Elezioni generali nella Rdc. Tra i quattro candidati che hanno possibilità c'è anche il ginecologo Denis Mukwege. Ma il favorito resta il presidente uscente Tshisekedi. Crisi economica e la guerra nelle regioni orientali. L’M23 intanto avanza su Goma
di Filippo Zingone *
Oggi 44 milioni di congolesi saranno chiamati a votare per il prossimo presidente della Repubblica democratica del Congo (Rdc), insieme ai membri del parlamento nazionale e di quelli locali. In tutto i candidati alla presidenza sono 21, ma di questi solo 4 hanno una reale possibilità di aggiudicarsi la vittoria. Moïse Katumbi, ricco uomo d’affari ed ex governatore del Katanga; Martin Fayulu, ex direttore generale di Exxonmobil in Etiopia, uscito sconfitto dalle elezioni del 2018; Denis Mukwege, ginecologo premio Nobel per la pace nel 2018 per il suo lavoro con le donne vittime di stupro nei conflitti della Rdc; ultimo, e dato per favorito, il presidente uscente Felix Tshisekedi, che proverà a riconfermarsi dopo 5 anni di governo.
IL CLIMA ELETTORALE non sembra preludere a un voto pacifico e trasparente. Alcuni candidati dell’opposizione hanno deciso, a fine novembre, di fare ricorso contro la Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni) per la consegna di schede elettorali stampate su carta scadente quindi ad oggi quasi illeggibili.
L’insicurezza nelle regioni orientali ha portato, mercoledì scorso, l’esecutivo ad annunciare che nei territori interessati dagli scontri tra M23 ed esercito non si potrà votare. Le opposizioni poi accusano il governo di avere un atteggiamento repressivo verso gli avversari di Tshisekedi: arresti arbitrari di esponenti delle opposizioni e giornalisti critici con il governo, ma anche morti sospette di alcuni membri delle opposizioni.
ANCHE NELLE PIAZZE gli ultimi mesi sono stati segnati da scontri tra i sostenitori dei vari candidati. Scontri documentati anche da Human Rights Watch che chiede ai candidati di non fomentare le violenze per dare la possibilità ai cittadini di scegliere liberamente chi votare.
La sicurezza nel Nord Kivu e nell’Ituri, che insieme alla grave situazione economica è stato uno dei temi più evocati durante la campagna elettorale, sembra essere peggiorata da quando la milizia M23, sostenuta dal Ruanda, ha ripreso la sua avanzata verso Goma. Il Sostegno del Ruanda ha reso sempre più tesi i rapporti tra i due stati, fino quasi allo scontro diretto. Non solo l’M23 avanza, ma anche le Forze democratiche alleate (Adf), milizia ugandese legata allo Stato islamico, continuano le incursioni in territorio congolese. A queste due milizie si aggiungono più di 120 gruppi armati che competono per il controllo delle miniere.
Una situazione che potrebbe degenerare definitivamente dopo che la scorsa settimana l’ex presidente del Ceni, Corneille Nangaa, oggi in esilio in Kenya, ha annunciato la nascita di un’alleanza politico militare con l’M23 e altri gruppi armati per «salvare il paese». Per tutta risposta Kinshasa ha ritirato il proprio ambasciatore da Nairobi e chiesto al governo keniano di arrestare gli esponenti della nuova alleanza, richiesta declinata e respinta al mittente.
IN 5 ANNI DI GOVERNO Tshisekedi ha cercato aiuto nei paesi della regione per porre fine agli scontri armati nell’est del paese. A questo era mirata l’entrata della Rdc nella East African Community (Eac), che ha schierato nel Kivu e nell’Ituri diversi contingenti militari dei paesi membri. Alla missione dell’Eac però l’esecutivo ha deciso di non rinnovare la fiducia. Anche la missione delle Nazioni unite, conosciuta come Monusco, dopo 30 anni di presenza sul campo ha concordato il suo ritiro entro la fine del 2024.
In tutto ciò, la popolazione delle regioni orientali rimane schiacciata tra l’esercito e le milizie. Sono diversi milioni i morti causati dalle guerre delle ultime tre decadi nelle regioni orientali della Rdc, che conta oggi 6,9 milioni di sfollati interni. Legata a stretto giro con gli scontri armati è la condizione economica sempre più disastrosa: due terzi della popolazione congolese vive sotto la soglia di povertà.
LA RISCRITTURA DEGLI ACCORDI con le potenze straniere riguardo l’estrazione mineraria e il ripristino del controllo delle miniere in mano ai gruppi armati sono, secondo i candidati, i punti di partenza per risollevare la malata economia nazionale. Se i sondaggi raccontano una popolazione che per l’85% si dice pronta a presentarsi alle urne, molti, soprattutto nelle regioni dell’est, non avranno questo diritto. «Noi dobbiamo stare a guardare queste elezioni dai campi profughi sotto la pioggia, senza poter votare. Siamo congolesi anche noi o no?» ha dichiarato all’East African News una madre di 8 figli in un campo profughi alla periferia di Goma.
nella foto: Manifesti elettorali in una strada di Kinshasa, nella Repubblica democratica del Congo
* da il manifesto - 20 dicembre 2023
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