umanitaria.
Data la
pessima situazione non sorprende che tanti libici se ne siano partiti o stiano
partendo. Nel 2014, è stato riferito che sono fuggite in Tunisia fra 600.000 e
1 milione di persone. Aggiungendoci anche quelli fuggiti in Egitto o
altrove, è probabile che la cifra superi i 2 milioni, alquanto impressionante
considerando che la popolazione della Libia nel 2011 era di circa 6 milioni.
Come ho
sostenuto in un precedente editoriale, l’assalto occidentale alla Libia è stato
un crimine ancor peggiore che l’invasione dell’Iraq perché è avvenuto dopo. Non
c’erano davvero scuse per nessuno, vedendo com’era finita l’operazione di
‘cambio di regime’ nel 2003, nel sostenere una simile avventura in Nord Africa.
Eppure, i responsabili dell’accaduto non hanno fronteggiato alcun ritorno in
scena.
Il primo
ministro UK dell’epoca, David Cameron, è incolpato del Brexit (dai remainer )
ma non per quanto ha fatto alla Libia e le asserzioni fatte per giustificare
l’azione militare. E ciò alla faccia di un rapporto della Commissione Affari
Esteri della Camera dei Comuni, che concludeva cinque anni dopo che “l’asserzione
che Muammar Gheddafi avrebbe ordinato il massacro di civili a Bengasi non era
suffragata dalle prove disponibili.”
Nicolas
Sarkozy, il presidente francese nel 2011, ha di fronte un processo (o più
processi) in relazione a tre diverse indagini, fra cui l’aver accettato denaro
da Gheddafi in aiuto alla sua campagna elettorale, ma non è stato ancora
imputato per il suo ruolo nella guerra.
Bernard-Henri
Levy, il filosofo considerate da alcuni il padrino intellettuale
dell’intervento occidentale – e che si vantò “di essere i primi a dire che
Gheddafi non è più il rappresentante legale” – è impegnato in un assolo
anti-Brexit, mentre il paese che ha contribuito a ‘liberare’ brucia.
Negli Stati
Uniti e nei circoli ‘liberal’ dell’Occidente, Barack Obama e Hillary Clinton
sono trattati da celebrità perché non sono Donald Trump, ma quel che il duo ha
fatto alla Libia è molto peggio di qualunque cosa Trump abbia combinato finora.
E il
ministro britannico dell’Interno, sotto la cui vigilanza furono revocati gli
ordini di controllo sui membri del Gruppo Combattente Islamico Libico
anti-Gheddafi, tal Theresa May, è adesso primo ministro e cerca di esibire un
livello morale superiore contro la Russia. Come beffa oltre al danno, è invece
un politico che s’oppose all’azione NATO del 2011, Jeremy Corbyn, ad essere
sotto costante attacco mediatico e dipinto come aldilà di ogni limite. Quant’è
disonesto tutto ciò?
Tornando
all’attuale violenza, mentre scrivo risulta che tenga una tregua mediata
dall’ONU ai combattimenti nel sud di Tripoli, ma tenendo conto di come sono
crollate tregue precedenti non si può essere ottimisti. Parte del problema è
che il paese è zeppo di armi. La triste verità è che la Libia è a pezzi e
probabilmente non verrà mai più rimessa insieme. È stato commesso un grosso
crimine, ma non lo si direbbe giudicando dall’attenzione negatagli dai media.
Abbiamo
avuto un gran dibattito quest’estate in Gran Bretagna sul ‘diritto ad esistere’
d’Israele – e se dubitarne renda ‘antisemiti’, ma la realtà è che la Libia –
come stato moderno, funzionante – ha cessato d’esistere. E nessuno nei circoli
d’élite, istituzionali, sembra preoccuparsene minimamente. Considerate quanti
centimetri d’articoli sono stati dedicati a ‘salvare’ la Libia nei preparativi
dell’intervento ‘umanitario’ NATO sette anni e mezzo fa, rispetto alla carenza
di opinioni espresse sul paese oggi. Provate a evocare in qualche motore
di ricerca i nomi di qualche eminente falco mediatico e ‘Libia’ e trovate che
tendono ad essere come assenti dopo il 2011 – spostando l’attenzione alla
propaganda del ‘cambio di regime’ in Siria. La sola conclusione che si può
trarre è che il loro unico interesse nel paese era vedere rovesciato Muammar Gheddafi.
Dopo che questo è stato raggiunto, chi se ne frega?
* da www.serenoregis.org
- traduzione di Miki Lanza - 21 settembre 2018
Leggi anche:
- Centinaia di
migranti abbandonati in campi libici senza cibo causa i combattimenti (più
reportage)
Origine: Neil Clark – www.trascended.org
RT , 7 settembre 2018
Titolo originale: Libya in Chaos Seven Years after NATO’s ‘Liberation’, but Who Cares?
Titolo originale: Libya in Chaos Seven Years after NATO’s ‘Liberation’, but Who Cares?
Neil Clark è
giornalista, scrittore, titolare di trasmissioni e blogger.Ha scritto per molti
giornali e riviste nel Regno Unito e in altri paesi, fra cui The Guardian, Morning Star, Daily and Sunday Express,
Mail on Sunday, Daily Mail, Daily Telegraph, New Statesman, The Spectator, The
Week, eThe American Conservative. E’ opinionista regolare suRT
[RussiaToday/RadioTimes?] ed è anche apparso alla tv e alla radio BBC,
Sky News, Press TV ela Voice of
Russia. E’ co-fondatore della Campagna per la Proprietà Pubblica
@PublicOwnership. Il suo blog titolare di riconoscimenti: www.neilclark66.blogspot.com.
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