Dopo gli attacchi alle prigioni il governo haitiano ha dichiarato lo stato d’emergenza e un coprifuoco per permettere alle forze di sicurezza, già decimate, di riprendere il controllo della situazione e arginare la violenza delle bande criminali. Da tempo ad Haiti la polizia non è in grado di garantire l’ordine: si stima che ci siano solo diecimila agenti in servizio quando secondo le Nazioni Unite ne servirebbero almeno 26mila. Sempre secondo le Nazioni Unite nel 2023 le bande criminali sono state responsabili dell’uccisione di quattromila persone e del rapimento di altre tremila. Sono numeri altissimi per un paese di undici milioni di abitanti. Sono aumentate anche le violenze sessuali, metà degli haitiani non ha da mangiare a sufficienza e ci sono circa 200mila sfollati interni. L’elettricità, l’acqua potabile e le raccolta dei rifiuti funzionano poco e male, con conseguenze sanitarie molto gravi. La popolazione vive nel terrore, spesso è costretta a barricarsi in casa. L’economia informale, che è fondamentale per il paese, è completamente paralizzata, le scuole hanno chiuso e gli ospedali sono difficili da raggiungere. Mentre la violenza delle bande si intensificava, il primo ministro Ariel Henry (che avrebbe dovuto dimettersi all’inizio di febbraio) si trovava a Nairobi, in Kenya, per discutere con il presidente William Ruto un accordo per inviare una forza di sicurezza multinazionale ad Haiti. Anche se non ha il divieto di rientrare nel paese, scrive il quotidiano Le Nouvelliste, di ritorno dalla visita ufficiale in Kenya il 5 marzo Henry è stato costretto ad atterrare a Puerto Rico dopo aver cercato inutilmente di fermarsi nella Repubblica Dominicana. Il governo di Santo Domingo ha infatti imposto il divieto di volo tra i due paesi, che condividono l’isola di Hispaniola. Lo stesso giorno il leader criminale Jimmy Chérizier, soprannominato Barbecue, ha detto in un’intervista alla stampa che se “il primo ministro non si dimetterà e se la comunità internazionale continuerà a sostenerlo, andremo dritti verso una guerra civile e un genocidio”. Il 6 marzo il quotidiano statunitense Miami Herald ha rivelato che mentre era in volo Henry avrebbe ricevuto un messaggio dal dipartimento di stato di Washington che lo invitava a dimettersi e ad accettare un governo di transizione che porti il paese verso nuove elezioni. Ad Haiti non ci sono elezioni dal 2016 e da quasi un anno non c’è più nessun rappresentante eletto. Secondo il giornale, “si tratta di una svolta che in pochi si aspettavano, visto che la Casa Bianca finora aveva sempre respinto le dimissioni di Henry”. Della situazione di Haiti abbiamo parlato anche in questa puntata del podcast il Mondo. Nella foto: Port-au-Prince, 29 febbraio 2024. (Odelyn Joseph, Ap/LaPresse) Da Sudamericana -newsletter sull’America Latina a cura di Camilla Desideri su internazionale.it - 8 marzo 2024
|
|
Nessun commento:
Posta un commento