di Fiorello Cortiana
Il 29 novembre si è aperto a Cancún, nel sud del Messico, il vertice Cop 16, la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici la "madre" del Protocollo di Kyoto. 194 paesi si confronteranno fino al 10 dicembre sulle politiche di contrasto del riscaldamento globale. Le Nazioni Unite hanno dato il via al confronto con le chiamate di impegno e di compromesso: un tono franco e pragmatico che rivela le difficoltà di cogenti decisioni comuni dopo le delusioni del summit 2009 di Copenhagen. All'apertura il presidente messicano Felipe Calderón ha ricordato l'uragano dello scorso anno in Messico, quello che ha colpito il Pakistan e gli incendi devastanti in Russia, esempi di calamità naturali in crescita a causa dei cambiamenti climatici. Un richiamo alla memoria consapevole dei 15.000 delegati presenti: dai governi, ai parlamentari, dalle imprese alle associazioni.
Per il presidente Cop Espinosa è possibile un accordo per azioni di adattamento, trasferimento tecnologico e forestazione, con la creazione di un nuovo fondo per il finanziamento per il clima a lungo termine. Ma Christiana Figueres, segretario esecutivo dell'Unfccc, ha detto che per questo risultato una serie di questioni politiche a partire dalle azioni di mitigazione, devono essere risolte. Nel 2010, a seguito degli accordi giuridicamente vincolanti del Protocollo di Kyoto, i 37 paesi industrializzati e i 42 in via di sviluppo, tra cui le maggiori economie emergenti, hanno sottoscritto un impegno volontario per azioni di limitazione dell'effetto serra attraverso la riduzione delle emissioni in atmosfera. Ora gli obiettivi di mitigazione promessi devono essere formalizzati come questioni di urgenza: i paesi sviluppati avevano preso impegni per 28 miliardi di dollari e manca la chiarezza sulla disponibilità di un fondo efficace.
L'Onu vuole evitare un vuoto politico dopo il primo periodo di impegno sul Protocollo di Kyoto, per fare chiarezza sul suo proseguimento, con il coinvolgimento del settore privato sulla definizione delle regole per i meccanismi di mercato oltre il 2012. L'obiettivo finale dei trattati è la stabilizzazione delle concentrazioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera a un livello tale da impedire che le interferenze con il sistema climatico continuino ad essere pericolose. La commissaria europea al Clima, Connie Hedegaard, avrebbe voluto portare a Cancun i 7,2 miliardi di euro promessi dai paesi Ue ai paesi in via di sviluppo per la lotta al riscaldamento globale nel triennio 2010-2012. Alla sua partenza da Bruxelles mancavano ancora 200 milioni per completare l'impegno 2010 (2,4 miliardi di euro). Sono i 200 milioni che aveva promesso l'Italia. Giulio Tremonti, il 17 novembre scorso, a margine di un Consiglio Ecofin a Bruxelles, aveva dato delle assicurazioni esplicite. «L'impegno è confermato, stiamo facendo dei calcoli, non è materia politica». Il governo si era impegnato per 600 milioni di euro per il triennio (200 milioni all'anno), la Spagna (300 milioni per il triennio) la Svezia 800, la Gran Bretagna 1,6 miliardi di euro, Francia e Germania 1,26 miliardi di euro. Il Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha confermato la disponibilità dell'Italia a impegnarsi per il futuro del pianeta, soltanto se anche le altre potenze mondiali faranno lo stesso, perché ritiene inaccettabile e inutile che l'Italia prosegua nella sua battaglia al riscaldamento globale quando potenze come Giappone, Stati Uniti, Cina, Russia e India hanno espresso l'intenzione di non aderire a un protocollo Kyoto 2 e non hanno sottoscritto il pacchetto europeo 20-20-20 ( ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili).Il ministro belga Paul Magnette ha proposto che «se i paesi che inquinano di più continuano a ostacolare l'adozione di obiettivi vincolanti per la riduzione delle emissioni, l'Unione Europea deve considerare, come previsto dal rapporto del Wto 2009, una Carbon Tax sui prodotti importati dai paesi che praticano una concorrenza sleale nei confronti delle nostre imprese». Posizione caldeggiata dal presidente francese Nicolas Sarkozy e dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
L'Europa ha adottato il pacchetto 20-20-20 proprio a seguito del difficile accordo tra le sue ambizioni «ambientaliste» con quelle della Cina, dell'India, del Brasile, del Sudafrica che non vogliono vincoli per il loro "miracolo economico". L'uscita dalla recessione dentro la competizione globale già oggi, vedi Germania, parte da soluzioni capaci di coniugare lo sviluppo con la riqualificazione dei modelli produttivi e quindi con i cambiamenti climatici e costituisce una opportunità di crescita economica. Solo così, oltre ai contributi finanziari, l'Europa può mettere sui tavoli Onu know how innovativo, trasferimento di tecnologie avanzate, capacità di mediazione, per caratterizzare la natura dello sviluppo economico dei nuovi protagonisti mondiali e dei loro mercati.
Secondo Mariagrazia Midulla, della delegazione del Wwf, «vediamo una netta discrepanza tra l'obiettivo dichiarato per la limitazione del riscaldamento globale e gli impegni internazionali in materia di mitigazione e finanziamenti. Tuttavia, in molti paesi stiamo registrando una crescita di consenso attorno alla necessità di agire per il clima a livello nazionale». Per Greenpeace i paesi industrializzati devono ridurre le proprie emissioni tra il 25 e il 40% entro il 2020 rispetto al 1990, indipendentemente dai paesi emergenti. Con i tagli previsti oggi, il proposito di Copenaghen per limitare l'aumento della temperatura media entro i 2°C non sarà mai possibile. Questi i quattro punti chiave per il Wwf al summit, non sono desideri ma necessità per la nostra vita, per questo occorre una coscienza di specie:
«Creazione di un fondo globale per il clima e una dichiarazione chiara su come implementare le nuove e innovative fonti di finanziamenti per il clima che sono state proposte di recente dal Gruppo Consultivo di alto livello del Segretario Generale dell'Onu;
Completamento del testo sull'adattamento e decisioni sulle diverse opzioni per il Quadro Generale di Attuazione delle Iniziative per l'Adattamento. Le Parti dovranno affrontare il fatto che alcuni impatti climatici sono già irreversibili e che i Paesi e le comunità vulnerabili hanno il diritto di essere assistiti quando tali perdite si verificano;
Rafforzare il testo Redd-Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degrado forestale, per istituire efficaci sistemi nazionali che garantiscano la protezione delle popolazioni indigene e della biodiversità, e che le cause della deforestazione vengano affrontate dai paesi industrializzati e da quelli in via di sviluppo. L'azione di Norvegia e Francia su numerose foreste tropicali, comprese quelle del Messico, ha mobilitato 4,5 miliardi di $ per arrestare il processo di deforestazione;
Adottare formalmente gli impegni per il taglio delle emissioni presi nell'ambito dell'Accordo di Copenhagen e concordare in quale modo effettuare la misurazione, la rendicontazione e la verifica».
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