Covid19. Quindici mesi di pandemia dovrebbero essere sufficienti per fare un bilancio sull'efficacia delle misure messe in campo per affrontarla e sulla visione di società che le ha determina
di Marco Bersani *
Quindici mesi di pandemia dovrebbero essere sufficienti per fare un bilancio sull’efficacia delle misure messe in campo per affrontarla e sulla visione di società che le ha determinate. Anche per dare un significato agli oltre 120.000 morti (ad oggi) che nel nostro Paese si sono verificati.
L’impostazione che ha guidato la strategia per affrontare la crisi pandemica nel nostro Paese -e in molti altri- è stata quella della “mitigazione”, oggi ribattezzata da Draghi del “rischio calcolato”.
Di fatto, una visione della società fanaticamente orientata sul PIL, che ha comportato misure di forti restrizioni delle libertà personali, di compressione dei diritti delle fasce non produttive della popolazione (la chiusura delle scuole) e la chiusura di tutte le attività economiche in qualche modo legate al tempo libero delle persone, allo scopo di tenere continuativamente aperte tutte le attività industriali e commerciali (mai chiuse anche durante il primo lockdown) per cercare di attenuare il crollo del Pil, da decenni assurto a simbolo divino del benessere sociale.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la generazione anziana è stata falcidiata, l’infanzia e l’adolescenza sono state sottoposte a traumi i cui effetti si misureranno solo nei prossimi anni, la povertà e la precarietà sono aumentate esponenzialmente, mentre la pandemia è ben lungi dall’essere sotto controllo.
Questo
disastroso bilancio sanitario e sociale è riuscito a raggiungere l’obiettivo
desiderato da Confindustria e dai suoi alfieri governativi?
Nient’affatto, perché anche l’economia è a rotoli e il crollo del Pil sfiora il
9%. Si poteva fare altrimenti? C’è chi lo ha fatto e i risultati sono
inequivocabili.
Non parliamo qui -anche se prima o poi andrà pure fatto- di paesi (Cuba, Vietnam, Taiwan, Cina etc.) dove lo Stato, invece di porsi al servizio dell’economia di mercato, ha deciso di esercitare un ruolo diretto nel contrasto alla pandemia, con risultati fondamentali dal punto di vista del contenimento della stessa e della tutela della salute dei propri abitanti. Perché la discussione si arenerebbe subito sul tema dell’autoritarismo o meno di questi paesi.
Facciamo invece il confronto tra la strategia scelta dall’Italia e da molti altri e quella di quei paesi che, in contesti economici e politici simili, hanno invece scelto l’opzione “Covid free”, senza badare agli immediati interessi delle imprese e delle lobby finanziarie.
La rivista Lancet ha appena pubblicato uno studio che ha messo a confronto i paesi OCSE, all’interno dei quali Australia, Corea del Sud, Islanda, Giappone e Nuova Zelanda hanno adottato la strategia “Covid free” rispetto a tutti gli altri che hanno preferito la cosiddetta strategia di mitigazione.
Lo studio fa emergere tre dati inequivocabili:
* la salute pubblica, che dimostra come i decessi per milione di abitante nei paesi “Covid free” siano stati di 25 volte inferiori a quelli registrati nel gruppo degli altri paesi;
* l’economia (qui “casca l’asino”), che vede la crescita del Pil dei paesi
“Covid free” tornata ai livelli pre-pandemia già nel gennaio 2021, mentre
permane negativa per il gruppo degli altri Paesi;
* le restrizioni alle libertà personali e sociali, che comprova come le misure
di blocco rapide, utilizzate dai paesi “Covid free” siano state molto più brevi
di quelle adottate dal gruppo degli altri Paesi.
La conclusione è evidente: i Paesi che hanno messo al primo posto la tutela della salute e, su questo obiettivo, hanno costruito una sorta di patto sociale con i propri cittadini, sono riusciti a tutelare la vita dei propri abitanti e, contemporaneamente, hanno evitato il crollo del sistema economico e l’adozione di una prolungata restrizione delle libertà personali e sociali.
Viceversa, i
Paesi che hanno orientato le loro scelte sulle immediate esigenze dettate dal
mercato e dai grandi interessi economici non possono che constatare il proprio
fallimento su tutti e tre i versanti.
Continuiamo ad essere certi di essere nelle mani del “governo dei migliori”?
*di Attac Italia – da il manifesto del 6 maggio 2021
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