22 maggio 2021

Europa: Podemos, 5Stelle, Grünen: i nodi vengono al pettine.

 di Massimo Marino 

A volte avvenimenti apparentemente piccoli o locali danno conto di esperienze politiche o sociali di rilievo generale ben più ampie. Danno conferme lampanti, spengono teorie azzardate, chiudono una fase storica di brutto, mandano a casa leader improvvisati, riportano indietro la storia in modo inaspettato spegnendo illusorie speranze. Qui intendo riflettere del futuro dell’Europa e indirettamente dell’occidente e dell’intero destino del pianeta. Delle possibilità, dei protagonisti, delle idee forza in campo per Costruire una Nuova Europa.


 Il “fatterello” apparentemente piccolo sono i risultati e le conseguenze delle elezioni anticipate di due anni della Comunità di Madrid, di fatto la provincia autonoma di Madrid da sempre governata dal Partito Popolare. In particolare la rielezione alla grande della presidente uscente Isabel Díaz Ayuso del PP. Risultato che prefigura  il possibile ritorno dei Popolari, dati per moribondi in Spagna qualche anno fa, la scomparsa di Ciudadanos ( centristi “ moderati e giovani” emersi dalla crisi dei Popolari affondati dagli scandali), la debolezza politica dei Socialisti di Sanchez che governano di fatto in minoranza e immeritatamente la Spagna. Infine la crisi, forse definitiva, di Podemos (che 6-7 anni fa si presentava come il sole dell’avvenire del paese) con l’annuncio del ritiro dalla scena politica da parte di Pablo Iglesias, il suo discusso “leader maximo” massacrato per anni dai media  oltre che dal proprio esuberante comportamento insopportabilmente egoico. Inevitabile destino di un partito e di un leader che in poco più di sei anni di vita non ne hanno azzeccata una (dico una) dopo il grande successo dell’esordio con le elezioni politiche del dicembre 2015 (più del 21%) appena sotto i socialisti .

E’ mia impressione che in Spagna si fa oggi un balzo in avanti, o meglio in realtà si ricomincia tutto da capo con un bel saltone all’indietro di almeno 10-20 anni, quando fra scandali e clientelismi si alternavano popolari e socialisti con una sanguinosa frammentazione sociale provocata da autonomismi e indipendentismi di vecchia data che mai, in nessun momento, hanno portato qualcosa di buono. Con in più oggi un bel partito di estrema destra come Vox che probabilmente governerà la Comunità di Madrid con i Popolari. Incredibilmente la storia, in un paese che ha visto le rivolte degli Indignados e di M15 contro casta e corruzione, può anche fare passi indietro.   

Nel novembre 2018, a ridosso delle elezioni europee del maggio 2019 facevo qualche riflessione sul futuro dell’Europa indicando Podemos in Spagna, il Movimento 5Stelle in Italia, i Verdi in Germania come le tre esperienze più interessanti in Europa e di più le uniche significative per la speranza di un  alternativa almeno nell’ occidente europeo (  Uno spettro si aggira per l’Europa... non è il comunismo e neanche il populismo ) . Dei tre gruppi segnalavo pregi e difetti e le grandi possibilità che si presentavano.

Indicavo le quattro colonne su cui può basarsi un progetto chiaro di cambiamento che oggi non c’è, cioè una terza via, essendo inefficaci o disastrose quelle della destra e della sinistra, per affrontare nel nuovo secolo le questioni decisive: La Povertà, L’Ambiente, La Corruzione, I Migranti. Oggi aggiungerei La democrazia elettorale (che dovrebbe basarsi su un sistema del tutto proporzionale con un consistente quorum di almeno il 4-5 %) ed un progetto di lungo periodo per arrivare agli Stati Uniti dell’Europa (che può maturare solo su una vera transizione ecologica e solidale, non sull’ austerità all’ interno e l’atlantismo all’estero).

Indicavo la scarsità di protagonisti, necessari per una Nuova Europa: “Sono convinto che oggi non esista in Europa un partito o movimento politico che abbia i requisiti, l’elaborazione, la leadership, la consistenza, la capacità di egemonia sugli altri soggetti politici, un potenziale consenso elettorale tale da immaginare che possa da solo rovesciare l’Europa delle banche, della finanza, dell’austerità, dei corrotti, dei petrolieri e degli armamenti, degli indifferenti e delle lobby”. È quindi necessario che quello che c’è di decente lo si conosca e, abbandonando presunzione e sufficienza, gli si dia rilevanza, si trovino le strade per alleanze trasversali e impegni comuni. Si coltivi quindi una cultura della lotta alla povertà, della cura del pianeta, della ostilità aperta alle pratiche corruttive, della gestione dell’epocale problema delle migrazioni.  Questi sono i requisiti necessari e sufficienti per una Nuova Europa.

Ero convinto, al contrario di molti commentatori, che Podemos, M5Stelle e Verdi tedeschi avrebbero dovuto prendere al volo, con il voto europeo del maggio 2019, la possibilità di una inedita alleanza a tre che avrebbe portato con sé molte, anzi moltissime altre energie disperse e aperto uno scenario nuovo in Europa che avrebbe pervaso la nostra storia per i prossimi decenni del secolo.

Nelle tre forze (in tutte e tre) hanno invece prevalso, oltre ai cattivi consiglieri (alcuni già scomparsi oggi dalla scena politica), le componenti più mediocri, le ingenuità e gli egocentrismi di corto respiro, l’incapacità di vedere il futuro possibile di un terzo polo. Certo anche accecati dagli attacchi sui media, feroci e micidiali, dei nemici del cambiamento che dominano la palude europea con il gioco del bipolarismo. Aggiungendo a complicare le cose la finta alternativa delle forze del populismo-sovranismo-nazionalismo-indipendentismo-autonomismo, che ancora per un po’ avranno spazio sulla scena.  

A meno di due anni di distanza la situazione si presenta sempre più chiara:

In Spagna Podemos è al capolinea: nata 7 anni fa con una ambigua (forse virtuosa) connotazione di terza forza, un po’ anticasta, un po’ quasi rivoluzionaria, portandosi dietro un bagaglio non rinnovato di vecchi “ismi”( comunismo, ambientalismo, femminismo..) si è presto ricollocata nella nicchia, affollata ma piccola, dell’ estrema sinistra con la quale nel 2016 si è alleato per guadagnare un milione di voti in più. Obiettivo clamorosamente mancato, ottenendone addirittura altrettanti in meno. Ha permesso con supponenza che nascesse una forza nuova di centro ( Ciudadanos) che ha circoscritto il potenziale elettorale di Podemos. Ha sommato ad una sorta di democrazia diretta estenuante (fino a votare in rete sulla villetta di Iglesias), la figura del “capo politico”, detto anche “leader carismatico” (Pablo Iglesias). Così i nemici hanno potuto facilmente concentrare gli attacchi su di lui (la peggiore ingenuità che un movimento radicale può fare per farsi affondare), con ottimi risultati dato che il pablismo ha prodotto la battuta che Iglesias sia l’uomo più odiato di Spagna. Ha poi contratto il vecchio virus del governismo a tutti i costi con l’alleanza, per nulla obbligata, con la leadership minoritaria dei socialisti di Sanchez. Confermando che se una forza radicale in sviluppo si allea a tutti i costi con il moderatismo socialdemocratico ne viene fatta a pezzetti e si spalanca invece le porte ad un centro-destra anche estremista (conosco solo il caso del Portogallo dove al momento non si confermi questo assioma). Così Podemos si è divisa in due (gli scissionisti di Inigo Errejon a Madrid hanno preso il doppio di Iglesias che ha annunciato da vero eroe di ritirarsi dalla politica. Ho l’impressione che un nuovo Partito Popolare con una rivernicatina di fresco si ripresenterà alla grande sulla scena spagnola (A volte ritornano...).  

In Italia  la situazione con l'evoluzione del M5Stelle è per molti aspetti simile a quella spagnola: Qui il leader maximo e quello minimo della possibile alternativa ( Grillo e Di Maio ) con una impressionante campagna ostile durata alcuni anni  sono stati messi in ridicolo e affondati dalle bordate dei media.

Da gennaio negli ultimi mesi Grillo ha pubblicato, dopo due anni di bisbigli, alcuni interventi di rilievo. Nel vuoto cosmico della politica italiana avrebbero dovuto suscitare un bel dibattito. In particolare ritengo rilevante e condivido in parecchi punti l'intervento di marzo ( La rivoluzione MiTE del MoVimento 5 Stelle ), fra i più lunghi e interessanti interventi scritti da Grillo negli ultimi 12 anni, specie nella parte dove si dichiara “ la Transizione Ecologica e Solidale è la radice del benessere, non uno dei suoi rami”. Non so se i suoi parlamentari lo abbiano letto e nel caso davvero tutti ne abbiano compresa l’importanza. È in realtà caduto totalmente nel vuoto sui media mentre impazza invece il suo penoso video sulle eventuali malefatte sessuali del figlio.

Dal Movimento ormai a pezzi, persi più di 100 dei 330 parlamentari per non parlare del disastro nelle Regioni e nei Comuni, oltre ai transfughi in altri gruppi sono già nati una decina di microgruppi in parlamento e micropartitini fuori di scarso successo (da quello di Pizzarotti, passando a quello di Paragone e a quello della Cunial, a quelli liguri o siciliani, a quello virtuale di Di Battista mai nato, oltre a due gruppetti alla camera e al senato). I rimasti si dibattono nel dubbio amletico ( essere o non essere ): siamo parte del centro-sinistra o che siamo? Sfugge l’idea che siano nati come forza centrale e che dovrebbero essere pienamente un terzo polo, come dichiarato nei fatti alla nascita dieci anni fa. Servirebbe solo che approntassero un loro punto di vista autonomo sulle poche questioni centrali del panorama politico, magari rileggendo la costituzione e sviluppando il significato troppo esile delle 5 stelle su cui sono nati, ma l’idea non sembra vada più per la maggiore. I più sorprendenti ( Bugani, la Lombardi, la Appendino  e alcuni altri) sembrerebbero aver scoperto che la sopravvivenza starebbe nella collocazione nel centro-sinistra (che alcuni chiamano anche progressisti, campo progressista, neoulivo). Insomma, una triste riproposizione di esperienze fallite che hanno cancellato la sinistra e gli ambientalisti in Italia (che potrebbero invece essere utili). La perdita di autonomia porterebbe anche i grillini ai minimi termini in pochi mesi e aprirebbe ampie praterie al centro-destra almeno per i prossimi dieci anni. Fa tristezza la vocazione inconscia di alcuni alla subalternità verso un PD che peraltro è messo anche peggio  con la sua vocazione a rappresentare solo le parti alte e garantite del ceto medio.

In questa desolante direzione, immaginando così di avere un qualche futuro alcuni spingono al suicidio programmato il povero Conte che in fin dei conti non si merita affatto un futuro da Migliore, Pisapia, Boldrini o Tabacci. Soprattutto non se lo meritano quelli che li hanno sostenuti e votati per dieci anni per fare ben altro. È un fatto che l’aggregazione sociale che ha dato successo al movimento si stia gradualmente disgregando in tutte le direzioni. Dovremmo solo augurarci un inaspettato progetto-miracolo di riaggregazione di quanto andato in pezzi ma soprattutto la comparsa di nuove facce e idee chiare estranee al gruppo originario. Per mano di Conte in alleanza con San Gennaro. Mi permetto di dubitare che Conte, che qualche miracolo lo ha già fatto, sia però l’uomo giusto per annunciare all’Europa che serve un terzo polo di centro: radicale, ecologista, solidale. E se ci provasse da solo, sostituendo la propria immagine di nuovo leader alla forza tranquilla di un progetto collettivo che è invece ciò che serve, verrebbe facilmente abbattuto dal fuoco incrociato dei media (di destra e sinistra naturalmente) che già adesso si stanno esercitando per la sua eventuale fucilazione nel caso davvero tornasse in campo.

In Germania  i Verdi tedeschi sembrano un capolavoro incompiuto dell’era moderna. Non solo per l’Europa ma allargando lo sguardo all'intero pianeta sono portatori di contenuti importanti e condivisibili che guardano al futuro. Esistono da 40 anni, sono alla terza generazione di leadership plurali e carismatiche nei limiti del necessario. Governano con tutti, ma proprio tutti tranne la estrema destra di AFD, sulla base di confronti puntuali sulle cose da fare e solo in seconda battuta su ruoli e posti. In varie occasioni, a cominciare dai Lander, in mancanza di accordi di programma chiari hanno detto di no pur avendo i numeri. Il loro successo fino ad oggi non è stato travolgente ma ha di certo inciso positivamente sul loro paese. Fra i loro limiti io vedo una scarsa attenzione e comprensione della realtà politica degli altri paesi europei, l’allentamento delle azioni per la conversione energetica, una posizione forse ancora incerta, subalterna in parte alle ong, sul difficile tema dei migranti. Attualmente governano in 11 su 16 regioni e normalmente dove governano mantengono il loro elettorato e spesso lo aumentano pescando a destra e a sinistra. Anche se non lo hanno mai detto e tantomeno dichiarato esplicitamente sono collocati in una posizione centrale, cioè né a destra né a sinistra, della politica tedesca, in totale autonomia da SPD e da CDU. Governano anche con Linke e Liberali. I commentatori dei media italiani non sapendo bene di che parlano li definiscono in genere moderati di sinistra, chissà perché borghesi, e forse valutando con i loro editori che non c’è pericolo che siano contagiosi per l’Italia, li trattano con ipocrita benevolenza evitando accuratamente di informarci su quello che propongono e che ottengono.

Convivono al loro interno generazioni molto diverse. Ad esempio, Winfried Kretschmann, il governatore riconfermato con successo di recente nel Land industriale del Baden-Württemberg ha 73 anni mentre la leader regionale della Baviera Katharina Schulze ha 30 anni. In Assia, altro Land dove i verdi hanno trionfato, un'altra donna, Priska Hinz è il ministro locale dell’agricoltura, che è stata convertita per il 50% al biologico in 5 anni, ma è divenuta nota anche per le azioni contro il caro-affitti nelle grandi città della regione come nella tutela degli animali a rischio. Di fatto in ogni Land esiste un partito verde ben organizzato e una leadership ben riconosciuta dagli elettori (in genere un uomo e una donna). Nel congresso nazionale di Hannover del gennaio 2018 la nuova presidenza nazionale del partito è stata affidata a Robert Habeck (49 anni) e Annalena Baerbock (41 anni). Il primo è forse oggi il politico tedesco più conosciuto dagli elettori, ma la seconda, per la prima volta nella storia dei Grünen, è stata di recente indicata come la candidata dei Verdi alla Cancelleria tedesca per le elezioni politiche che si svolgeranno, per la prima volta senza la Merkel, in settembre. Unità, organizzazione, disciplina, pragmatismo, fedeltà agli obiettivi delle origini e risultati pretesi anche se con passi molto graduali ma continui, hanno progressivamente consolidato il carattere popolare e nazionale dei Grunen.

Sui migranti stanno cercando di trovare un giusto equilibrio: propongono di decidere finalmente una quota significativa di ingressi legali e organizzati per l’intera Europa, con una distribuzione concordata dei rifugiati. Un programma comune immediato per il salvataggio marittimo ma nessuna concessione e distrazione sulle forme irregolari e clandestine di ingresso in Europa.

Sulla condizione sociale degli strati più precari e deboli e sulle disuguaglianze (il terreno della Linke) i Grünen sembrano progressivamente maturare maggiore attenzione, ma hanno fatto proprie anche alcune sensibilità sulla famiglia e sulla nazione (temi tipici dei conservatori e della destra) pur difendendo tutte le espressioni dei diritti civili individuali. Nella politica estera i Grünen hanno richiesto maggiori critiche e sanzioni verso i governi che esercitano limitazioni alla libertà di espressione (esempio Putin, Trump, Xi Jinping, Erdogan, Al Sisi).

Gran parte dei commentatori a riguardo delle elezioni politiche di settembre pongono come questione dirimente il risultato dei Grünen che secondo i sondaggi sarebbero al di sopra del 20%, (erano all’8,9), ormai staccati dalla SPD e in alcuni casi stimati come primo partito al di sopra anche della Union (CDU-CSU). Alcuni commentatori sostengono che il successo dei Grünen deriva anche dalla loro ostinazione ad aggiungere invece che contrapporre posizioni e proposte diverse in tutti i casi in cui questo è possibile, quasi una virtuosa soluzione delle vecchie contrapposizioni interne ed un modo per mantenere una elasticità accettabile, ma non opportunista, nel confronto con gli altri movimenti o soggetti politici. In ogni caso è considerata molto probabile una loro presenza nel nuovo governo della Germania e l’imporsi dei loro contenuti al centro della scena. Con anche qualche possibilità che Annalena Baerbock possa essere la Cancelliera che sostituirà la Merkel dopo 16 ininterrotti anni.

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Dalle vicende qui accennate si possono trarre alcuni preziosi e decisivi insegnamenti:

1)    La transizione ecologica e solidale è la proposta su cui si basa qualunque ipotesi di cambiamento adeguato alla crisi sociale, ambientale, sanitaria, prima per l’Europa poi per l’intero occidente. E’ la sfida di questo nuovo secolo ma il tema è del tutto estraneo ed in gran parte alternativo ai soggetti sociali ed economici ed alle forze politiche che si sono sviluppate dal dopoguerra del secolo scorso.

2)    I Movimenti politici e sociali che si ponessero come alternativi devono esprimere un progetto comune almeno per l’intera Europa, in piena autonomia dai vecchi schieramenti politici e con una graduale precisazione degli obiettivi che possono essere ottenuti solo se compresi e sostenuti da una ampia maggioranza della società.

3)    Progetto vuol dire avere punto per punto una propria visione che quasi sempre non coincide né con quella delle destre né con quella delle sinistre esistenti: dalla concezione della democrazia rappresentativa affiancata da forme di democrazia diretta, da sistemi elettorali di tipo proporzionale che però evitino la frammentazione con un quorum consistente e cancellino le logiche maggioritarie; dal superamento di una Europa dell’austerità verso una Europa federata e unita basata sulla solidarietà sociale e su una reale sostenibilità ecologica, fino ad una gestione equilibrata dei fenomeni di migrazione basata su corridoi umanitari comunitari e sull’eliminazione dell’immigrazione irregolare e clandestina. Sostenendo con coraggio l’inversione di rotta nella produzione di armamenti e nella proliferazione di guerre locali.

4)    Non servono capi politici nella forma di leader carismatici, nemmeno il governismo a tutti i costi o il massimalismo dell’opposizione minoritaria. Per formare o rompere alleanze elettorali o di governo il metodo unico è valutare in modo chiaro, trasparente, pubblico e comprensibile a tutti, quale sia la soglia fra il compromesso accettabile e quello insostenibile dal punto di vista dei risultati attesi. Pronti a qualunque passo avanti o indietro se le alleanze non producono risultati positivi. Non si può promettere per domani obiettivi o risultati palesemente impraticabili od ottenibili solo con tempi adeguati. Ciò comporta una grande attenzione alla selezione delle leadership ed al mantenimento di una separazione fra leadership politica e leadership istituzionale che non possono coincidere se non in modo limitato, perché diventano facilmente vulnerabili. Il sistema dei media, che in Italia in particolare si è aggiornato in modo da occupare anche i nuovi spazi in rete, è sostanzialmente ostile a qualunque forma di cambiamento radicale della società italiana, perché gli editori sono in gran parte rappresentanti del vecchio sistema di potere. Non esiste nessuna libertà di stampa, tranne rare eccezioni, neanche in ambito pubblico, in cui si possano esprimere idee nuove in modo ragionato ma abbiamo solo una gradazione di distorsione  mediatica diffusa rispetto a ciò che si esprime nella società. La nascita di strumenti di comunicazione davvero autonomi è quindi parte del progetto di alternativa.

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Una specifica riflessione va fatta su cosa si intende per transizione ecologica e per  sostenibilità.  Termini  oggi di gran moda che diventano vuoti e privi di contenuti tutte le volte che si prova ad entrare nel merito.

Premesso che non amo molto tutti gli aggettivi o le aggiunte alla parola ecologismo che tendono a rendere più complicato il senso del termine, riducendo invece di allargare la schiera dei possibili sostenitori, trovo necessario che si chiarisca sempre che cosa si vuole eliminare o cambiare e cosa si vuole proporre e attuare, sapendo che non esiste alcuna transizione ecologica che possa andare bene a tutti, almeno nella fase probabilmente lunga della sua attuazione che ritengo dovrebbe occupare almeno i prossimi 30 anni. Oggi viviamo nell’equivoco permanente, quando non nella voluta falsificazione, sul significato di transizione e sostenibilità. Le azioni di transizione nei loro termini generali a me sembrano estremamente semplici ma accuratamente nascoste perché sarebbero sostenute da una grande maggioranza della popolazione.

Qui solo per titoli e per cenni sintetici indico le tre principali aree del vivere collettivo dove dovrebbe essere chiarita la direzione vera della transizione:

Come abitare: le abitazioni occupano un segmento rilevante dei consumi energetici e di materiali. Le nuove abitazioni sono sostenibili se si autoproducono le fonti di consumo energetico (riscaldamento e consumi elettrici) attraverso sistemi rinnovabili; prima di tutto pannelli solari e fotovoltaici sui tetti, che devono essere concepiti come parte organica e scontata di ogni fabbricato nuovo o nato dalla riconversione ecologica di quelli esistenti. Si tratta in Italia di circa 15 milioni di edifici, di cui oggi molto meno del 10% fa un qualche uso significativo di fonti rinnovabili e attua la riduzione dei consumi energetici. L’autoproduzione energetica delle singole abitazioni e ancor più la gestione nei condomini, malgrado gli anni trascorsi e i potenziali enormi effetti su economia e occupazione trova ancora notevoli difficoltà burocratiche, una significativa carenza legislativa mentre è sul piano dei costi del tutto vantaggiosa. Dietro le difficoltà emerge la resistenza aperta delle grandi società produttrici di energia elettrica derivata dai fossili che boicottano l’estensione della autoproduzione individuale da rinnovabili.

Come muoversi: nel secolo in corso bisognerebbe programmare, il più rapidamente possibile, l’abbandono dell’auto privata come principale vettore di mobilità, da relegare ad un uso residuale nei casi in cui è indispensabile. Le linee pubbliche, collettive, dedicate, interconnesse alla rete ferroviaria (cioè le reti metro sotto, sopra e a livello stradale) sono l’unica mobilità davvero sostenibile, accompagnata dall’andare a piedi, in bicicletta o con mezzi individuali e collettivi a ricarica diretta da fonti rinnovabili. Questa deve superare auto, bus, tram, motorini e monopattini, cioè tutti i mezzi individuali e collettivi che fanno uso diretto di derivati del petrolio o indiretto come nel caso delle auto elettriche e altre forme di elettrificazione  la cui fonte di produzione o ricarica sarà per molti anni prevalentemente non rinnovabile, cioè ottenuta dai soliti noti derivati dal petrolio e con un bassissimo rendimento.

Le reti metropolitane dovrebbero interessare almeno una quindicina di città italiane sopra i 200mila abitanti. In particolare Roma (2,8 mil), Milano (1,4 ), Napoli ( 0,950),Torino (0,860), Palermo (0,650). La densità abitativa, e quindi di auto, è particolarmente alta (sopra i 6000 abitanti/km²) a Napoli, Milano e Torino. È noto che l’Italia è il paese dell’intero pianeta con il più alto numero di auto/abitante (circa 65 su 100). I 40 milioni di auto circolanti vanno per più dell’80% alla pari a benzina o diesel. Per avere un impatto significativo sulla mobilità occorrerebbero almeno 1000 km di rete mentre attualmente abbiamo all’incirca 230 km totali di piccoli segmenti in sole 7 città ( Milano, Roma, Torino, Napoli, Catania, Genova, Brescia). Solo Milano ( 100 km)  ha uno schema vicino ad una rete efficiente con propaggini limitate all’esterno dei confini cittadini che sono quelle più significative per gli effetti sul traffico e l’inquinamento. Le metropolitane hanno un consistente effetto nella riduzione del costo del trasporto individuale e nella riduzione dei tempi di trasporto, dati che vengono normalmente trascurati in qualunque confronto.

Incredibilmente la scelta  della metro  è assente nel dibattito sulla mobilità (anche da parte dei principali gruppi ambientalisti). Nel M5Stelle i più sofisticati parlano dell’idrogeno e dei suoi colori, parecchi altri confondono la conversione della mobilità con l’espansione delle auto elettriche (una clamorosa dimostrazione di subalternità culturale). O almeno questo emerge dalle superficiali dichiarazioni di esponenti noti come, ad esempio, Di Maio e Appendino mentre le proposte della Raggi su Roma riferite al Recovey Plan (una decina di miliardi per completare la linea C e per avviare una successiva linea D della metro) sono state messe da parte con l’avvento del governo Draghi che per i prossimi anni finanzierebbe 11 km totali (!) per le metro in Italia. In pratica stiamo cancellando l’unica alternativa rilevante nel campo della mobilità almeno per i prossimi 50 anni nella più totale indifferenza. 

Come mangiare: L’agricoltura, la zootecnia, la dieta e l’educazione alimentare, in generale le attività che riguardano la nostra alimentazione e quindi la nostra salute e sopravvivenza sono probabilmente la terza colonna su cui sviluppare la transizione ad un nuovo modello del nostro vivere collettivo. Seppure affrontate in compartimenti separati tutte le questioni che riguardano la nostra sopravvivenza dal punto di vista alimentare sono note e dibattute da anni ma in genere non vengono affrontate con l’obiettivo della transizione ad una dieta sostenibile. Per quanto possa sembrare un paradosso nell’insieme dei paesi dell’Occidente, Italia compresa non è la fame il problema ma l’intera filiera dell’alimentazione, dagli allevamenti al consumo di carne, allo stile di vita, portano la gran parte della popolazione ad una educazione e comportamento alimentare non sostenibile dal punto di vista ambientale e della salute. Nell’UE quasi l’otto per cento dei decessi (1 milione all’anno) sono dovuti alle conseguenze dirette o indirette di una alimentazione non corretta, in gran parte causata dal sovrappeso e dall’obesità che coinvolgono 1 su 4 dei bambini ed arrivano a quasi 1 su 2 dopo i 18 anni. Il 10% della popolazione sopra i 50 anni è affetta da preoccupante obesità. La produzione di carne in particolare, che in Italia è prevalentemente importata, è un sistema inefficiente che produce almeno il 15% delle emissioni di gas serra (più dell’intero sistema dei trasporti di terra, mare e aria). Nei paesi occidentali circa il 50% della alimentazione animale è data dal consumo di cereali nobili cioè in realtà commestibili direttamente da parte dell’uomo che solo per il 6% in peso, con un enorme consumo di acqua ed emissione di gas serra, si trasforma in carne utile per l’alimentazione umana.

La questione oggi è concentrata prevalentemente sul dibattito, con valenze etiche, fra vegetariani/vegani (circa l’8% nel nostro paese) e carnivori. Si stima che il consumo medio di carne in Italia sia di circa 90 kg/anno per abitante (consumo apparente) che in realtà si riduce a un po’ meno di 40 kg/anno di consumo reale eliminati gli scarti, cioè circa 100 gr/giorno di cui il 70% è costituito da carni rosse (bovini e suini). Il dibattito in genere è sviato dalla osservazione che in particolare per la vitamina B12 una dieta rigidamente vegetariana creerebbe problemi di squilibrio alimentare specie nella fase di crescita. Vari dietologi osservano che in realtà la B12 proviene dagli animali prevalentemente perché fungono da concentratori di B12 proveniente dai cereali commestibili che mangiano ma che negli allevamenti intensivi scarseggia ed è quindi compensata con aggiunte dirette di B12 nel pasto. Proteine, aminoacidi e vitamine possono comunque essere forniti in misura sufficiente da una dieta equilibrata anche senza il consumo di carne. Vari organismi internazionali, superando la storica diatriba fra vegetariani e carnivori, sostengono che una reale conversione alla sostenibilità ambientale farebbe significativi passi avanti per le emissioni di gas serra e la grave inefficienza del rendimento dietetico e di materie consumate dagli allevamenti animali (carne e pesce), se si raggiungesse l’obiettivo di dimezzare ( a 50 gr/giorno) i consumi medi di carne.  Si potrebbe ottenere così un drastico ridimensionamento degli allevamenti intensivi il cui unico reale vantaggio è quello dell’abbattimento dei costi e dell’aumento degli utili delle grandi multinazionali della zootecnia.


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