VERSO LE ELEZIONI. Nupes è la novità della politica francese in vista delle legislative del 12 e 19 giugno. Comunisti vicini al sì, difficile la trattativa con il Partito socialista che teme di scomparire
di Anna Maria Merlo *
Si chiama Nupes la novità della politica francese, che alcuni già
definiscono «storica», Nouvelle Union Populaire écologiste et sociale:
la sinistra, a marce forzate in pochi giorni, sta costruendo un fronte unito
per le legislative del 12 e 19 giugno, dietro la France Insoumise (Fi), che con
Jean-Luc Mélenchon e l’Union populaire ha ottenuto il 22% dei voti al primo
turno della presidenziale, grazie allo scatto del «voto utile» (che ha mancato
però l’obiettivo di escludere l’estrema destra dal ballottaggio) e ora chiede
«eleggetemi primo ministro» per imporre a Emmanuel Macron una «coabitazione».
AL CORTEO PARIGINO del primo maggio, anche se
mancavano alcuni leader presenti in manifestazioni di altre città, c’è stata
una prima immagine di unità, tra Fi, Europa-Ecologia, Ps, Npa, Pcf. È
l’immagine di una ricomposizione della scena politica francese, dopo il crollo
delle forze tradizionali (il Pcf da anni, il Ps adesso è ridotto all’osso), la
difficoltà per i Verdi di incarnare la nuova forza trainante a sinistra e
l’emergenza come capofila della Fi. Se ci sarà un accordo ampio, il 7 maggio
dovrebbe venire organizzato un lancio solenne del Nupes. Contemporaneamente,
anche i sindacati cercano l’unità, contro la minaccia di una riforma delle
pensioni che potrebbe alzare l’età a 65 anni.
Per il momento, in vista delle legislative un accordo è stato firmato dopo
giorni di trattative tra Fi e Europa-Ecologia. La base dell’accordo è molto
vicina al programma di Mélenchon: salario minimo a 1.400 euro (oggi è un po’
inferiore a 1.300), pensione a 60 anni, blocco dei prezzi per i beni di prima
necessità, pianificazione ecologica, riforma istituzionale per la VI
Repubblica. Ma ci sono due altri punti, più controversi: sul nucleare, il testo
firmato da Fi e Europa-Ecologia si limita a evocare un’uscita da questa forma
di energia e la fine della costruzione di nuove centrali, mentre sulla
questione europea, vero punto di attrito, i Verdi hanno accettato l’ipotesi
della «disobbedienza» ai Trattati, nel caso in cui questi impediscano di
mettere in opera il programma di governo. Il testo precisa che la
«disobbedienza» evidentemente non riguarda il rispetto dello stato di diritto
(è lo strappo di Ungheria e Polonia), ma è relativo alle regole economiche e di
bilancio (il Fiscal Compact, le norme della concorrenza, l’orientamento
liberista e produttivista, a cominciare dalla Pac, la politica agricola).
LE QUESTIONI INTERNAZIONALI, la posizione sull’Ucraina, sono state messe da
parte, con la scusa che è dominio del presidente e non del governo. L’accordo,
che ha anche una parte pratica sulla ripartizione delle circoscrizioni, è stato
raggiunto nella notte del 1° maggio e approvato all’80% dal Consiglio Federale
di Europa-Ecologia. A Europa-Ecologia sarebbero state promesse 100 candidature,
una trentina favorevoli per eleggere un deputato. I Verdi, che partono da zero,
sperano così di ottenere un gruppo parlamentare, con i conseguenti
finanziamenti pubblici. «Abbiamo dato a tutti la possibilità di avere un
gruppo» afferma Mélenchon, che punta a un accordo ampio, «possiamo vincere se
non facciamo gli imbecilli, con discussioni che durano più a lungo di quanto la
natura umana possa sopportare». Tra gli elettori Verdi, c’è qualche malumore,
una parte pensa che l’azione militante, le manifestazioni, siano più efficaci
della cucina elettorale.
IERI NOTTE, dalle ore 22, sono riprese le discussioni con il Pcf. «Il
nucleare – il Pcf è favorevole – non è nell’intesa», ha affermato il segretario
Fabien Roussel. I Radicali di sinistra (un piccolo partito, cui aveva aderito
l’ex ministra della Giustizia Christiane Taubira) rifiutano l’alleanza. Con il
Ps ci sono ancora alti e bassi. I socialisti sono spaccati.
La direzione di Olivier Faure approva l’intesa con Fi, ma la vecchia
guardia si oppone: per François Hollande c’è un rischio di «scomparsa» del Ps,
la potente presidente della regione Occitanie, Carole Delga, è contraria e ha
già cominciato a stilare le liste dei candidati Ps per le legislative, anche la
sindaca di Parigi ed ex candidata sfortunata alle presidenziali, Anne Hidalgo,
non vede favorevolmente l’intesa con Fi (preferirebbe una coalizione
Ps-Pcf-Verdi, che già governa la capitale).
IL PS STA SUBENDO attacchi a destra e a sinistra: c’è un’ala della
Lrem composta da ex socialisti (riuniti nel gruppo Territoires de progrès), e
attorno a una nuova recluta, il socialista storico sindaco di Dijon, François
Rebsamen, si è formata la Federazione progressista, tutti dentro la galassia di
Macron.
* da il manifesto 3 maggio 2022
Manovre
verso il «terzo turno», Mélenchon lavora all’Unione
Il primo viaggio di Emmanuel Macron sarà a Berlino – e forse a Kyiv con
Scholz – per discutere la risposta alla guerra in Ucraina. Il 9 maggio, il
presidente francese sarà a Strasburgo, con un intervento all’Europarlamento per
la fine della Conferenza sull’avvenire dell’Europa. Nel frattempo, La
République en Marche (Lrem) deve pensare alle legislative del 12 e 19 giugno,
per confermare la maggioranza.
Il Rassemblement national e La France Insoumise si preparano anch’esse al
“terzo turno”, sperando entrambi di imporre una “coabitazione” al neo-eletto
presidente. L’elettorato di Macron si è consolidato, ma l’idea di costruire un
“grande centro” non convince: l’alleato MoDem non intende fondersi, mentre
molti ambiziosi, come l’ex primo ministro Edouard Philippe che già pensa alle
presidenziali del 2027, hanno fondato dei mini-partiti che intendono mantenere
con una certa indipendenza. All’estrema destra, ci sono frizioni tra il
Rassemblement national e Reconquête! di Eric Zemmour, un’alleanza è lontana: nel
2017, malgrado la presenza al ballottaggio di Le Pen, il partito di estrema
destra, isolato, ha vinto solo 8 seggi all’Assemblée nationale. La destra dei
Républicains sta esplodendo, dopo il crollo della candidata Pécresse sotto il
5%, cresce la corsa dei notabili verso Macron.
A sinistra, sono già in corso le
trattative per un’unione sotto l’ala della France Insoumise e del suo
programma. «Eleggetemi primo ministro» chiede Jean-Luc Mélenchon agli elettori.
C’è fretta, l’Union populaire ha convocato una convenzione per le candidature
nelle 577 circoscrizioni già il 7 maggio. Europa-Ecologia tratta, come il Pcf e
l’Npa, mentre è previsto oggi un incontro con i socialisti, esclusi in primo
momento, e la France Insoumise. Non è facile accettare che non ci siano liste
Europa-Ecologia, Pcf, forse Ps, se La France Insoumise non intende integrare
punti dei loro programmi, mentre restano profonde divisioni, dall’Europa alla
politica internazionale, tra posizioni di sinistra giudicate «irriconciliabili»
e che nella campagna elettorale hanno dato luogo ad attacchi molto duri.
Il governo Castex dovrebbe dimettersi, al più tardi all’inizio della
prossima settimana. Macron nominerà un governo temporaneo, fino alle
legislative: girano già dei nomi, dai ministri Julien Denormandie (Agricoltura)
a Elisabeth Borne (Lavoro), ma non sono escluse sorprese, come nel passato
sotto Macron. Il nuovo primo ministro avrà l’incarico di coordinare una
«pianificazione ecologica», come promesso in campagna elettorale, una mano tesa
agli ambientalisti, un’iniziativa pescata nel programma di Mélenchon.
Mélenchon:
«Siamo con i gilet e per il sovranismo, ma del popolo»
La principale preoccupazione espressa dall’elettorato popolare, che non ha
votato Macron, è stata il potere d’acquisto: sono in preparazione vari
interventi a breve, per indicizzare pensioni e salari sull’inflazione, per
confermare il tetto all’aumento del gas, è allo studio un nuovo dispositivo sul
prezzo della benzina, che potrebbe essere destinato ai grandi utilizzatori in
difficoltà. Potrebbe venir erogato un “assegno alimentare”, mentre aumenti di
salario temporanei verrebbero esentati dai contributi.
Dopo la rivolta dei gilet gialli, è chiaro a tutti che non è possibile far passare delle leggi ecologiste senza delle misure di protezione per le classi popolari. Per questo, Macron insiste sulla carbon tax ai confini dell’Europa, che concilierebbe misure verdi con la difesa degli interessi degli europei. Per l’autunno, sono previste proposte su scuola e sanità. Ma ieri è di nuovo ripartita la polemica sulle pensioni. Il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, che insiste sul fatto che c’è stato «un voto di adesione» sul programma di Macron, ha affermato che il governo potrebbe ricorrere al 49.3, cioè a una decisione per decreto, in fretta, per imporre un aumento progressivo (4 mesi l’anno) dell’età pensionabile, per arrivare nel 2028 a 64 anni. Una bomba, che risuona come una clamorosa smentita degli impegni presi da Macron sul «dialogo» necessario con le parti sociali e la società civile, che farà gonfiare i cortei del primo maggio.
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