Verso la coalizione Giamaica. Tetto ai migranti e
austerità, i Grünen stretti tra due partiti che spingono a destra
Il potere
logora chi non ce l’ha. La speranza dei Verdi tedeschi, dopo il voto di
domenica, è che l’aforisma di andreottiana memoria sia vero, ma la paura che le
cose possano stare diversamente è molta. Dalle urne i Grünen sono usciti con un
soddisfacente 8,9% che li proietta nella «coalizione Giamaica» con i neri
democristiani della Cdu/Csu e i gialli liberali della Fdp. Tornare al governo
dopo 12 anni di opposizione è certo cosa da rendere allegri, ma le condizioni
in cui gli ecologisti si apprestano a farlo sono le peggiori possibili:
nell’eventuale prossimo gabinetto di Angela Merkel sarebbero non solo la forza
minore, ma soprattutto dovrebbero convivere con due partiti che spingono verso
destra. I bocconi amari da inghiottire potrebbero rivelarsi troppi, e il conto
da pagare alle elezioni future – sia regionali, sia politiche tra quattro anni
– rischierebbe di essere salatissimo.
I
democristiani, in particolari i bavaresi della Csu, vogliono a tutti i costi
riconquistare l’elettorato perduto a vantaggio dei nazionalisti di AfD: è da
attendersi un ulteriore giro di vite sulla questione-profughi, da Monaco il
governatore Horst Seehofer è subito tornato a chiedere in barba alla
Costituzione di fissare per legge un tetto massimo di persone da accogliere. I
liberali si ergono a guardiani dell’ortodossia in campo economico: l’austerità
deve restare un dogma intoccabile, in patria ma soprattutto in Europa.
I Verdi, dal canto loro, sostengono con forza l’apertura ai migranti e una svolta sociale nell’Ue: le contraddizioni in seno alla probabile coalizione di governo non potrebbero essere più grandi. Esistono ovviamente anche punti in comune. La «protezione del creato» sta a cuore anche ai democristiani che difendono il patrimonio naturale del Paese come elemento-chiave dell’identità tedesca, i diritti civili sono il terreno d’incontro con i liberali. E ci sono le esperienze dei Länder: la coalizione con la Cdu funziona in Baden-Württemberg e in Assia, e da tre mesi c’è un’alleanza «giamaicana» nello Schleswig-Holstein, la regione al confine con la Danimarca. Ma rischia di non bastare. Soprattutto se da sinistra incalzeranno le opposizioni «rosse» della Spd e della Linke, magari facendo sponda con il sindacato: la confederazione unitaria Dgb si è già detta preoccupata di un ritorno al governo dell’ultra-liberista Fdp, che tra le promesse elettorali aveva quella di annacquare la legge sul salario minimo legale.
I Verdi, dal canto loro, sostengono con forza l’apertura ai migranti e una svolta sociale nell’Ue: le contraddizioni in seno alla probabile coalizione di governo non potrebbero essere più grandi. Esistono ovviamente anche punti in comune. La «protezione del creato» sta a cuore anche ai democristiani che difendono il patrimonio naturale del Paese come elemento-chiave dell’identità tedesca, i diritti civili sono il terreno d’incontro con i liberali. E ci sono le esperienze dei Länder: la coalizione con la Cdu funziona in Baden-Württemberg e in Assia, e da tre mesi c’è un’alleanza «giamaicana» nello Schleswig-Holstein, la regione al confine con la Danimarca. Ma rischia di non bastare. Soprattutto se da sinistra incalzeranno le opposizioni «rosse» della Spd e della Linke, magari facendo sponda con il sindacato: la confederazione unitaria Dgb si è già detta preoccupata di un ritorno al governo dell’ultra-liberista Fdp, che tra le promesse elettorali aveva quella di annacquare la legge sul salario minimo legale.
I Grünen
affermano di essere un partito della giustizia sociale, e la combattiva
corrente della sinistra interna prende molto sul serio questa auto-definizione.
Malgrado il partito sia stato guidato in campagna elettorale da due esponenti
moderati, Cem Özdemir e Katrin Göring-Eckardt, la base e i gruppi dirigenti
sono sostanzialmente equamente divisi fra «realisti» e «radicali», e questi
ultimi non resterebbero senza farsi sentire di fronte a compromessi
inaccettabili. Ma anche i «realisti» sanno di non dover mettere a repentaglio
il tesoretto elettorale: la storia recente della Repubblica federale mostra che
una legislatura al governo può rivelarsi fatale per il partner minore della
coalizione. È ciò che è appena accaduto ai socialdemocratici della Spd, mai
così in basso, ma soprattutto ciò che capitò alla Fdp nel 2013: dopo quattro
anni nell’esecutivo segnati da polemiche continue, precipitarono dal 14,6% al
4,8%, restando clamorosamente fuori dal parlamento.
( nella foto i
leader dei Verdi Katrin Göring-Eckardt e Cem Özdemir )
* da il manifesto 27 settembre 2017
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