L’Ue ha
concentrato biecamente i propri sforzi sull’economia “ingegneristica” anziché
su quella “etica”
di Beppe
Grillo *
Esiste una
morale europea? No. La morale è di chi sceglie il proprio comportamento in modo
libero, in relazione a un insieme di riferimenti che, ovviamente, fanno capo a
un certo gruppo sociale. Un esempio… gli italiani: difficile dire quanto siano
riuniti entro una cerchia omogenea di riferimenti morali (una percezione comune
del bene e del male). Negli ultimi tre decenni, il Paese ha visto i suoi
confini sbiadirsi progressivamente e asimmetricamente. Siamo italiani ed
europei al contempo. La giustapposizione di queste due identità ha avuto
conseguenze sulla percezione del bene e del male, sulla morale e sull’etica?
Andiamo un
attimo in Spagna: gracidano ancora i postumi del referendum catalano, eppure
già sappiamo una cosa, con certezza: quanto latte produci è un problema
europeo, mentre un possibile stravolgimento dei confini interni non lo è.
“L’Europa si è espressa”… Quel gruppo di banchieri che pretende di esserne il
faro dice “sono affari interni della Spagna!”. Probabilmente c’è soltanto da
ringraziare il cielo per questo ma… cos’è un affare interno dell’Europa? In
questa logica non stupisce che in Spagna un vecchio attrattore sociale tenda a
sostituire il nulla generale: vedi Catalogna.
Ma qualcosa
non quadra: cosa fare per la svendita dei beni e delle garanzie pubbliche in
corso non è più “questione entro la sovranità nazionale” di Spagna, Italia,
Olanda e Grecia! Non rimane più nulla che un Paese europeo, o un gruppo
culturale ancora vivo al suo interno, possa decidere da solo.
La sovranità
nazionale non esiste più, violentata e risucchiata dai tentacoli europei.
Oramai questa stranezza è vissuta come fosse normale: mi si è dimezzata la
pensione, devo mangiare porcherie cinesi, ma non saprei dire neppure se mi
riguarda come uomo, come italiano o come europeo. Esiste un riferimento morale
che mi aiuta a capire se è accettabile o no che le ragioni finanziarie possano
cambiare le Costituzioni con molta più efficacia di quelle popolari? Per quanto
l’euro sia una cosa che entra comodamente ma non esce mai più, una sorta di
spada nella roccia, non è detto che dobbiamo diventare tutti psicopatici
(vivere sprovvisti di un senso morale collettivo).
Il peccato
originale dell’Ue è stato proprio quello di aver concentrato biecamente i
propri sforzi sull’economia “in gegneristica” anziché su quella “etica”
(distinzione di Amartya Sen): la prima si interessa dei temi prevalentemente
logistici, tralasciando i fini ultimi e le domande quali “come bisogna vivere”
e “come si può promuovere il bene umano”.
Questo
approccio ha portato a un grave scollamento fra economia ed etica, con
un’economia europea emancipata da qualsiasi principio morale e avulsa da un
senso di identità comune. Un sistema paramedievale, in cui il cittadino è
sottomesso a stringenti vincoli e soffocanti doveri a fronte di esigui diritti
(il più delle volte solo sulla carta), e si riduce così a suddito, schiavo
senza dignità.
Viene in
mente un brano di Tocqueville (La democrazia in America, 1840), che pare
scritto oggi: “Vi sono certe nazioni europee in cui l’abitante si considera
come una specie di colono, indifferente al destino del luogo che abita. I più
grandi cambiamenti si verificano nel suo paese senza il suo concorso; non sa
nemmeno cosa sia avvenuto […] pensa che tutto questo non lo riguardi, che
appartenga ad un potere straniero chiamato governo. Quest’uomo, benché abbia
fatto un sacrificio così completo del suo libero arbitrio, non predilige, più
di un altro, l’obbedienza. Si sottomette, è vero, al beneplacito di un
funzionario; ma si compiace di sfidare la legge, come un nemico vinto, appena
la forza si ritira.
Così lo si
vede incessantemente oscillare tra servitù e licenza”. Quando si verifica una
crisi, come quella economica ad esempio, la morale si “restringe” in
sottogruppi più piccoli perché il gruppo allargato in cui si è manifestata la
crisi è cambiato per il disastro finanziario. Ipotesi: la crisi ha colpito X
milioni di persone contemporaneamente e ha modificato la loro stratificazione
sociale. Il mondo di partenza (pre-crisi) si è suddiviso in due mondi: a)
quello in cui la crisi si è originata e le cui peculiarità morali si sono
modificate nei fatti – ad esempio è stato modificato lo statuto dei lavoratori
e si è innalzata l’età pensionabile; b) altri mondi più piccoli che fanno capo
a nuovi attrattori effettivi, come gli strati sociali modificati dalla crisi
(scomparsa del ceto medio e così via).
Torniamo ora
nel “mondo di partenza” italiano, dove le cose si fanno sempre più eteree: da
quel mondo centrale continua a dipendere il governo (che non è stato diviso
ovviamente) e in quel mondo confluiscono le tasse. Queste provengono dai
sottomondi che si sono modificati: il sudore della fronte viaggia verso un
mondo centrale in cui sembrano perdersi sia i nostri soldi che i nostri
diritti.
I media sono
fondamentali: è questo il momento in cui iniziano a parlare di minuzie,
fatterelli di cronaca con una rilevanza sociale iniqua rispetto ai temi
centrali legati alla crisi che ha originato questo stato di cose. Il meccanismo
è chiaro: una sorta di moderna versione del panem et circenses, specchietti per
le allodole per distrarre il popolo dai problemi reali, dirottandone
l’attenzione verso fatti secondari. Se non, sempre più spesso, inebetendolo per
farlo indietreggiare nell’asilo dell’ignoranza, nell’asfissia morale più
completa.
Siccome ogni
sistema tende a preservare se stesso – sia esso formicaio, gruppo di cheer
leader, mafia, ordine degli architetti, unità monetaria (!) -, il mondo di
partenza si camuffa sotto altre spoglie (lo sa fare un polpo, figuriamoci un
insieme di umani) generando una seconda morale profondamente amorale. Una
morale che, per esempio, digerisce l’osceno ritorno del Re Sòle, un vecchio
malvissuto dalla canizie vituperosa, per dirla alla Manzoni, che gira impunemente
per i media senza che nessuno osi chiedergli “dove cazzo sei stato in questi
anni, vecchio balordo pregiudicato doloso?”. E, al contempo, si cercano
pretesti per attaccare chi stoicamente insiste nel tentativo (difficilissimo)
di mantenere e migliorare quel che resta della morale di partenza del gruppo
iniziale, dello Stato italiano o comunque lo si voglia chiamare.
Perché, con
l’avvento della crisi, non è nata una nuova morale, è stata disciolta quella
precedente. Ma perché lo abbiamo permesso, come han fatto a sedarci, ad
anestetizzare il nostro senso di giustizia, pudore, verità? È curioso come lo
stesso fenomeno di devitalizzazione della morale rischi di emergere adesso in
Sicilia, con una proposta politica che punta a riportare in auge un vecchio
attrattore sociale che puzza di mafia e di malaffare: un’identità che si
sperava ormai putrefatta e che, invece, si riaffaccia impunemente.
Ed ecco
come: tanto più è rarefatto e spersonalizzato quel vuoto centrale, tanto più
profondo sarà l’arretramento dei frammenti che ne derivano. E ancora più
intenso il loro rifugiarsi e rinchiudersi intorno a vecchie, putride, logiche:
mafia, padre-padrone, fascismo ecc. Perché ciò accada è indispensabile che
resti ossigeno per tutti (anche se diminuito pro capite): ecco spiegate le
finte reminiscenze di sinistra del PD e quelle nostalgico-ributtanti del PD-L.
Così stiamo
perdendo la nostra essenza collettiva. Ma restare immobili di fronte a questa
mattanza morale vuol dire essere degli psicopatici, insensibili alla gioia, al
dolore, al “welfare” diventato “malfare”. Non c’è molto di cui essere
orgogliosi; e non potrà farci sentire meglio qualche scusetta da impiegato di
banca di fronte a un cliente rovinato. Non basteranno queste piccole cose a
giustificare il mondo senza morale che stiamo vivendo e lasciando ai nostri
figli.
A questa
tirannia dell’ignoranza e dell’indifferenza bisogna reagire riportando in primo
piano il tema dell’educazione. “Abbiamo perduto tutto –diceva Fichte –ma ci
resta l’educazione”. Ecco, forse noi abbiamo perduto anche quella. Occorre
mobilitarsi, sentire come urgente la necessità di una educazione NUOVA, che sia
elemento costitutivo del cittadino, europeo e nazionale, e possa formarlo nella
sua libertà e intelligenza, dandogli gli strumenti per crearsi una morale
capace di penetrare la vita sociale.
* pubblicato
il 22 ottobre da infosannio , origine ilfattoquotidiano
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