di Massimo Marino
- La Conference of
parties di fatto non c’è più. Con la COP28 si chiude un epoca, iniziata a
Rio 30 anni fa. Petrolieri e loro compagni di avventura negli Stati e negli
Enti energetici e dell’ Automotive hanno invaso già dall’anno scorso a Sharm le
Conferenze annuali sul clima e ne hanno svuotato definitivamente il ruolo (a
Dubai 2600 presenti espressione delle lobby, il gruppo più numeroso, su 70mila
partecipanti ai 14 giorni di incontri). Assenti Biden e Xi Jinping. Assente
Greta Thunberg e le altre principali leader giovanili che dal 2018 hanno
promosso le mobilitazioni del venerdì con l’obiettivo di convincere i
principali governi del Pianeta ad abbandonare rapidamente l’uso dei fossili,
smettere di impegnarvi risorse pubbliche a sostegno ( si indicano 7000 miliardi
all’anno, circa 30 volte le risorse
investite verso le Rinnovabili). Infine assente anche il Papa per malattia, una
presenza che avrebbe almeno gettato un po’ di scompiglio in un dibattito dove
le parole sono ormai separate dai fatti che risultano ormai evidenti: nella
crisi ambientale e climatica degli ultimi anni non è cambiata la direzione
suicida nella quale stiamo spingendo il
Pianeta.
Le emissioni totali
annuali del Pianeta non scendono affatto alla velocità prevista nel 2015. Si
cerca di attribuirne la responsabilità a Cina e India, le cui emissioni
totali risultano consistenti solo perché la popolazione di riferimento (1,4 mld
per ognuna) è di gran lunga maggiore di quella dei Paesi occidentali. In realtà
prendendo come confronto i 340 milioni di
abitanti degli USA le loro emissioni pro-capite sono almeno 4 volte quelle di
un cinese, 6 volte quelle di un indiano e almeno 2 volte quelle di un europeo.
Di conseguenza la
concentrazione di CO2 in atmosfera continua a salire ( vicino ai 420
ppm rispetto ai 300 dell’era preindustriale. Era ancora 350 ppm all’epoca di
Rio nel 1992).
Le emissioni totali di
CO2
nel mondo sono arrivate a circa 41
miliardi di tonn. (GtCO2) all’anno, con un aumento negli ultimi anni di 0,5-1%
annuo mentre da almeno 10 anni sarebbero dovute scendere. Per arrivare all’obiettivo
di zero nuove emissioni di CO2 entro il 2050, sarebbe necessaria una
diminuzione progressiva tutti gli anni di circa 1,5 GtCO2, paragonabile
alla riduzione delle emissioni nel 2020 dovuta al COVID.
La produzione di petrolio
totale nel mondo invece di scendere dal
2016 al 2022 è passata da 80,6 a 99,7 milioni di barili/anno e la stima
per il 2023 è di almeno 102. I 5 primi produttori sono: 1) USA, saliti
nel periodo dal 2016 al 2022 da 15 a 17,7 mil. di barili al giorno 2) Russia
pressoché costante a 11,2 mil b/g 3) Arabia Saudita da 10,4 a 12,1 4) Iraq
da 4,4 a 4,5 5) Canada passato da 2,5 a 5,6 mil/b/g e Iran sceso da
3,99 a 2,55. Per dare l’idea della produzione rispetto agli abitanti dei paesi
più grandi (in barili al giorno/milione di abitanti 1) la Cina produce 2,8 barili al
giorno/mil di abitanti 2) l’India 0,6
3) gli USA 35,9 4) la Russia 73,2.
La produzione di gas
naturale, anche questa in costante aumento è data da USA per 766
mld di mc/anno seguita da Russia per 635 mld di
mc/anno). Altri 150 mld totali provengono da 5 paesi (Iran,
Qatar, Canada, Cina e l’intera UE). Nell’ultimo decennio nulla nei dati
reali indica un vero cambiamento di tendenza: il modello energetico resta
quello dei fossili e il boicottaggio delle fonti rinnovabili sembra aumentato
ora che queste sono economicamente del tutto convenienti rispetto alle fonti
fossili.
L’obiettivo di
limitare a +1,5° l’aumento di temperatura entro fine secolo sembra ormai
irraggiungibile.
In molte aree metropolitane le isole di calore nei centri urbani sono già al di
sopra delle medie previste fra 10 anni. Nessuno è davvero in grado di prevedere
di quanto, forse già alla fine dei prossimi anni ’30, avremo superato
l’obiettivo di Parigi 2015 e con quali reali conseguenze sulla vita in molte
località del Pianeta. Nei documenti finali di Dubai si trova di tutto. Per
primo l’impegno allo Stocktake, cioè la verifica quinquennale
dell’andamento degli impegni presi nel 2015. ( In molti non li rispettano non
essendoci comunque alcuna sanzione). Poi dichiarazioni d’intenti a triplicare
la produzione di rinnovabili entro il 2030. Poi il finanziamento ( da molti
paesi eluso) di un Fondo per i danni delle Comunità colpite dalla crisi (si
discute di milioni quando tutti sanno che si tratterà in pochi anni di
miliardi). La transizione dai fossili per la prima volta dichiarata “ necessaria”
non è poi seguita da alcun impegno quantitativo stabilito di decarbonizzazione
e, singolarmente, è di fatto circoscritta ai “sistemi energetici”
trascurando i consumi in agricoltura,
trasporti, plastica. Ad esempio non è argomento di vera discussione della COP
il numero, il tipo, le emissioni dei veicoli a motore endotermico nel mondo né
il confronto fra le diverse forme di mobilità collettiva (auto, mezzi pubblici
tradizionali, metropolitane). In particolare non è considerata la possibilità
che reti di metropolitane nelle grandi e medie città sostituiscano milioni di
auto dove è possibile, con tutti gli enormi vantaggi ambientali, di costi,
tempo, emissioni.
In breve l’auto non si
tocca.
Si stima ce ne siano 1,2 mld circolanti nel mondo che potrebbero diventare 2
mld nel 2035. A quella data solo l’Unione Europea sostiene di voler fermare la
produzione ( non la circolazione ) delle auto a motore termico e le auto
elettriche, che in gran parte non andranno con rinnovabili ma con gas, gasolio,
carbone alla fonte, stanno prendendo una fettina di mercato a condizione di
impegnare consistenti bonus pubblici per l’acquisto. In Italia in particolare
si erge un muro di boicottaggio e di silenzio che impedisce l’impegno di
risorse significative per la costruzione di reti di metropolitane dove siamo
praticamente gli ultimi.
Si discute quindi di impegni generici e circoscritti, già
riconosciuti come inadeguati. Si accetta di fatto che prima della fine del
secolo si arriverà ad un aumento delle temperature medie vicino ai 3°C. Il
prossimo anno la COP29 si dovrebbe svolgere a Baku in Azerbaigian (scelta molto
contestata). E’ un altro paese petrolifero, autoritario, in costante ostilità con
la vicina Armenia. Nel 2030 l’incontro sarà a Belém in Brasile. Nella COP 28 la
voce degli ambientalisti è stata messa ai margini con restrizioni che di fatto
ne hanno impedito una presenza significativa. Per qualche mese si era ventilata l’ipotesi di una Conferenza
alternativa (in Pakistan ?) poi decaduta. Invece l’impegno per una pre-conferenza annuale alternativa mi
sembra assolutamente da perseguire. Il momento adatto è la fine di ottobre del
2024 in qualche paese dell’occidente dove ci sono gli interlocutori principali
da coinvolgere. Mi sembra evidente che
sia necessario rivedere l’insieme degli obiettivi, dei comportamenti,
soprattutto dei contenuti stessi di un
ipotesi di Conversione ecologica, di Giustizia Sociale e di Alternativa
politica ( le tre basi per la battaglia sul clima), che oggi gli attuali e
incerti protagonisti non sembrano più in
grado di portare avanti. La fase della protesta è finita. Le azioni di disturbo
alla “Ultima Generazione” sono irrilevanti e in molti casi restringono invece
di allargare il consenso. Perché la crisi climatica è già sotto gli occhi di
tutti da anni. Serve proporre concrete alternative ( sulle quali in realtà le
proposte ancora scarseggiano) che la maggioranza della società possa capire,
condividere e sostenere.
- Si può ancora
scegliere il destino delle generazioni che vivranno questo 21° secolo.
Alcuni scienziati,
studiosi di varie materie, sostengono che la grande maggioranza dei bambini che
oggi hanno 5 anni vivranno almeno 100 anni. Ovviamente è una affermazione un pò
azzardata e forse insensata. Dipende in quale parte del pianeta nascono, in
quale tipo di famiglia e ceto sociale, con quale educazione morale, sociale,
religiosa. Dipende da quali sistemi
sociali prevarranno, quali sistemi elettorali, governi e leader, quali metodi
prevarranno per risolvere le contese internazionali. Dipende da quanto sarà
forte la resistenza al cambiamento dei vecchi padroni del pianeta e la volontà
di alternativa delle nuove generazioni. Certo è possibile che sviluppo
scientifico e tecnologia possano allungare la vita e può essere una buona idea cercare
di vivere il più a lungo possibile, ma nelle condizioni migliori… e aggiungerei
per il massimo possibile di persone. Le due guerre mondiali dello scorso secolo
e quelle diffuse oggi qua e là nel mondo ci dicono però che scienza e
tecnologia si possono utilizzare in tante direzioni diverse.
Penso alle condizioni ambientali,
economiche, politiche, sociali, religiose, culturali di una quindicina dei più
importanti paesi del Pianeta e ai loro mediocri leader (USA, Russia, Arabia
Saudita, Iran, India, Messico, Egitto, Turchia, Congo, Somalia, Birmania, Francia,
Gran Bretagna, Corea del Nord, Filippine .. ).
Penso all’andamento
delle condizioni sociali e ambientali nell’intero pianeta cambiate in pochi
decenni ( temperature ed emissioni in aumento, siccità e desertificazione crescente,
squilibri evidenti nell’aumento demografico, migrazioni incontrollabili e non
gestite.. ). E’ evidente che il futuro dipende da noi e dalle scelte e
l’impegno che ci metteremo nel tutelare la sopravvivenza e il pianeta.
Mi permetto di
dubitare che scienza e tecnologia comunque ci salveranno. Esclusa l’ipotesi di fregarsene e comprare azioni
della Shell come hanno fatto in molti quando il suo CEO ha dichiarato che non
importa la crisi climatica, escluso tantomeno di crogiolarmi nel pessimismo di
cui mi si potrebbe accusare facilmente, mi sembra più che legittimo che ci si ponga una domanda
su tutte. Come si costruisce una alternativa in particolare per rendere
vivibile il futuro di questa che io chiamo da anni “ la generazione 100”, che
in tutto il pianeta, a tutte le latitudini ha un destino incerto in questo
secolo che avanza ?
Nell’ anno 2024 più di
3,5 miliardi di persone rinnoveranno i propri governanti in quasi settanta
Paesi, dagli Usa alla Russia dal Bangladesh all’India, Indonesia, Bielorussia,
Taiwan, Messico e molti altri. Comprese le elezioni del Parlamento Europeo. E’ plausibile che molti elettori abbiano
diversi tipi di difficoltà, di dubbi, di libertà, di consapevolezza. E’
abbastanza certo che forse la metà non sceglieranno nulla e nessuno perché non ne hanno la possibilità, non
saprebbero chi e cosa scegliere, non si fidano più di nessuno di quelli che
sono in gioco. Ma prima di tutto perché hanno regole e sistemi elettorali che
fanno schifo e sono incomprensibili. Percepiscono che sono truffaldini e
incomprensibilmente non lineari. I vincitori in molti casi rappresentano
abilmente piccole minoranze. Non si
preoccupano di tenere insieme nel modo
migliore le sorti di tutti quelli che dovrebbero governare, ma solo il loro
ristretto gruppo di adepti. Facciamo, pur con grande sintesi e semplificazione,
qualche esempio.
Negli Stati Uniti
da 200 anni circa gli americani possono scegliere solo fra due partiti, quello
Democratico e quello Repubblicano (poi identificati con l’Asinello e
l’Elefantino). E’ pressoché impossibile, anche per un miliardario, presentare
nell’intero paese un terzo candidato e un partito che abbiano qualche reale
possibilità di prevalere. In quel paese la paranoia del sistema maggioritario e
bipolare, poi dilagata negli ultimi decenni nel mondo in decine di versioni,
considera ognuno dei 50 Stati un collegio uninominale (seppure indiretto). Di
fatto in ogni Stato chi raggiunge un voto in più degli altri, ricevuto fra
quelli che hanno chiesto l’iscrizione alle liste elettorali e poi hanno
effettivamente votato, ottiene un “delegato”, tutti gli altri nessuno. Ad
esempio se in California votassero tutti i 40 milioni di abitanti e un partito
prendesse solo un voto in più dell’altro il voto di 20 milioni di elettori
sarebbe nullo e regalato all’altro. Sembra incredibile ma la realtà è molto
vicina all’esempio indicato. E’ consuetudine che le lobby potenti che hanno in
mano il paese sostengano la costosa campagna elettorale di un manipolo di
candidati di entrambi i partiti per difendere meglio i loro interessi. Inutile
dire che, dato l’assenteismo strutturale conseguente, difficilmente il
Presidente degli Stati Uniti e ancor meno il Congresso sono scelti da più di un
quarto dei potenziali elettori maggiorenni. Cioè almeno tre americani su quattro non li votano. In Francia il
semi-Presidente Macron (noto anche come l’uomo politico più odiato di Francia) con
il 20% degli elettori aventi diritto è andato al ballottaggio con la Le Pen per pochi voti sul terzo (
Melenchon) ed al ballottaggio non ha comunque superato il 44% dei votanti totali,
dei quali la metà non sapevano che altro fare se non mettersi le mani fra i
capelli, turarsi il naso e votare Macron per fermare Le Pen. Stessa musica in Gran
Bretagna dove la Camera dei Comuni è composta da 650 eletti in seggi
uninominali. Chi prende un voto in più è eletto, gli altri voti contano zero,
in pratica sono travasati al vincitore. Ovvio che in genere ai Comuni
prevalgono due soli partiti: Laburisti e Conservatori. I verdi qualche volta ottengono
un eletto se in un particolare collegio di Londra riescono ad avvicinarsi al
30%. In alcuni dei 15 paesi citati all’inizio il sistema è più sbrigativo:
prevale il presidenzialismo di fatto. Con gli anni il numero di mandati
presidenziali si allunga ( in pratica se non muore o non è abbattuto da un
golpe il leader dura per decenni, i concorrenti scomodi vengono eliminati,
arrestati o reclusi per frode fiscale, pedofilia, tradimento della moglie, sostegno
ai terroristi o spionaggio verso qualche supposto paese nemico. In Turchia,
paese membro della Nato, il presidente considera tutti i Curdi terroristi, di
fatto considera Hamas come liberatori e con l’avvicinarsi delle elezioni
numerosi intellettuali, giornalisti, esponenti dell’opposizione esercitano la
loro libertà di parola e di movimento in qualche galera. In altri paesi vengono
fatti a pezzi e riportati in patria in
una valigia diplomatica. Negli ultimi 10 anni più di 1700 attivisti ambientalisti
sono stati uccisi nel mondo, in particolare in America Latina e Asia.
In Italia dalla
metà degli anni ’90, con un particolare contributo nefasto di Pannella e Segni
ed il consenso decisivo della sinistra post comunista e l’entusiasmo della
destra, invece di correggere alcuni aspetti del sistema proporzionale in uso
dal dopoguerra si sono inventati molteplici e fantasiosi meccanismi per rendere
i sistemi di tipo maggioritario, sollecitare un forzato bipolarismo, inventare
le coalizioni pre-voto e i premi di maggioranza, facilitare la continua
migrazione da un partito all’altro, tutelare di fatto partitini vassalli o inventati, garantire
indennità agli eletti che non hanno paragoni nel mondo. Siamo veri artisti: abbiamo
anche inventato la possibilità di votare il capo di una coalizione e uno dei
partiti di un'altra. Tutto in nome della stabilità ( una clamorosa bugia) che i
sistemi di rappresentanza proporzionale turberebbero. E così invece siamo il
paese delle crisi permanenti, dei cambi di governo continui, dell’astensionismo
crescente. La Germania ed alcuni altri paesi che hanno regole elettorali
praticamente opposte alle nostre, sono perfettamente stabili e dopo il voto in
base alle scelte degli elettori si definiscono le possibili maggioranze, il
programma circostanziato di coalizione della legislatura, il nome del
Cancelliere leader del governo. Incredibilmente l’unico sistema elettorale
decente che abbiamo è quello delle imminenti elezioni europee. Ottimo sistema
che con pochissimi aggiustamenti dovremmo usare per le elezioni politiche,
regionali, provinciali, comunali e di
quartiere.
In Italia l’attuale
governo di cdx grazie al Rosatellum piddino ed ai collegi uninominali governa
con un ampio numero di seggi ( 228 su 400 alla Camera ) pur avendo una bassa
minoranza di sostenitori ( 12,9 mil di voti su 50,9 aventi diritto), molto meno
dei 17 milioni ottenuti nel 2008 ed anche mezzo milione in meno dei loro voti ottenuti
alle poco frequentate elezioni europee del 2019. Cioè il cdx è una
alleanza del tutto minoritaria che non ha avuto il voto di 75 elettori su 100.
Il sindaco di Torino (csx) nel 2021 (doppio turno) ha ricevuto il voto di 20
elettori su 100 al primo turno e di 24 su 100 al ballottaggio. Il Presidente di cdx della Regione
Friuli VG (turno unico) è stato eletto con il voto di circa 28 elettori su 100.
Con il gioco così truccato il vincitore del momento ottiene il 55 o 60 % dei
seggi. Gli altri sono costretti al ruolo gregario o sparire a prescindere dai
risultati ottenuti. Milioni di voti non portano così a nessuna rappresentanza e
vengono girati agli avversari. Nelle politiche del settembre 2022 circa 22 mil.
di elettori su 50,9 non hanno votato nessuno e più di 2 milioni di “voti a
perdere” si sono diretti verso liste che notoriamente non avevano alcuna chance
di ottenere dei seggi. Ho già sostenuto più volte che non c’è nessuna
onda nera nel nostro paese. C’è invece una crescente onda di ostilità e di
sfiducia, che non porta da nessuna parte, verso quelli che non
mantengono i loro impegni. Altro che italiani “sonnambuli e addormentati”.
- L’ alternativa richiede
un riformismo radicale fuori dal bipolarismo fittizio del sistema politico
Con questo scenario
truccato i movimenti politici che pur inadeguati almeno negli intenti
dichiarati suggeriscono una alternativa (in genere di sinistra non moderata o
di dichiarata connotazione ambientalista) sembrano avere un destino
predeterminato. Quello di essere cancellati dalla scena politica. Facciamo qualche esempio di rilievo.
In Francia nel
2009 i verdi ( insolitamente aggregati in modo ampio) con la nuova
denominazione di Europe Ecologie ebbero un significativo risultato alle europee
( circa il 16%). Gli stessi voti dei socialisti di Hollande con i quali poi
fecero un governo di compromesso (ingestibile) con esiti disastrosi. I
socialisti sparirono e nacque Macron, ma i verdi dimezzarono rapidamente i loro
tanti elettori delusi.
In Spagna nel
2015 la crisi di Popolari e Socialisti (travolti entrambi da scandali di
diverso tipo) portò al grande successo del movimento di Podemos ( inizialmente distinto
dai tradizionali schieramenti della destra, della sinistra e degli autonomisti).
Nelle elezioni del 2016, con l’obiettivo di diventare il primo partito del
paese e poter governare, Podemos con il
giovane Iglesias si coalizzò con il piccolo gruppo della sinistra comunista (serviva
almeno un milione di voti in più). L’alleanza portò invece ad un milione di
voti in meno e iniziò la china rovinosa di Podemos (scissioni, difficoltà di leadership, perdita
di identità..) che oggi pur al governo a lato dei Socialisti nel raggruppamento
multiforme Sumar (20 sigle e siglette diverse)
ha più che dimezzato in pochi anni i propri sostenitori. Oggi il nuovo
governo di Sanchez sopravvive con difficoltà solo grazie ai voti degli
autonomisti ( che perlopiù non sono di sinistra) e la perdita di ruolo di
Podemos e dei suoi obiettivi è evidente.
In Italia il
clamoroso successo del Movimento5Stelle, rigidamente estraneo agli schieramenti
tradizionali di cdx e csx, è durato meno di cinque anni, fra il 2013 e il 2018.
Quando nacque il primo governo Conte nel giugno 2018, all’inizio con una buona
egemonia grillina, ottenne risultati di rilievo solo nel primo anno, mettendo
in evidenza, per quanto possibile, alcuni dei suoi principali obiettivi ( RDC, Bonus edilizio del
110%, Riduzione costi della casta politica, Giustizia… ). Poi l’aggressione
degli avversari ( di destra e di sinistra uniti), le difficoltà interne e il
trasformismo di parte degli eletti e soprattutto i compromessi eccessivi, hanno
disgregato il Movimento già in difficoltà con le amministrazioni locali conquistate nel 2017
(Roma e Torino). Quando stravinse le politiche del 2018 stava già affondando da
più di un anno.
In Germania i
Verdi, che hanno ormai una storia lunga 40 anni e sono aiutati da un ottimo
sistema elettorale proporzionale corretto da un ragionevole quorum del 5%,
vivono una condizione difficile nel governo a tre con Socialdemocratici e
Liberali rischiando di deludere parte rilevante del proprio potenziale
elettorato che in vari momenti li aveva portati ad essere stimati nei
sondaggi come primo partito del paese. Gli unici a resistere per il momento
al successo della estrema destra di AFD ed alla ripresa dei Democristiani della
CDU dopo l’era Merkel. Crisi energetica, guerra in Ucraina e riarmo, vari conflitti sociali e ambientali
locali di rilievo, difficile gestione dei flussi migratori mettono in crisi
l’azione e soprattutto l’immagine tradizionale dei Grünen che sono stati fino a
oggi il principale riferimento politico per qualunque ipotesi e speranza di
alternativa a livello europeo.
Le quattro esperienze
citate, per quanto apparentemente diverse fra loro, segnalano che movimenti che
in qualche modo sembravano i più vicini ad ottenere cambiamenti radicali nel
campo della conversione ecologica e della giustizia sociale hanno avuto
significativi risultati solo fino a quando hanno accentuato la loro autonomia
politica, organizzativa, elettorale dai tradizionali partiti di qualunque
collocazione e soprattutto mettendo in primo piano una esplicita volontà di
riformismo radicale fuori da qualunque schieramento o coalizione tradizionale
predefinita ( la destra, la sinistra, il centrodestra o il centrosinistra,
l’estrema sinistra o un centro moderato ). Entrando in coalizioni di governo
con altri, sotto il fuoco di chi vuole impedire il cambiamento sembrerebbero
non reggere lo scontro e il percorso riformatore viene arrestato (pagando il
prezzo per il cambio di comportamento non per aver mantenuto i propri obiettivi
). A mio parere questo riformismo
radicale ha invece delle possibilità di prevalere, che vuol dire ottenere il
sostegno di una parte consistente e maggioritaria della società. E’ cosa
ben diversa dal fare gli interessi di questo o quel gruppo sociale, ricco o
povero, bianco o nero, cristiano o islamico, orientato ideologicamente secondo
i vecchi schieramenti del secolo scorso a destra o a sinistra. Il riformismo
radicale dell’alternativa non può essere confuso né con le labili iniziative di
estrema sinistra dove prevale la frammentazione, né con i partitini subalterni
al bipolarismo prodotti da sistemi elettorali maggioritari. Tantomeno ha a che
fare con il centrismo moderato ( oggi peraltro pressoché estinto e non solo in
Italia ) che a secondo delle convenienze oscilla in tutte le direzioni. Il
riformismo radicale al centro e fuori da schieramenti politici scontati deve elaborare punto per punto
una posizione indipendente ( che in certi casi
può apparire di sinistra estrema, in altri apparire conservatrice, a
volte apparire nazionalista e a volte del tutto liberista…. ) ma sempre
ricercando l’unità popolare nella società volta alla tutela delle nuove
generazioni, alla difesa dei più deboli, al rifiuto della corruzione, della
violenza e della guerra, alla tutela della solidarietà sociale ed alla
tolleranza e convivenza sociale.
Sull’immigrazione
siamo di fronte ai disastri che comporta la xenofobia presente a destra e l’inconsistenza di idee a sinistra che al
massimo lascia il campo alle ONG del mare a loro volta del tutto inadeguate a
suggerire i percorsi di integrazione e dare risposte ai problemi di sicurezza
che si presentano. Le ONG non muovono alcuna
proposta che porti ad una solida integrazione, che si opponga all’immigrazione
illegale, garantisca la sicurezza e dia un futuro dignitoso a decine di
migliaia di migranti. I corridoi umanitari direttamente gestiti da noi
lasciando disoccupati trafficanti, scafisti e caporali del lavoro nero o
illegale sono praticati, per quanto riescono,
solo da alcune associazioni cattoliche.
- Le Elezioni del
Parlamento europeo preannunciano il futuro dell’Occidente
Le elezioni europee di
giugno sono lo specchio migliore e più veritiero della realtà sociale dei 27
paesi membri. Non ci sono trucchi, trabocchetti, premi di maggioranza, doppi
turni, voti disgiunti. C’è un “proporzionale ma limitato da un quorum del 4%”. Io sono più favorevole al 5%
che favorisce meglio serietà e aggregazioni stabili, rende più improbabili le
finte liste e limita“ il voto a perdere” (di solito abbiamo 2-2,5 milioni di
voti dati a liste poco credibili che non
eleggono nessuno).
Non tutti hanno chiaro
che sistemi maggioritari vari ma anche il “proporzionale puro” senza una soglia
di rilievo, creano distorsioni non sempre percepite dagli elettori e
favoriscono frammentazioni a favore di un forzato bipolarismo in questa fase
storica del tutto a vantaggio delle destre. Il proporzionale con una
soglia decente, pur con gli stessi voti, avrebbe evitato l’attuale governo di
cdx. E potrebbe probabilmente evitare il prossimo, che al momento
temo sia scontato. Il proporzionale con la soglia è il garante della
espressione democratica vera della rappresentanza degli elettori in qualsiasi
livello di voto ( fino ai Comuni) e per
questo oggi ha un certo numero di nemici sparsi a destra, a sinistra e nei partitini a gestione famigliare. Ma
anche è malvisto dai gruppi mafiosi o clientelari che amano siglette, meglio
con preferenze, che permettono da decenni infiltrazioni. Dal 1991 ad oggi sono quasi 400 i Comuni sciolti per
infiltrazioni mafiose. Anche se io lascerei i primi due della lista indicati
dal partito, per gli amanti delle preferenze alle europee ci sono anche queste (con
la degenerazione di capilista da scegliere con un like, che il giorno dopo il
voto ci fanno sapere che a Bruxelles non sono interessati ad andare).
C’è un alta
probabilità che il nuovo parlamento Europeo abbia la stessa composizione di sette gruppi come
quello del 2019 e forse la stessa “ maggioranza Ursula” con l’alleanza tra Popolari
(PPE), Socialisti (S&D) e Liberali (RE) di Macron
e altri. Nel 2019 ottennero 444 seggi su 747 e nell’elezione
della Presidenza della Commissione europea elessero la tedesca
Ursula von der Leyen con 383 deputati a favore (compresi i 5stelle), 327
contro e 22 astenuti.
Mi sembra incerta la
futura collocazione dei Verdi (Greens), che hanno ormai perso lo storico
obiettivo di diventare la terza forza in Europa e probabilmente, soprattutto se
non confluirà nel gruppo europeo la componente dei 5Stelle, scenderanno dal quarto al quinto o
sesto posto su sette. Superati da
entrambi i due raggruppamenti di destra: ECR (Meloni, Vox e altri alleati europei) e ID (Salvini, Le Pen e altri
alleati europei). Insomma potrebbero diventare marginali.
Difficile, forse
tragica, la situazione della GUE cioè
la sinistra considerata più radicale. In Francia la variegata componente
aggregata da Melanchon ( Nupes) con socialisti e verdi sembra dissolta dopo i
fatti di Gaza. In Germania la Linke si è scissa e dissolta come gruppo il 6
dicembre in parlamento (Bundestag ) non
avendo più i seggi sufficienti con la nascita del nuovo gruppo di Sahra
Wagenknecht. Fra i motivi della scissione anche il caso della possibile
candidatura al PE di Carola Rackete della
ONG della nave Sea Watch, considerata da alcuni (me compreso) “ un
regalo alla destra di AFD”.
Una lettura falsata,
suggerita dal solito “bipolarismo” inventato vorrebbe indicare le elezioni
europee come un referendum pro o contro il prevalere dei diversi gruppi di
destra sovranisti, populisti,
nazionalisti (così come in Italia si inventa come determinante uno scontro
elettorale Meloni-Schlein che per fortuna non esiste). E’ praticamente
uguale a zero la probabilità che nel PE possa nascere una maggioranza fra il gruppo
dei popolari (PPE) e i due di destra
(ECR e ID), apparentemente qualcosa di vagamente simile all’alleanza che
governa l’Italia oggi. Non solo per
ragioni politiche ma prima per la mancanza di numeri poiché alle europee il sistema elettorale proporzionale non
regala seggi a nessuno e dà i risultati reali espressi dai votanti.
La vera incognita è il
livello che raggiungerà l’astensionismo. Di certo, a causa di questo, l’asse
dell’Europa si sposterà verso un maggiore moderatismo destrorso, dove élite
e lobby economiche e finanziarie aumenteranno la loro influenza, in particolare
nell’impedire una vera transizione ecologica, qualunque riequilibrio della
giustizia sociale, con il rafforzamento di un sempre più avventuroso
atlantismo. Insomma è la mancanza di una Alternativa credibile, (di cui “
l’astensionismo militante” e “ il voto a perdere” sono una conseguenza
rilevante), il tema che la realtà ci mette all’ordine del giorno di questa fase
storica.
di Massimo Marino
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- Bipolarismo,
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- Alternative senza
Alternativi ? - luglio 2023
Bibliografia:
- Gli eredi del
movimento ambientalista sono insoddisfatti - di Wolfgang Mulke ( www.goethe.de - febbraio 2021)
- Consumo di energia
primaria per fonte nell’Unione Europea e nel mondo (1965-2022) – ( www.grafici.altervista.org
- agosto 2023 )
- I movimenti
ecologisti nella congiuntura attuale - di Lorenzo Velotti ( www.gliasinirivista.org
- settembre 2023 )
- Politica UE. Legge sul ripristino della natura, accordo
finale tra Parlamento e Consiglio Ue ( www.it.euronews.com - novembre 2023 )
- 2024: l’anno
della democrazia - di Giulio Gambino
( www.tpi.it - dicembre 2023 )
-
Cop28: conclusioni e
considerazioni ( di Amnesty
International - dicembre 2023 )
- Gas: gli USA sono i
principali esportatori nel 2023 .. - di Giorgia Audiello ( www.lindipendente.online
- gennaio 2024)