di Anna Molinari *
Si è fatto un gran parlare di referendum, trivelle, partecipazioni e astensionismi.
Come in molte occasioni bastano pochi giorni perché un problema - che fa
notizia, che per alcuni non è nemmeno un problema - venga soppiantato da altre
discussioni, bagarre, dibattiti. Non mi sbilancerò sulle ragioni
di quel voto, perché le hanno già sviscerate in molti e in maniera
competente, completa, convincente. Un riferimento su tutti, questo… ops, mi sono appena sbilanciata.
Non mi lascerò andare a tirate moralistiche, chiamando in causa il futuro dei
nostri figli (anzi, per il momento forse vostri, miei non ancora) e delle risorse energetiche che stiamo consumando, ingordi in anticipo sul futuro
degli altri… ma ops, mi sono appena lasciata andare. Non ricorderò
ancora una volta e ancora in questa sede gli impegni presi in sede di Cop21, gli investimenti messi in
programma a favore delle energie rinnovabili, le promesse declinate al tempo del
poi che rischiano di risolversi in parole e fumo… ma ops, l’ho appena
ricordato.
Farò altro, e questa volta non saranno sarcastiche sviste. Tirerò un
filo, pindarico per voli geografici, coerente per provvedimenti e temi. Perché
se l’indifferenza corre veloce sui binari del disinteresse, ci sono scelte che
vale la pena valorizzare e che si orientano invece controcorrente a favore di
una coraggiosa (e redditizia) lungimiranza.
AUSTRALIA: dopo 10 anni di lavoro entra in funzione un progetto unico e innovativo, The Perth Wave Energy Project, una centrale che produce energia elettrica dal moto
ondoso. Niente piattaforme a stuprare i fondali marini, ma un’eccezionale
esperimento che alimenterà un’intera base navale (e che sarà acquistato per
intero dal Dipartimento della Difesa). Forte di una tecnologia avanzatissima
che permette di ricavare energia rinnovabile sfruttando le onde del mare,
l’impianto sarà completamente sommerso e invisibile da riva e renderà possibile
la produzione di energia elettrica grazie alla pressurizzazione
dell’acqua che andrà ad azionare le turbine. Un impianto il cui sviluppo è
potenziato anche in Svezia, dove la Seabased ha sperimentato all’inizio del 2016
un impianto sottomarino che permette l’estrazione di
energia elettrica sfruttando la differenza di potenziale gravitazionale. Per
chi, tornando al suolo italico, si beava dell’invalidità del referendum adducendo ragioni demagogiche come ad esempio la salvaguardia del
posto di lavoro per gli operai delle piattaforme che godranno indefinitamente
di concessioni estrattive, en passant ma non troppo occorre sottolineare
che l’impianto svedese presuppone la creazione di 20 mila posti di lavoro
entro il 2030 grazie allo sviluppo di tecnologie legate alla produzione di
energie marine.
FRANCIA: la notizia è stata ripresa in Italia dai comitati
referendari per il Sì, tra i quali ha riscosso il meritato plauso, ma non se
n’è di certo parlato a sufficienza. Diamo il nostro contributo ripetendola ora.
Dopo la Croazia, che lo scorso gennaio ha confermato l’intenzione a porre
una moratoria al progetto di esplorazione ed estrazione di idrocarburi, gas
e petroli in Adriatico, ora è il turno dei francesi. Oltralpe, la Ministra dell’Ambiente e dell’Energia ha
fatto altrettanto, puntando il dito sugli esiti drammatici che potrebbero verificarsi in
caso di incidente dovuto a operazioni di trivellazione e anzi richiedendo
l’estensione della moratoria nel quadro della convenzione di Barcellona.
INDIA: giornate storiche in quest’inizio d’anno per la
Repubblica, se per la prima volta il fotovoltaico risulta più economico del carbone. Un tweet del Ministro Piyush Goyal sancisce un passaggio memorabile
per la quinta riserva di carbone più grande al
mondo. L’energia
solare non solo è sostenibile e rinnovabile, è anche più conveniente del fossile. E lo si afferma in una nazione che
a livello mondiale occupa il quinto posto anche nella produzione di energia eolica.
Se non di spegnerla, permettetemi quindi di riportare in asse la polemica:
le discussioni intono al quesito referendario dello scorso 17 aprile, pur
legittime nell’interpretare i comportamenti di voto come un riconoscimento o un
disconoscimento dei diritti e doveri dei cittadini, o come segnale di
(s)fiducia nel Governo e nel suo operato, non possono scostarsi più di tanto -
pena l’andare fuori tema - dal nocciolo del discorso: il Pianeta ha
innegabilmente e improrogabilmente bisogno di investimenti sostenibili. Sono quegli investimenti globali, delle istituzioni
e dei singoli, che permetteranno alle generazioni future di vivere,
sopravvivere e consumare (speriamo meno e meglio di come stiamo facendo noi) e, perché no, anche di scegliere
consapevolmente, in una domenica di sole, di esercitare con coscienza un
proprio diritto in cabina elettorale.
* da www.unimondo.org 28 Aprile 2016 foto: Linkiesta.it
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