15 dicembre 2013

Lo squilibrio delle pensioni italiane


L'ingiustizia delle pensioni in una tabella (e in una ricerca)

Che il sistema pensionistico italiano sia un coacervo di squilibri e ingiustizie è ormai un fatto noto. Ma una ricerca, ad opera di due economisti di Lavoce.info per conto dell’Università La Sapienza, ha chiarito, dati alla mano, quali sono le fasce di trattamento che prendono più di quanto abbiano dato. In sintesi, Fabrizio e Stefano Patriarca hanno quantificato come al 5% dei pensionati italiani vada più del 16% del totale di spesa in materia di pensioni. Si tratta di 800mila persone (su 16 milioni) che ricevono nei loro assegni ben 43 miliardi (su un totale di 270). Ma scendiamo più nel dettaglio: se prendiamo gli ultimi cinque anni, i nuovi pensionati sono stati 1 milione e 600mila. Su questi, in 717mila hanno assorbito l’80% della spesa (24 miliardi su 31), necessari a pagare trattamenti da 2600 euro al mese in su.

Un altro elemento di squilibro è quello che va tra le pensioni di anzianità (di chi ha avuto una carriera piena, e quindi può ritirarsi prima grazie ai contributi) e quelle di vecchiaia (di chi deve aspettare fino a 70 anni per maturare il diritto a smettere di lavorare). Nel modello elaborato dai due studiosi, si vede come, più l’assegno diventa grosso, più aumenta lo squilibrio tra contributi versati e trattamento ricevuto. Uno squilibrio ovviamente interamente a carico della collettività. L’analisi ha preso in considerazione circa 400mila lavoratori del settore privato, andati in pensione tra il 2008 e il 2012, in media a 58,5 anni, con una pensione in media di 2000 euro lordi. Questo insieme costa al sistema previdenziale 12 miliardi di euro.

Ma è guardando agli squilibri tra le varie fasce di pensione che scopriamo le ingiustizie di questo sistema. Nei calcoli di questa ricerca, più la pensione sale, più troviamo un eccesso rispetto ai contributi versati. E se per chi fino a 1000 euro, la parte eccedente è del 17,5%, già per chi è nella fascia tra 1750 e 1999 euro è del 27,2%. Salendo di importo, sale anche lo squilibrio. Le pensioni più alte, quelle superiori ai 3000 euro al mese, hanno un 34,1% di importo non giustificato dai contributi versati. Lo squilibrio poi si attenua arrivando agli assegni da 5000 euro al mese lordi, per effetto delle aliquote. In totale, il 37% dei trattamenti, quelli più alti (da 2000 euro in su), assorbono il 67% dello squilibrio complessivo. Si tratta di 3,5 miliardi di euro “non giustificati” dai contributi. Questa incidenza è paradossalmente più bassa per le pensioni di vecchiaia e si attesta intorno al 15%. Il motivo è che chi accede a questo tipo di trattamento è in media di cinque anni più anziano, ha un’aspettativa di vita più bassa e incide meno a lungo sul sistema.

In sintesi, la fallacia del sistema è usare risorse enormi per poter sostenere gli assegni di chi accede a trattamenti molto alti (superiori ai 2000 euro) in età relativamente giovane (meno di 60 anni). E non si tratta prevalentemente di lavoro operaio o logorante, perché questi profili, all’interno delle pensioni di anzianità, sono soltanto il 18% del totale. La ricetta per uscirne? Citando i due economisti, è “aggredire il nodo del sistema previdenziale, mettere in campo un’operazione di verità sulla pensioni che scopra i margini per un intervento redistributivo al suo interno, tutelare i più deboli, eliminare iniquità e privilegi”.

da  it.finance.yahoo.com  Speciale Inventa il tuo futuro - 8 dicembre 2013

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