16 luglio 2009

Ambientalisti, i no che bisogna continuare a dire

Anche nelle recenti elezioni europee il partito italiano dei Verdi non ha conseguito un risultato positivo e si è avviato ad avere rappresentanza ormai solo a livello amministrativo locale. Perché la rappresentanza ambientalista complessiva al parlamento europeo supera i 50 seggi, ma dall’Italia il contributo è zero ? E come mai in una città come Stoccarda gli ecologisti sono il primo partito, mentre da noi il contributo “verde” è irrilevante? Dipenderà dagli ambientalisti italiani o dall’opinione pubblica del nostro Paese che mal digerisce le tematiche ambientaliste?

Che gli italiani non siano buoni ambientalisti è noto: i dati ci dicono che si descrivono migliori di come sono, altrimenti come faremo ad avere percentuali risibili di raccolta differenziata, buchi enormi nell’adduzione delle acque potabili e un’energia che si fa ancora con gas, carbone e petrolio? Per non parlare dei 36 milioni di autoveicoli che abbiamo in giro per le nostre strade (molto di più di tutti gli altri paesi europei e perfino degli Stati Uniti, in proporzione). Per non citare un fenomeno come l’abusivismo edilizio, che non esiste in nessun altra nazione sviluppata.

Ma questo non basta. Molti dicono che la disaffezione per l’ecologia politica dipenda dai no che gli ambientalisti italiani hanno più volte detto a tutto: dagli inceneritori all’energia nucleare, dal ponte sullo stretto di Messina agli ogm. Ma quelle sono oggettivamente domande irricevibili, a cui bisogna rispondere “no” e, anzi, forse di no non ne sono stati detti abbastanza, altrimenti non assisteremmo, per esempio, a un consumo di territorio che non ha paragoni in nessun altra parte del mondo, con 250.000 ettari mangiati ogni anno da asfalto e cemento. Forse bisogna tornare alla nostra opinione pubblica, che è complessivamente poco informata, priva di basi scientifiche e, in definitiva, poco attenta alle esigenze dell’ambiente, quando non in malafede o protagonista essa stessa di speculazioni.

I Verdi italiani non si sono estinti per via dei troppi no che hanno formulato, anzi, i no di altri ambientalisti europei, a guardar bene, sono ancora più duri (basti considerare i tedeschi). In realtà non hanno più rappresentanza perché erano troppo scomodi e mettevano un’opinione pubblica tendenzialmente attratta solo dai problemi del lavoro di fronte alle proprie responsabilità, oltre che a quelle della classe dirigente che si era scelta. E a un paese bigotto e poco informato, privo dell’etica protestante, questo non piace. Prova ne sia che mentre i consumatori canadesi hanno boicottato i legni delle foreste tagliate a raso fino a farle proteggere, da noi si continuano a comperare materiali di provenienza incerta e a non scegliere l’ecosostenibilità in nessun campo della vita quotidiana. Infine, che non ci siano personalità di rilievo nel mondo ambientalista e che molti uomini politici verdi abbiano un calibro effettivamente scarso? Ma davvero?

di Mario Tozzi primo ricercatore Cnr – Igag e conduttore televisivo (su Consumatori, mensile soci COOP)

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