5 giugno 2010

ECO FEMMINISMO - Lotte e Diritti


di Ynestra King


Tra la metà dell’800 e per tutto il ‘900 i movimenti femministi hanno abbattuto molte barriere, trasformando la vita delle donne e contribuendo a cambiamenti sociali e politici più vasti, per il miglioramento della condizione femminile e del progresso della società. In una prima fase, il movimento femminista puntò al conseguimento dei diritti già in possesso degli uomini: il diritto di cittadinanza, il diritto di voto, il diritto di accedere a servizi sociali, quali l’educazione e la sanità.
Le prime femministe statunitensi introdussero nella loro “Dichiarazione dei sentimenti” (1848) un appello per l’immediata concessione del voto alle donne. 72 anni dopo, un emendamento della Costituzione conferì alle donne il suffragio nazionale nel 1920. Le donne hanno combattuto per pari opportunità lavorative, facendo intense campagne contro le leggi che limitavano la loro occupazione e i loro stipendi, nonché sostenendo la sindacalizzazione delle lavoratrici. Nel 1914 in Germania erano iscritte al Partito Democratico Socialista circa 175.000 donne. Nelle Filippine, in India e in altri paesi, le donne hanno attivamente fatto parte di organizzazioni contadine o di movimenti operai, dal 1930 in poi.
La Norvegia negli anni ’70 ha approvato una legislazione per la parità di retribuzione dopo le forti pressioni esercitate dal movimento nazionale delle donne e dal comitato femminile del Partito Laburista. In molti paesi, le donne si sono impegnate per il riconoscimento sociale dei diritti pubblici e privati, soprattutto i diritti alla maternità e pari diritti nel divorzio, nella successione e nella retribuzione.


Dalla metà del ‘900 in poi, la paura di una catastrofe ambientale si è sviluppata in ogni fascia sociale. L’Umanità per decenni ha subito la minaccia di guerra nucleare planetaria, e i mille e più esperimenti atomici, condotti dalle superpotenze, hanno rappresentato l’affacciarsi anche di ulteriori angosce ecologiche.
La grande paura della contaminazione radioattiva, che non conosce confini e che coinvolge tutti, è stato l’impulso delle prime forme di contestazione del movimento ambientalista. La culla del moderno ecologismo è negli Usa. L’opinione pubblica americana, già presa dalla contestazione alla guerra del Vietnam, dalle battaglie per i diritti civili, per i diritti dei neri era pronta a recepire anche altre istanze di protesta.


Un “documento storico” dell’ambientalismo mondiale è rappresentato dal libro “Primavera silenziosa”, edito nel 1962 dalla biologa americana Rachel Carson, che previde con forte anticipo sui tempi gli effetti delle tecniche impiegate in agricoltura, dell'uso degli insetticidi chimici, e di sostanze velenose, inquinanti, cancerogene o letali, sull'uomo e sulla natura. Dopo la pubblicazione dell'opera, il Ddt è stato vietato e si sono presi una serie di provvedimenti legislativi in materia di tutela ambientale. L'appassionato impegno, per evitare che la primavera scompaia dalla faccia della Terra, lo scrupoloso rispetto della verità e il coraggio personale della sua autrice sono serviti da modello nella lotta per la difesa dell'ambiente in tutto il mondo, e la Carson può essere considerata la madre del movimento ambientalista.
In tutte le società, le donne hanno dimostrato la loro sensibilità sulle grandi minacce alle risorse naturali e spesso sono state tra le prime a far sentire la loro voce.


Nel corso degli anni, i gruppi femminili\femministi hanno continuato a richiedere l'adozione di politiche e pratiche che non mettessero a rischio la salute ed il benessere delle generazioni future. L'ecofemminismo compare negli anni '60 negli Stati Uniti come elaborazione culturale degli obiettivi di due movimenti: quello di liberazione della donna e quello ecologista. Il suo scopo è quello di proporre una connessione tra l'oppressione delle donne e quella della natura nella società occidentale basata sulla logica del dominio e dello sfruttamento. Il modello ecologico e l'etica ad esso associata permettono un'interpretazione critica dell'avvento della scienza moderna che ha trasformato la terra da organismo a meccanismo.


L'ecofemminismo trae spunto da una corrente ideologica molto forte soprattutto negli Stati Uniti: la Deep Ecology (ecologia profonda). L'Ecofemminismo, almeno in alcune autrici, assorbe dalla Deep Ecology proprio il senso di comunione con la terra e la componente mistico-retorica. "La spiritualità femminista si fonda sulla consapevolezza dell'unità di tutte le forme viventi e l'immagine di una divinità femminile sembra incarnare tale concezione meglio di un dio maschile...": una sorta di mistica della femminilità che lungi dall'assumere un valore liberante tende a trasformarsi in una trappola ideologica: donna/natura/madre. Oltreoceano si è costituita la “Matriarchy research and reclaim”, un’associazione di donne di cultura, postfemministe, per lo più filosofe e docenti universitarie, che si pongono problemi teorici, per gettare le basi di una “teAlogia”, versione femminile della teologia, rivendicando la specularità tra Natura e Donna, per cui chi violenta e offende l’una, danneggia anche l’altra.


L'ecofemminismo costruisce i capi d'accusa rivolti alla cultura dominante: l'essere androcentrica, basata cioè su esperienze maschili e su metafore tradizionalmente ad esse associate; l'essere dualista, prevalentemente nella separazione fra esseri detentori di diritti ed esseri privi di diritti.
Una felice sintesi di questa differente posizione è l’asserzione di Simone de Beauvoir: “Anche la rappresentazione del mondo, come il mondo stesso, è opera degli uomini, i quali lo descrivono dal proprio punto di vista, confondendolo con la verità”. Dall'inizio degli anni '80, grazie alle esperienze storico-sociali, l'Ecofemminismo, evolve da posizioni fortemente contestatrici a posizioni propositive. In particolare, le grandi crisi ecologiche del nostro tempo (come l'esplosione di Three Miles Island nel '79 o Chernobyl nel '86) mobilitano le donne attorno ad alcuni concetti che fanno perno su specificità femminili e permettono la formulazione di un visione ambientale articolata e autonoma.
Il movimento Chipko contro il disboscamento dei tratti montani dell’lndia settentrionale è nato a metà degli anni’70 per prevenire la distruzione delle foreste, da parte dei fornitori di legname. E si è trattato prevalentemente di un movimento femminile - le donne si sono arrampicate sugli alberi per impedire che fossero abbattuti. Ce l’hanno fatta. Forma di protesta ripresa poi, in modo straordinariamente eroico, nel 1997 da Julia Butterfly Hill, che per oltre due anni è vissuta arrampicata su una sequoia, per evitare l’abbattimento di una foresta millenaria nel nord della California. Il diario della sua vittoriosa solitudine e del suo coraggio è raccontato in “La ragazza sull’albero”, Corbaccio edizioni.


Le donne sono sempre state attente e preoccupate per le sorti della Natura. Il Green Belt Movement in Kenya si occupa di problemi interdipendenti quali la povertà e il degrado ambientale. Grazie a questo movimento, che coinvolge 50.000 donne, in Kenya sono stati piantati milioni di alberi. Occupandosi anche dei problemi delle fasce di popolazione economicamente più deboli, soprattutto le donne, il movimento ha creato dei centri di formazione, per fornire opportunità di formazione e impiego in agricoltura. Wangari Maathai, la tenace attivista che alla fine degli anni ‘70 ha dato vita a questo straordinario movimento, ha ottenuto nel 2004 il Nobel per la Pace. In molti paesi, la tradizionale assenza delle donne dalla scena pubblica ha consentito loro di essere attive in movimenti pacifisti in tempi - ad esempio durante le dittature militari dell’America latina negli anni ’70 - in cui esporsi era estremamente pericoloso. Le radici dell’attuale movimento delle donne cilene risalgono alla difesa dei diritti umani e della pace da parte delle donne alla fine degli anni ’70. In Argentina è fortissimo il ruolo delle “Madri coraggio”, che continuano a denunciare la scomparsa dei propri figli e la vigliacca violazione di ogni diritto umano da parte del governo dei generali.


In Europa, la maggioranza dei partecipanti alle marce e manifestazioni di pace degli anni ’70 e’80 era costituita da donne. Il movimento antinucleare ha trasmesso loro l’obiettivo non solo di battersi, per una tutela più ampia del bene ecologico, ma anche contro le armi di distruzione di massa e per la pace. Molti gruppi femminili in Europa e altrove hanno fatto opera di sensibilizzazione relativamente al concetto stesso di pace: la pace non significa soltanto assenza della guerra, ma progresso e creatività. Nel Sudafrica del febbraio 1994, la Women’s National Coalition (una larga coalizione delle diverse organizzazioni femminili) ha redatto una Carta delle donne per l’uguaglianza effettiva. E grazie a loro, alle donne è stato garantito il 30% delle candidature parlamentari dell’African National Congress. Anche le donne palestinesi hanno compilato una carta dei diritti per la difesa dei diritti delle donne. Dopo la III Conferenza internazionale delle donne a Nairobi, le organizzazioni femminili occupano uno spazio di rilievo. La crescente richiesta di organismi nazionali e intergovernativi per il miglioramento delle condizioni delle donne ha permesso la creazione di ministeri e commissioni che si occupano specificamente della questione femminile in numerosi paesi - mentre a livello internazionale le Nazioni Unite hanno dato vita all’UNIFEM (Uniled Nations Development Fund for Women) e all’INSTRAW (International Research and Training Institute for the Advancement of Women).
I coordinamenti femminili delle ONG promossi dall’Organizzazione femminile per lo sviluppo e l’ambiente si sono rivelati molto attenti ed efficaci per i provvedimenti a sostegno di un più equilibrato rapporto Nord-Sud. La tutela ambientale, la difesa di una libera maternità e dei diritti umani, la lotta alla mercificazione e al traffico delle donne sono solo alcune delle cause alle quali le organizzazioni di donne si sono dedicate in tanti paesi, prospettando un nuovo modo di operare per il bene comune.

"La civiltà industriale occidentale, edificata in opposizione alla Natura, è in legame dialettico con l’oppressione delle donne e la rinforza perché in questa cultura anti-natura si ritiene che le donne siano più prossime alla natura."

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