Parte seconda: E’ possibile
riformare le regole della politica italiana ?
di Massimo Marino
Prima di chiederci se è possibile riformare le
regole della politica italiana e in quale direzione è bene chiederci: E’
davvero necessario? Perché ?
La
modifica proposta di un terzo degli articoli della Costituzione, in particolare
quello che riguarda il ruolo degli elettori e degli organismi rappresentativi,
è una riforma utile al paese o una revisione delle regole imposta
da una minoranza che ritiene necessario fuoriuscire dall’attuale sistema
democratico di rappresentanza nato con la Costituzione ? La revisione nel suo insieme proposta (
Senato non più eletto dai cittadini, Camera controllata da una minoranza con
l’Italicum, competenze svuotate delle Regioni, Province evanescenti, Comuni
alla fame), è tecnicamente in grado di permettere l’istituzionalizzazione di un
sistema autoritario. La somiglianza con le proposte della P2 di Gelli degli
anni ’80 ( il cosiddetto Piano di rinascita nazionale ) è impressionante. Si
propongono regole elettorali oligarchiche paragonabili a quella dell’epoca fascista
con la legge Acerbo e alla proposta fallita De Gasperi-Tambroni degli anni ’50 respinta
dal paese dopo dure proteste di piazza. E’ utile riformare alcuni aspetti della
Costituzione ma soprattutto le regole elettorali e istituzionali che negli anni
ne hanno distorto le parti più nobili, più semplici e comprensibili. Fare tutto
il contrario del renzismo, ultima versione dei tanti revisori ( non
riformatori) degli ultimi 20 anni che non ne hanno combinata una giusta.
E’
inutile però nascondere che non esiste un dibattito vero e allargato su un
percorso riformatore da opporre al renzismo e nella prima parte di questo
intervento si è indicato come sono falliti i modesti e maldestri tentativi di
avviarlo. Fra i fautori del NO al referendum e i critici dell’Italicum c’è di
tutto, compresi vari pericolosi guastatori ( di destra e di sinistra) le cui confuse
idee se attuate peggiorerebbero la situazione. Se dovessimo vincere il
referendum e respingere la revisione renzista e si confermasse per l’Italicum
l’incostituzionalità del Porcellum ci potremmo trovare nella paradossale
situazione di non avere proposte. Urge quindi avere delle idee, avere sedi di
dibattito serio, riportare democrazia e partecipazione al centro della scena. Insomma:
grande unità, grande partecipazione, serrato dibattito. Altrimenti stiamo
semplicemente diffondendo illusioni.
1 IL PREMIO
Nella
Costituzione non c’è traccia di premi che rendono maggioranza una minoranza, né
di ballottaggi, né di voti disgiunti, né di elezioni di secondo grado, né di elezione
diretta di sindaci o governatori. Si lasciava alle leggi ordinarie la
definizione precisa dei sistemi elettorali scontando di fatto che il sistema di
riferimento prevalente fosse quello proporzionale (tanti voti, tanti seggi),
non escludendo però esplicitamente possibili varianti. Non c’è dubbio che si
tratta di uno dei punti più deboli dell’intero testo del 1948. Dall’inizio
degli anni’90 si è avviato un progressivo stravolgimento del sistema elettorale.
In Italia siamo così arrivati a più di dieci diversi sistemi. La quasi totalità
degli italiani, sicuramente più del 99%, non è più in grado quindi di spiegare
minimamente quali siano le diverse regole elettorali per il Parlamento europeo,
per la Camera, per il Senato, per le Regioni ( quelle ordinarie e quelle
“speciali”), per le Province ( vecchie e nuove), per le Città metropolitane, per
i Comuni (grandi e piccoli ) le Circoscrizioni o Municipi; perché sono tutte
irresponsabilmente diverse fra loro. Regole diverse che possono produrre
risultati elettorali diversi, a volte anche opposti.
In
aggiunta negli ultimi anni è stata data la facoltà alle singole Regioni ( per
un malinteso federalismo ma in realtà per un accordo non dichiarato fra i
principali partiti ) di modificare in qualunque momento il proprio sistema
elettorale. Abbiamo così 20 diversi sistemi elettorali per le Regioni. La
maggioranza PD-UDC alla Regione Sicilia sfacciatamente ha addirittura
modificato in questi giorni le regole elettorali per il Comune di Palermo (
avendone facoltà come Regione a statuto speciale ), dove è previsto il voto
nella primavera del 2017, in funzione, presunta, anti M5Stelle. Seguito in
autunno dal voto regionale. E guarda caso poiché l’UDC nazionale ( si, esiste
ancora.. ) si è timidamente dichiarata per il NO quella locale ha cambiato nome
dopo il patto di ferro stretto con il PD renziano locale.
Qualunque
forma di premio comporta l’annullamento di una parte dei voti espressi a favore
di qualcun altro.
Prima riforma: Cancellare i
premi di maggioranza in qualunque forma, tendere a semplificare e unificare i
diversi sistemi elettorali in modo che risultino comprensibili a tutti.
2 IL PROPORZIONALE E LA
SOGLIA
Andiamo
alle origini. La composizione della Assemblea Costituente del 1948 ( quella
dove si approvò l’attuale Costituzione ) venne eletta con un rapporto fra voti
e seggi ottenuti di tipo proporzionale ma nella versione di di proporzionale puro senza una soglia
minima, per cui anche con meno dell’ 1% si ottennero dei seggi. In conseguenza
del criterio usato, definito nel 1946, con il voto di 23 milioni di italiani
ben 16 liste ottennero dei seggi, di queste ben 8 con meno dell’1% (l’ultima
lista ottenne l’ultimo dei 556 seggi con lo 0,09%). Se si fosse posta una
soglia, ad esempio al 5%, avrebbero ottenuto dei seggi probabilmente non più di
6 partiti. Quindi furono sedici i partiti che scrissero e votarono la Costituzione.
In quello specifico frangente non era per nulla rilevante il criterio di definizione
degli eletti ma nelle successive assemblee parlamentari sarebbe stato
indispensabile. Quel sistema andò quindi avanti specie per Camere e Comuni, poi
dal 1979 anche per le nascenti Regioni, fino ai primi anni ’90. Il tema della
governabilità divenne sempre più rilevante, spesso in modo strumentale ma
singolarmente pochi indicarono seriamente la semplice introduzione di una
soglia per ridurre la frammentazione.
Al giorno
d’oggi pressoché nessuno considera che il proporzionale puro ed il
proporzionale con una soglia di un qualche peso (almeno 5%) non sono due
sistemi simili ma, per le conseguenze che hanno, due sistemi di
fatto opposti. Il proporzionale puro ( o con una minima soglia dell’1-2%)
favorisce la nascita e il permanere di minuscoli micropartiti e listarelle (
veri o inventati sul momento da quelli maggiori) che, anche se marginali o
addirittura inesistenti nella società e
nel territorio, possono ottenere qualche eletto, risorse, presenza nelle sedi
istituzionali e nei media. Ottenendo in alcuni frangenti un ruolo sovrastimato
(che può diventare però ricattatorio) nel garantire (o far saltare) le
maggioranze necessarie per governare, ma anche diventando facilmente permeabili
a gruppi o finalità illegali o corruttive. Di fatto i micropoartiti, che
difficilmente arrivano al 3-4%, impediscono la nascita di movimenti politici
anche di limitata ma solida dimensione, basati su un vero programma e processo di
aggregazione. Che oggi in Italia non esista di fatto un vero partito di
sinistra né un vero movimento politico di tipo ecologista, sostituiti da penosi
surrogati o frammenti divisi e irrilevanti, i cui leader saldamente si
oppongono alla nascita di nuovi partiti veri e aggreganti, è una delle
conseguenze dei sistemi elettorali sempre più indecenti che sono emersi, anche
legittimati per via referendaria, dalla prima metà degli anni ’90. All’epoca, in
piena crisi politica e morale, l’esplosione di Mani pulite portò a 1300
condanne o patteggiamenti nel biennio 1991-92, con il coinvolgimento in
Tangentopoli di tutti i partiti più rilevanti. Le elezioni politiche
dell’aprile ’92 e quelle locali dell’autunno successivo videro il tracollo dei
vecchi partiti con l’esclusivo successo della nascente Lega Nord al nord e
della Rete di Leoluca Orlando al sud. L’anno successivo il Partito socialista
era virtualmente dissolto. Fu allora che prese corpo la sciagurata proposta
referendaria di Segni (destra DC) e Pannella a favore dell’introduzione di un
sistema di tipo maggioritario che forzando la formazione di un sistema bipolare
avrebbe dovuto, misteriosamente, risolvere tutti i problemi del paese. In una
grande confusione di ben otto quesiti referendari sui più diversi temi, dalla
droga alle ASL, dalla Cassa di Risparmio alle Partecipazioni statali , dal
finanziamento pubblico al Turismo, tutti accolti con il 77% dei votanti, si
arrivò all’approvazione anche del referendum sul Senato che di fatto avrebbe
prodotto un sistema uninominale di collegio a turno unico dove il candidato che
prendeva un voto in più vinceva e tutti gli altri voti sparivano. Su queste
basi pochi mesi dopo il sistema proporzionale dopo più di 40 anni veniva
sostituito dal mattarellum , con il quale i tre quarti degli eletti si
definivano con il maggioritario uninominale e solo per un quarto con un proporzionale viziato
dal tortuoso meccanismo dello scorporo. Era la base su cui progressivamente si
sarebbe sviluppato un bipolarismo imposto con dietro una celata propensione al
bipartitismo, che lascerebbe solo due partiti sulla scena. Nei fatti fu la
salvezza dei grandi partiti corrotti che cambiando nome e qualche faccia
sopravvissero più forti. Solo più tardi
si percepì che si rafforzò anche la loro vocazione corruttiva. Appellandosi
alla giusta critica degli eccessi del proporzionalismo puro e usando il tema della
governabilità si costruì, in uno schema rigidamente bipolare, un granitico
sistema di partiti e partitini, che hanno dominato la scena per venti anni,
dissanguando e divorando il paese mentre si chiedeva agli elettori di scegliere
fra i poli della libertà e le alleanze progressiste e uliviste. Qualunque
autonomia dai due poli risultava impossibile, un po’ alla volta scompariva del
tutto qualunque riferimento a obiettivi, programmi e progetti di società,
sostituiti da gruppi di interesse, cambi di casacca alla bisogna, un continuo
lievitare dei costi della politica e dei politici.
Nel 2006
con il secondo governo Berlusconi il
centrodestra votava il Porcellum ( L.270 del 31-12-2005) con il quale si
superava i collegi uninominali e si dava il 55% dei seggi alla Camera ( 340)
alla coalizione che aveva preso un voto in più. Pochi si resero conto che
questo sistema di premio cancellava di fatto il voto di vari milioni di
elettori ( 4-5 milioni) che veniva eliso e “girato” alla principale coalizione
antagonista. Solo otto anni dopo la Corte Costituzionale dichiarava
incostituzionale il Porcellum che aveva nel 2013 regalato almeno un centinaio
di eletti in più al PD. Mentre nel Senato, con il premio spalmato nei 20
collegi regionali non c’era il vincitore unico. Nessuno immaginò nel 2013 che
con l’Italicum, in coppia con la revisione del Senato sottratto al voto degli
elettori, si potesse ulteriormente tentare di peggiorare il sistema della
rappresentanza e demolire la nostra Costituzione.
La
soglia al 5% avrebbe invece stabilizzato senza stravolgimenti costituzionali il
sistema politico, con pochi gruppi ma rappresentativi. In poco tempo sarebbero
spariti gran parte di partitini e finte liste civiche più o meno inventate a
supporto dei due poli tradizionali. La governabilità, su più serie basi
programmatiche e non sui cambi di casacca, si sarebbe garantita.
Ancora
oggi la conversione può essere fatta e può allargarsi a tutti i livelli elettorali
(Regioni, Province , Comuni ) e tendere ad un unico tipo di regola elettorale a
tutti i livelli, come sarebbe peraltro logico.. In poco tempo nascerebbero
movimenti politici più credibili e seri. Di certo a sinistra, ma anche in campo
ecologista e probabilmente anche in campo conservatore. Le forme della
rappresentanza delegata risulterebbero più chiare e comprensibili a tutti. Si riparlerebbe di programmi e impegni
precisi e gli elettori sarebbero più in grado di farsi un’idea delle differenti
opzioni e delle differenze fra un numero contenuto e stabile di soggetti. Si
ridurrebbe il ridicolo effetto dell’impatto mediatico dei singoli leader in TV
e si parlerebbe di più di cose serie.
Seconda riforma: Arrivare
ad un sistema elettorale più omogeneo a tutti i livelli , proporzionale con una
soglia atta a garantire stabilità, compreso dagli elettori e rispettando quindi
la rappresentatività del voto.
3 IL BICAMERALISMO
La nuova
caricatura di Senato, sottoposta a referendum non avendo raggiunto i due terzi
di adesioni in Parlamento, è giustificata da due slogan: si riducono
significativamente i costi della politica, ( anzi “i politici”, twittano Renzi e amici nei propri spot elettorali ), e
si aumenta l’efficienza dei lavori parlamentari
eliminando il ping pong fra una Camera e l’altra che renderebbe poco
efficienti le Camere.
Si
tratta di battute, efficaci per twittare sui media e fascinose per chi segue
distrattamente, ma hanno scarsa consistenza.
La prima
è solo una furbata del populismo destrorso di Renzi. Per il nuovo Senato si
stima in 50-100 milioni il risparmio annuo ( il rifiuto di unire referendum e
amministrative di maggio nel 2016 è costato di più) . Cifre di scarso peso, comunque
raggiungibili con alcuni tagli nelle due Camere ed una riduzione moderata dei
loro membri.
La
seconda invece è totalmente falsa. La doppia lettura delle leggi prevista dalla
Costituzione, solo in pochissimi casi non basta e porta al ping pong. Che è
dovuto ai diversi gruppi d’interesse interni ai partiti, non al bicameralismo
completo. Comunque nell’ultima legislatura
(XVIa) i disegni di legge approvati con sole due letture sono stati 301 su 391.
Solo 90 hanno richiesto più di due letture: cioè tre per 75 testi, quattro per
12, più di quattro letture per 3 testi. In quanto alla produttività delle Camere (che
comunque in sé è una scemenza per gli allocchi perché quello che conta è l’efficacia
e il contenuto, non il numero delle leggi) tutti i lavori pubblicati di recente
dicono addirittura l’opposto: siamo i maggiori produttori di leggi in Europa
negli ultimi 10 anni, anzi ne produciamo troppe. Altro discorso è la crisi
della maggioranza al Senato specie dal 2015 che dipende dalle scelte oligarchiche
del Governo che non è seguito neanche dall’intero proprio partito di
riferimento.
Tuttavia
possono essere fatte proposte riformatrici soddisfacenti senza i pasticci del
nuovo Senato: nei rari casi presenti si può introdurre, dopo la eventuale terza
lettura, una votazione definitiva delegata ad una Bicamerale nella quale venga
rappresentato ogni gruppo presente alla Camera e al Senato.
Terza riforma: Si può
ridurre gli attuali membri di Camera e Senato, ad esempio da 630 + 315 a 500 +
250. Si può definire una Bicamerale di legislatura di 75membri con funzione
legiferante dopo la terza lettura. O una
Bicamerale plenaria in casi particolarmente importanti da definire.
4 CAMBIARE CASACCA E’ LIBERTA’
?
Negli
ultimi anni malgrado l’accentuarsi delle critiche “anticasta” e in particolare
quelle contro i veri e propri “acquisti “ fra gli eletti in Parlamento ed in
altri livelli di rilievo negli enti locali, per non parlare di inquisiti e
condannati, i fenomeni degenerativi nei partiti sembrano essersi accentuati. A
fine settembre scorso circa 250 su 1000 parlamentari della corrente XVIIa
legislatura avevano cambiato casacca. Ben 325 cambi perché parecchi lo hanno
fatto più di una volta. E’ diventato normale cambiare anche nome, simbolo,
alleanze dei gruppi durante lo svolgersi della
legislatura. Non parliamo nemmeno di obiettivi, impegni e programmi, abbandonati
o capovolti. Tutto ciò non fa neanche più notizia, anzi si tende a lasciare
tutto in ombra.
Indimenticabile
l’avvio di questa legislatura dove ( con il porcellum) dopo un’alleanza
elettorale di centrosinistra di PD e SEL ( che secondo le regole del porcellum
ne hanno tratto vantaggio in termini di seggi) a seguito dello stravagante
diverso meccanismo fra Camera e Senato, vera follia italiota, si è formato un governo PD con il
centrodestra ( larghe intese PD-PDL) affidato a Letta dopo l’insuccesso di
Bersani. Poi dopo 10 mesi Napolitano ha affidato il governo a Renzi , prima
volta di un capo del governo non eletto, a parte alcuni governi “tecnici”. In
realtà dietro molti cambi di casacche e alleanze ci sono comitati di affari di gran
peso oltre agli appetiti trasformisti di tanti eletti. Un malinteso
giustificarsi appellandosi al costituzionale “rispondere solo ai propri
elettori “ giustamente messo in discussione negli ultimi anni da Grillo, quasi sempre rende priva di alcuna
conseguenza questa vocazione trasformista o corruttiva alla quale si aggiunge
la facilità con cui possono essere costituiti nuovi gruppi nelle Assemblee
elettive ( bastano 20 membri su 630 alla Camera, 10 su 315 al Senato ). Che
vuol dire Capogruppo, rappresentanti nelle Commissioni e risorse di segreteria.
Il caso Verdini e il suo gruppo Ala fanno scuola. Insomma gli elettori votano
un candidato, un simbolo, un partito, un programma, una alleanza, ma nessun
eletto è tenuto a rispettare dal giorno dopo il voto i propri impegni. In
Europa e non solo siamo un caso unico in questo desolante degrado. Se non è
possibile impedire le conversioni improvvise sulla via di Damasco di tanti
eletti si può attuare alcuni punti di Regolamento per scoraggiare questo
fenomeno che non andrebbe tollerato affatto. Ad esempio con due facili
interventi: dimezzare l’indennità ai singoli che abbandonano il gruppo nel
quale gli elettori lo hanno votato e dimezzare i contributi ai gruppi che
cambiano nome e simbolo fino al termine della legislatura. Nel caso invece di nuovi
gruppi si può alzare al 5% del totale il numero di adesioni necessarie per
evitare il gruppo misto e costituire un nuovo gruppo ( nel caso proposto sopra 25
membri su 500 per la Camera e 13 su 250
per il Senato ).
Quarta riforma: Vanno
promosse azioni e regole che disincentivino il cambio di collocazione, nome,
coalizione rispetto a quanto promesso agli elettori al momento del voto. Va
aumentato il numero di adesioni necessarie per la formazione di un nuovo gruppo
durante il corso della legislatura ( in Parlamento e nelle elezioni
amministrative e regionali )
5 PARTITO DELLA NAZIONE, TRIPLI INCARICHI, VOTO
DISGIUNTO, CANDIDATURE MULTIPLE... MA CHE ROBA E’ ?
Ci
stiamo abituando a tutto, molti si sono già abituati. Quella parte del paese
che non ha le risorse per la vita quotidiana non ha tempo, ne voglia, né
capacità per comprendere “come siamo finiti così in basso.” E miseramente,
immaginando di punire chissà chi, consolida un sistema malato astenendosi dal
voto e da tutto. Nella generale indifferenza, e con la silenziosa soddisfazione
di alcuni, stiamo passando dal suffragio universale al suffragio selettivo. La
metà degli elettori italiani tende ad astenersi dal voto.
Abbiamo
inventato le candidature per gli allocchi. Il candidato a leader di turno può
candidarsi in più collegi elettorali dove mai (tranne uno se gli va bene) potrà
essere eletto, decidendo dopo il voto a chi concedere eventualmente il posto. Con
l’Italicum, anche se in odore di incostituzionalità, si indica fino a dieci (!)
i collegi dove si può presentare lo stesso Capolista che è comunque bloccato e
non votabile. Ma è niente rispetto alle candidature ripetute a diversi livelli
(europeo, italiano, regionale, comunale) dove a priori sarebbe nota
l’incompatibilità (con i continui tentativi di bypassare il divieto). Nella
pratica l’elettore non è al corrente se quel candidato davvero è intenzionato a
restare in quella carica e per quanto tempo, se eletto. Esiste infatti il
metodo del salto della quaglia: si sta in Regione per un po’ fino a quando si
salta in Parlamento, poi ci si dimette per saltare all’altro seggio in Europa e
così via da capo. Infine abbiamo inventato per i Comuni, e se del caso per le
Regioni, la possibilità del voto disgiunto (voto un sindaco di una coalizione
ma una lista, con le sue possibili preferenze individuali, di un'altra
coalizione). Un meccanismo assurdo, le cui spiegazioni sono più incomprensibili
dell’infinità dello spazio, che crea confusione, espone a possibili forme di
controllo dei voti, slega candidato, liste, programmi trasformando tutto in un
circo dove tutti i giochi di prestigio sono possibili. Questo insieme di regole
farlocche rendono sempre più incomprensibile agli elettori il senso nobile
della politica i cui meccanismi profondi risultano invece comprensibili solo ad
un piccolo gruppo di professionisti. Esattamente il contrario dello spirito
della nostra Costituzione scritta in modo che anche un analfabeta sia in grado
di comprenderla. Ma con il premio al partito dell’Italicum ( versione di oggi )
nella più totale incomprensione si istituzionalizza il partito unico al
potere e nessun contrappeso vero a chi lo gestisce o lo controlla. Con
irresponsabile e pericolosa superficialità si arriva a parlare di Partito (
Unico per mandato elettorale ) della
Nazione.
Quinta riforma: Tutte le
regole della democrazia rappresentativa devono essere chiare, comprensibili,
dare e non togliere dignità alle Istituzioni. Devo capire quali sono gli
effetti reali del mio voto: Via candidature ed incarichi multipli, via voto
disgiunto. Il sistema di regole rappresentative deve garantire davvero il
pluralismo e contrastare l’astensionismo..
6 L’ELECTION DAY E I REFERENDUM
Da circa
200 anni le elezioni presidenziali negli USA si svolgono ogni 4 anni il primo
martedì di novembre. E’ una delle poche cose da invidiare al sistema elettorale
americano. Anche in altri paesi si tende a fissare e comunque accorpare più
livelli di voto nello stesso giorno. Nella tendenziale crisi di sfiducia che
porta all’assenteismo elettorale lo spappolamento del voto in tutte le forme e
in date diverse, a parte i costi, di certo peggiora la situazione. Si vota per
gruppi diversi di Comuni in momenti diversi, in ordine sparso. Lo stesso per le
Province ( vecchie e nuove) e per le Regioni. Difficilmente in Italia passano
sei mesi dell’anno senza una tornata elettorale da qualche parte. Fra le cause
lo scioglimento dei Comuni, più di 100 ogni anno, fra i quali quelli numerosi commissariati per infiltrazione mafiosa
secondo i criteri del T.U. Enti locali ( art. 141 e 143) per Comuni e Province.
Si vota in tutte le stagioni, ogni voto in questo o quel quadrante del paese
diventa un test per il voto successivo. Accuratamente si evita e si impedisce
per legge che si possano accorpare eventuali scadenze referendarie con altre
scadenze elettorali. Una serie di regole e consuetudini sbagliate e insensate che
in modo più o meno involontario favoriscono l’assenteismo.
Un
discorso a parte merita il voto referendario, per il quale sarebbe intanto
necessario ridurre a non più di 4 -5 i
quesiti perché gli elettori siano in grado di comprenderli realmente. Su 67 referendum
abrogativi dal 1946 ad oggi 28 non hanno raggiunto il quorum specie negli
ultimi 20 anni. I 4 del 2011 sono stati quasi una eccezione. L’ idea di
abbassare il quorum da più parti proposta è peggiore del male e pericolosa
perché impoverisce il significato di questo strumento considerato in qualche
modo l’unico di democrazia diretta e suggerisce che non importa quanti votano,
che va bene anche se si vota in pochi, anche su questioni importanti.
Esattamente il contrario di quanto andrebbe sostenuto. E’ invece necessario
definire per legge l’obbligo di
affiancare i referendum alla più vicina tornata di voto prevista che potrebbe
essere definita attraverso la formula dell’ election
day annuale ( ad esempio nel sabato pomeriggio e domenica più vicini
al 25 aprile di ogni anno ) . Unica data dell’anno consentita per il voto
amministrativo o per quello delle Camere, applicando il commissariamento fino a
quella data per gli Enti Locali che
vanno in crisi nei dodici mesi precedenti e facendo eccezione per le Elezioni
europee facendole coincidere quando necessario con quelle degli altri paesi
europei.
Sesta riforma: Istituire l’election
day annuale, una data fissa nella quale concentrare progressivamente tutte le
elezioni amministrative un anno e quelle politiche in un altro anno dedicato.
Obbligo di accorpare qualunque voto referendario all’election day in arrivo
limitando il numero di quesiti e mantenendo il quorum del 50+1 dei votanti.
Conclusioni : Qualunque sia l’esito del
referendum di dicembre e in attesa di un pronunciamento della Corte
Costituzionale sull’Italicum urge aprire una discussione oggi assente su un’ipotesi
alternativa di riforma complessiva delle regole istituzionali che capovolga la
deriva degli ultimi 20 anni, contrasti i tentativi di consolidare la vocazione
oligarchica e neopopulista del renzismo, renda più comprensibili a tutti le
regole della politica, salvaguardando e difendendo in modo intransigente tutti
gli aspetti fondamentali della nostra Costituzione. Stiamo promuovendo o
fronteggiando referendum, stiamo promuovendo tavoli per strada, volantini e documentini. Tutto carino ma
dietro c'è troppa vaghezza di proposte e non possiamo permettercelo. E’ un grande impegno, che non ammette deleghe a
pochi e richiede tante forze attive che si confrontino.
Sintesi delle proposte:
1)
Ridurre
il numero dei parlamentari a 500+250 .
2)
Mantenere
il Senato elettivo introducendo una Bicamerale con poteri legislativi dopo la
terza lettura
3)
Aumentare
al 5% del totale i membri necessari per costituire un nuovo gruppo.
4)
Dimezzare
le indennità o i contributi a singoli
che cambiano gruppo o gruppi che cambiano simbolo e /o
denominazione.
5)
Unificare
a tutti i livelli i diversi sistemi elettorali verso un unico sistema proporzionale
con quorum al 5%
e turno unico
e turno unico
6)
Abolire
qualunque tipo di premio e di logica maggioritaria
7)
Escludere
qualunque forma di potenziale doppio o triplo incarico elettivo attraverso la
non candidabilità
8)
Eliminare
la facoltà del voto disgiunto
9)
Istituire
l’election day per le elezioni amministrative e regionali ( almeno ogni due anni ) e quello per le
elezioni politiche.
10)
Per legge
affiancare gli eventuali referendum al primo election day successivo e
mantenere il quorum al
50+1%.
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