di Edgardo
Favaloro *
In questi
giorni è iniziata la campagna inerente il referendum sulla riforma
costituzionale che si terrà il prossimo 4 dicembre 2016.
In prima approssimazione parrebbe che la riforma costituzionale proposta
dal Governo non coinvolga i problemi inerenti l’ambiente ed il clima ma se si
approfondisce la lettura del nuovo Titolo V ed in particolare l’articolo 117
paragrafo 2 si scopre che Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti
materie: ai punti s) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;
ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e
comuni sulle attività culturali e sul turismo; v) produzione, trasporto e
distribuzione nazionali dell’energia; z) infrastrutture strategiche e
grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale
e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale
e internazionale.
Quindi in
questi ambiti le Regioni non avranno alcuna potestà legislativa.
E’ lo stesso "Comitato per il sì" ad enfatizzare il fatto che, se
passerà la riforma costituzionale, sarà finalmente possibile rilanciare le
attività di ricerca ed estrazione di gas e petrolio nel nostro paese. Per fare
questo, afferma il Comitato, occorre riportare la competenza legislativa
sull'energia nelle mani dello Stato; in questo modo, si "delinea un quadro
chiaro e preciso delle competenze esclusive dello Stato e delle Regioni" e
si riduce, per conseguenza, anche il contenzioso davanti alla Corte
costituzionale.
Il professor
Enzo Di Salvatore, che insegna Diritto
costituzionale italiano e comparato presso l'Università degli Studi di Teramo,
in un suo articolo sull’Huffington Post osserva che:
1) nei mesi che hanno preceduto la celebrazione del referendum No Triv, Renzi dichiarava che
nessuno volesse autorizzare nuove ricerche e nuove estrazioni, ma che fosse
necessario "risparmiare energia", e cioè consentire che si
continuasse solo a spremere il giacimento fino in fondo. Evidentemente ora
avranno cambiato idea;
2)
l'energia, collegandosi strettamente alla politica economica del nostro paese,
non può essere materia di competenza legislativa concorrente Stato-Regioni. E
infatti non lo è mai stato: la legge n. 239 del 2004 l'ha attribuita allo
Stato, nonostante la Costituzione dicesse il contrario. E la Corte ha detto che
questa attribuzione fosse legittima, a patto che lo Stato consentisse alle
Regioni (e agli Enti locali) di partecipare alle decisioni da assumere. Quindi,
quello che, in realtà, cambia con la riforma è questo: se passerà il sì le
Regioni potranno essere sempre esautorate dal decidere con lo stato. E se
passerà il sì, le modifiche accolte nella legge di stabilità - con le quali il
parlamento ha stabilito che la partecipazione delle Regioni non dovesse essere
solo di facciata - si andranno a far benedire;
3) la
riforma non riduce il contenzioso; al contrario, lo inasprisce in quanto è
fisiologico che decidendo di modificare i confini tra ciò che spetta a me e ciò
che spetta a te occorrerà fare nuovamente chiarezza. E a questo ci penserà
appunto la Corte costituzionale.
Si deve
inoltre tener presente che per il governo sarà sufficiente dichiarare che una
qualunque infrastruttura è di interesse nazionale per portarla sotto il
controllo e la gestione dello stato e quindi del governo.
Sulla base
di queste considerazioni come Comitato per il NO si auspica che tutte le
associazioni interessate all’ambiente e di conseguenza al clima partecipino
attivamente alla campagna referendaria.
* del Comitato
per il NO - Torino
(nella foto: incidente al pozzo petrolifero di Trecate (NO) del 1994 )
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